Poesia come conferma di vita – in “Donne, politica e istituzioni: tra desiderio e certezza”

in: Donne, politica e istituzioni: tra desiderio e certezza

A cura di Marina Brollo e Silvana Serafin. Editrice Universitaria Udinese, Udine 2008, pp. 129.

Tu mattino

Sei tu che saluti i mattini
con occhi di sole
e doni sorrisi nel primo pane
le chiome disciolte ai riti del giorno
come autunno ai nostri colori?

E anche traversi la strada del mondo
con mani di luce
per rari intarsi fioriti d’amore
e cogli bacche di gloria
sgranate in paziente aspro rosario?

Sei tu, donna.

E dentro ti vesti di vita di gioia
al ritorno sereno – cielo di maggio
che invade la casa –
a ridare luce e tepore.

E ancora sei corda
tesa a note mute al pudore
flauto che modula l’armonia attesa.

E cingi la sera-magia d’affetti
in corolla scarlatta.

Creativamente

Cuce ricuce la Bice
scampoli di vita da anfratti segreti
rimossi al guizzo-moda dell’ora
e al suo ago-pensiero creativo
da antica seta reinventa veste frusciante.
Magia, il prima e il dopo s’inchinano
nella danza ritmata del filo.

Cuce e ricuce alla sferza dell’euro
griffes carpite a boutiques
per donna che solo così si rinnova
e in nuvole da sposa sprigiona
ancora sogni giovani e sua preghiera
che l’albale velo avvolga fedele la casa.
Con arte-fantasia così onora il tempo
che con lei procede su orme della storia.

E quando infila gugliate di note
e dalla stanza si libra in cieli di canto
si apre a mille altre voci nell’aria
sospese come vesperali rimandi,
nel sipario della sera raccolte
a coro più acuto più muto vibrante.
E arcani eventi d’Egitto su ali verdiane
sono lì presenza-palpito-eterno.

Solo un sogno

Mi giunse nel sogno
con sorrisi di petali
bagliori lacustri negli occhi,
parvenza lieve-folata di viole
già cullata in soave presagio.

Mi accese la notte d’un volo
lucore d’una fuga di note
effimera inafferrabile
a divenire presenza nel giorno
in un fabulare femminile
nella stanza spirituale.

Invano l’evocai da perle
di prima rugiada-iride
nel filato brillante del ragno
da liquidi riflessi
sull’ultima parete di sole
da forme altre leggere
miracolo d’acqua-luce
trasalimenti indicibili
unico viatico che anima.

Invano, fu solo un sogno
sbalzato da un’amigdala d’antico lago.

Ora se il sogno deluso svilisce
è da rigenerare il reale
in danze intorno al pozzo

e col ramaiuolo più cesellato
riportare su dal proprio profondo
l’acqua ardente del prima
per accensione di nuove parole

spargere nella sera innevata
briciole sul davanzale-speranza
per un mattino di alí

osare un percorso di fiori
fino all’anfora segreta dell’altro
spergervi dentro essenze
come richiamo al giardino di casa.

Non rapitemi i sogni

Quale sia il responso al vivere
tra pareti contratte di doveri
le mani piegate al sorriso
in gesti abituali
l’anima oscillante su un margine
sempre dettato di libertà
aquilone arreso a germogli di brezza
aliante virtuale
su un argine di fantasia,
non rapitemi l’orizzonte dei sogni
cintura splendente di gemme
che regge il fuoco del mondo
che ci trattiene sospesi
acrobati felici d’infinito
gli occhi bendati d’immortalità,
ché il tempo impietoso
avanza dilaga devasta
l’attesa di un valzer mai finito.