La mia storia

Guardando indietro rivedo il luogo in cui sono nata e cresciuta e dove, ignara, ho succhiato la sostanza tutta della mia poesia, l’amore per la casa, per l’amicizia, il senso dell’attesa, il valore della bellezza, della cultura, della conoscenza e dell’armonia: via Gabelli, nel centro storico di Padova, che nella mia vita rappresenta quel che fu, per Andrea Zanzotto, via Cal Santa a Pieve di Soligo. Erano gli ambienti di una Padova altra da me rievocata nel prosimetro La stanza alta dell’attesa tra mito e storia, dato alle stampe nel 2019: resoconto poetico e memoriale, questo libro, degli elementi fondativi di uno stile di vita appreso dall’esperienza di quei tempi e, nella mia età adulta, ritrovato e narrato (nel volume in prosa La grande storia in minute lettere, pubblicato nel 2018) ripercorrendo con Massimo, mio marito, il fitto carteggio epistolare tra mia madre e mio padre, durante il periodo bellico.

Lui, Gino, fu uno dei 650 mila Imi, Internati Militari Italiani, e l’attesa del suo ritorno è l’elemento chiave della mia infanzia vissuta accanto alla mamma Natalia, alla nonna Elvira e alla prozia Amelia: il luogo è appunto l’appartamento sui tetti, con la stanza alta e la terrazza dove ho iniziato a muovere i primi passi e ho, addirittura, imparato a correre in bicicletta per la cucina, tanto era ampia. Un tempo di attese sempre, vissute accanto alle figure mitiche di via Gabelli come la scrittrice Giannina Facco, la sorella Maria pittrice, Ada Banzi la pianista, la zia Lina Crescente “contessa”… tutti sempre uniti in trame di profondi affetti che aiutavano, reciprocamente, a superare il momento post-bellico, tra la bellezza della musica e della scrittura, occasioni di condivisione grazie alle quali l’amicizia correva veramente per le strade della città. Di tutto questo mi sono nutrita, direbbe Zanzotto, succhiando il primo latte della materna terra che è memoria del passato, coscienza del presente vissuto, linguaggio domestico intimamente assimilato e racchiuso: destinato, più tardi, a farsi parola, contenitore di tutta l’esistenza, di tutte le proprie emozioni e vicende.

Tutto questo però, come un fossile, è riemerso nel corso del tempo, arricchito nel contatto diretto con la natura, scoperta fin dalla prima età attraverso le gite in bicicletta assieme al padre ormai ritornato, spingendosi fino a Villatora, lungo la via delle robinie, per salutare i nonni Giuseppina e Costante: un legame, quello con l’ambiente naturale, particolarmente avvertito e sviluppato nei soggiorni con loro. È un passato che rimane dentro e si arricchisce attraverso la quotidianità della vita ad iniziare dalla “migrazione” in via Ogniben della Scola, in campagna, con la scoperta del gioco-avventura in mezzo ai campi di uva fragola, lungo i fossati o seguendo la strada della ferrovia, momenti ora documentati in un testo ancora inedito qual è La stanza bassa: scrigno di invenzioni, di creatività con la madre-magistra e con il padre dedito ai nostri giochi in legno, circondati dall’orto. Spazi che hanno nutrito e nutrono valori in grado di arricchire quell’interiorità che, da allora, si fa sempre più anima, corpo, espressività che ha necessità soltanto di esplodere ed emergere, come è stato alla morte della madre: grembo da cui, a poco a poco, è venuto alla luce quel mondo stimolato anche da numerose letture, dalla cultura poetica maturata nel percorso umanistico dapprima al liceo classico e, poi, all’università degli studi di Padova, con una tesi di laurea su un poeta, il contemporaneo Drago Ivanišević.

Proprio dalla morte di mia madre nasce la prima silloge poetica, Sottovoce a te madre, che rappresenta l’incipit di questo nuovo colloquio con me stessa e con gli altri, autoterapia dal dolore, catarsi della Parola: un libro che, nato grazie ai suggerimenti anche di Mario Sileno Klein, attraverserà diverse vicende e susciterà l’attenzione di varie personalità dell’ambiente editoriale e letterario, fino alla pubblicazione che si compirà soltanto nel 2015. Nel frattempo i nuovi luoghi maturano altre intuizioni, emozioni, ispirazioni, scritture e così, in un fecondo susseguirsi di eventi, riemerge intera la sostanza assimilata negli anni in via Gabelli, ora che lo sfondo ormai amico e familiare è quello dei Colli Euganei, ai cui piedi si adagia idealmente la mia nuova casa-sfera. Qui veramente prende corpo e anima tutto il vissuto di cui ho detto, ma soprattutto si interiorizza e consolida il mio rapporto con la natura e con il paesaggio: altro elemento fondativo della mia poesia, di cui è primo documento la raccolta Per colli e cieli insieme mia euganea terra, pubblicata nel 2002 e accompagnata da una riflessione di Andrea Zanzotto in IV di copertina:

Piace in questa raccolta di versi, così fortemente motivati, il senso quasi di consustanzialità nei confronti dei Colli Euganei, terra nativa, vissuta dall’autrice nelle sue più varie fascinazioni paesistiche in cui l’umano si instaura con pari energia. Figure della terra vulcanica o selvaggia e figure del lavorìo della storia, nel suo emergere qui come particolarissima civiltà, si equilibrano felicemente intrecciandosi ed espandendosi in un loro irrefrenabile entusiasmo, pur se talora con qualche ridondanza.

Ma ciò che conta è però questa urgenza di laus vitae che si esplicita nelle descrizioni anche minuziose dei caratteri dei singoli luoghi e delle loro fantasie vegetali, e inoltre nel brillare di gruppi umani coi segni delle loro attività, per culminare poi in vari singoli personaggi nella loro esperienza interiore. Il lettore si sente subito cooptato a questo convito di vitalità: dai mirabili profili stessi dei Colli al loro sempre imprevedibile e pur stabile manto, sino appunto alla confidenza dei sentimenti che si raccordano e chiamano il lettore lasciando un forte spazio, nella espressione dell’autrice, anche a una intensità etica oltre che estetica.

Si sente che questo discorso già nutrito continuerà col più costante senso di amore-dovere progredendo in un necessario cammino.

Numerosi altri libri, da allora, segneranno il mio percorso di vita, tra luoghi via via conosciuti, affetti, incontri, persone amate ora scomparse oppure presenti: il discorso attualmente culmina in quella grande lode alla vita che è il Diario pandemico al vento dei fiori, edito nel 2023, in cui l’intera umanità, nostra personale e di molteplici altri, emerge nei diversi comportamenti ammorbidita e impreziosita in un susseguirsi di liriche che traggono perlopiù ispirazione dal giardino e dai Colli Euganei, oltre che dai fatti di estrema attualità che hanno segnato e segnano i tempi più recenti e il momento presente.

Un diario che, ha scritto il critico e poeta Nazario Pardini, è «bellissima antologia di racconti brevi, di splendide e sentite poesie, dove si versa tutto l’animo della Toffanin, il suo bagaglio culturale, la fresca e scintillante vena versificatoria, in una testimonianza della bravura e della creatività dell’autrice che dà tutta se stessa al verbo, al lessico, alla forza rigenerante per trovare la carica ispiratrice e procedere oltre». Il tutto, ha rilevato Stefano Valentini, espresso nella «dimensione della comune umanità, esplicitata dal termine “insieme” che permea le pagine come un mantra salvifico: la poesia diviene ragione e opportunità d’incontro, colloquio e conforto reciproci, fede-fiducia in valori etici in grado di mediare tra analisi-cronaca e sguardo-respiro lirico, cosicché tempo eterno e quotidiano s’intrecciano e sovrappongono nella “forza vitale che percorre sottesa / e l’intimo spazio e il creato tutto intorno”».

Piace riportare, come partecipazione sempre presente alla mia storia, la voce di Luciano Nanni: «Un percorso ascensionale dagli anni novanta ad oggi quello dell’autrice. Tre elementi rendono inconfondibile la sua poetica: a) la calibrata resa formale (emerge a tratti il dattilo, da cui però il verso sfugge per il ritmo mutevole e semmai vincolato alla spontaneità d’eloquio); b) la tessitura immaginifica con tecnica moderna ma mai eccessiva; c) il contenuto etico, anzi ‘una intensità etica oltre che estetica’ (A. Zanzotto). La bellezza risiede nella varietà tematica sovente portata sul filo della memoria, nel sentimento del tempo e della natura: ‘frammenti’ di una compiutezza rara nell’attuale panorama letterario.»