Fioriscono racconti, sbocciano libri

Tre racconti di natura, bambini e bambine, per voci occhi orecchi

L’autrice Maria Luisa Daniele Toffanin

Dopo i saluti di rito, i ringraziamenti al dott. Daniele Ronzoni per l’accoglienza nella Biblioteca Civica di Abano Terme, inizia l’atteso dialogo tra Katia Scabello, leggistorie e narratrice per passione ed anche per professione, promotrice del piacere di leggere, e la sottoscritta davanti ad un pubblico modesto ma selezionato subito catturato dalla Parola. E Katia diretta mi coinvolge con la sua suadente voce.

Prima di tutto ti ringrazio per la tua presenza all’incontro come esperta di letteratura per l’infanzia: il tuo essere qui con noi, cara Katia, amica da molto tempo, rende prezioso il momento. Per rispondere alla tua domanda, i miei libri nascono da occasioni, emozioni particolari colte dalla realtà.

Il primo, “Matteo e Gigetto il rospo di mare”, come recita il titolo prende spunto dalla conoscenza improvvisa al Bagno Perla, in un mattino estivo, di Matteo, un ragazzino biondo che mi interroga, quasi aggredendomi, su quale segreto lui potesse avere tra le mani. Io incerta sulla risposta e lui pronto a rivelarmi di avere un rospo di mare, fatto da cui si sviluppa in due giorni tutta la vicenda raccontata.

Il secondo, “Diamantini, diamantini, che vita, bambini!”, prende spunto dalla presenza dei diamantini in gabbia nel mio giardino. Rappresenta quindi una storia di vita che inizia da mio figlio, attraversa i nipoti, protagonisti coi nonni del racconto, nei loro rapporti con i diamantini, praticamente da sempre esistenti nella nostra famiglia. Quindi è un po’ una storia viva di casa nostra confusa con quella frenetica dentro alla gabbia.

Il terzo, “Quei due merli che cercano casa”, si ispira alla vita di un’altra famiglia, di merli, con il nido nascosto sotto il gelsomino rampicante, accanto alla finestra del salotto. Osservatorio proprio dei movimenti di questi due impegnatissimi a costruire casa con pensieri, gesti umani da me a loro attribuiti nello snodarsi delle pagine. Vicenda anche questa che mi ha coinvolto come le altre, divertito tanto che ne è derivata una scrittura, come dici tu, veloce istintiva, pensosa allo stesso tempo.

Nella tua attenta analisi dei testi, cara Katia, affermi

e credimi che tutto è scaturito in modo naturale, anche le informazioni, senza intenzione alcuna di divulgazione.

Katia Scabello

Ritorniamo ora a queste altre tue così puntuali riflessioni sulla cifra narrativa dei racconti ricca di dialoghi, quindi adatti anche ad una lettura ad alta voce insieme anche ad altri, costruita sulla volontà di relazione implicita nella condivisione di gesti, parole, racconti. Quindi racconti inclusivi che quasi sollecitano i presenti ad intervenire ad alta voce rivelando la loro partecipazione, come avviene nel racconto. Manca solo la presenza di mia nuora che per lavoro abitualmente non c’è in questi momenti ma che volentieri avrebbe vissuto i sentimenti dei suoi figli e sarebbe intervenuta nel dialogo.

Riporto volentieri anche la tua nota critica sulla mia scrittura perché mi dà molto piacere:

Ecco, quei bambini con i genitori presenti all’inizio del nostro incontro, probabilmente sono usciti prima del tempo perché proprio i loro genitori non comprendevano l’analisi dei libri piccini anzi, come tanti, li sottovalutano come cosa di poco conto. Forse si aspettavano una lettura animata? Ascolto però come saggio il tuo pensiero parlando di Mac Barnett che invece afferma la validità di queste letture riaffermando il valore della persona bambina e così la riporto completamente d’accordo con te:

e ancora:

(tratto dal suo ultimo saggio, “La porta segreta. Perché i libri per bambini sono una cosa serissima”, edito da Terre di Mezzo).

Milvia Bellinello Romano

Così poi successivamente ti ascolto quando leggi brevi ma esemplari parti dei libri, tratti prima da Matteo e successivamente dagli altri inseriti sempre in un discorso coinvolgente che evidenzia che le varie vicende narrate, i vari sentimenti provati dai protagonisti sono simili ad altre vissute dal lettore o che possono verificarsi. Quindi leggendo, stimoli l’attenzione e la fantasia dei presenti, bambini e adulti, a poter scrivere un racconto a loro volta. Giustamente mi interrompi per sapere dell’illustratrice Milvia Bellinello Romano, domanda a cui speravo potesse rispondere la stessa amica invitata all’incontro ma impedita da cause di forza maggiore. Volentieri però ne parlo visto il legame che ho con lei: la conosco ormai da moltissimi anni, da quando insegnavo alle superiori lettere e suo marito Antonio, avvocato, diritto, quindi un’amicizia anche di famiglia basata sull’affetto e la stima. Milvia era insegnante di educazione artistica ma era anche una acquarellista, amante della fotografia, di tutto ciò che era espressione artistica eseguita anche con pennarelli come nella storia dei merli. Le ho affidato quindi i miei racconti a occhi chiusi e l’ho lasciata fare perché ogni artista merita il suo spazio: una libera ispirazione e interpretazione. Sono sempre stata pienamente soddisfatta della sua opera perché ha reso, con i suoi interventi, la verità della vicenda e dei sentimenti da me espressi. Quindi grazie ancora Milvia.

Matteo e Gigetto il rospo di mare
Quei due merli che cercano casa
Diamantini, diamantini, che vita, bambini!

Per quanto riguarda il tuo apprezzamento al lavoro della casa editrice, alla scelta del formato, della carta, al culto del bello, devo ammettere che Stefano Valentini, l’editore, riesce veramente a creare pezzi unici e sono contenta che sia qui oggi tra noi. Certo se manca un rapporto con la natura, un’attenzione, un’osservazione, questi racconti non possono realizzarsi perché nascono veramente dallo stupore, dall’emozione per il creato che “spinge i piccoli protagonisti ad averne cura: il rospo salvato, i diamantini curati, i merli protetti”.

Penso, basandomi sulla mia personale esperienza, che sia molto importante per i bambini stare in libertà all’aria aperta ma che sia fondamentale accompagnarli, senza premere troppo, a scoprire i vari segreti che il mondo degli animali, delle piante possono rivelare al bambino magari guidato in questo cammino da un adulto sensibile. Utile è far sentire il proprio amore per la natura, trasmettere, attraverso l’esempio personale, la validità di questo rapporto. Quindi l’azione dei grandi è fondamentale per la lettura piccina delle cose e delle pagine dei libri. E all’ultima bella tua osservazione, sull’assenza, i racconti certamente introducono l’attenzione alla vita ma possono anche far riflettere sulla morte, sull’assenza che diviene per i bambini un piccolo lutto da rielaborare magari parlando con i nonni.

Nell’attesa che la ferita si rimargini si può proporre loro la conoscenza di un altro animale del giardino che possa portare pensieri di vita lasciando il tempo non di dimenticare Ribes il gatto morto, ma di trasformarlo in un ricordo delle ore liete con lui trascorse. E su queste note veramente Katia ti ringrazio di cuore, note di grande profondità, di studiosa certamente ma anche di madre, di coordinatrice pedagogica, di persona che vive e riflette su questi problemi. Su tali note sento che l’amicizia tra noi si è rinsaldata perché la condivisione di pensieri, soprattutto sulla formazione e la crescita dell’infanzia, ti stringe ancor più in un impegno comune di vita.

Conclude l’interessante e approfondito dialogo, così affermano i presenti, l’intervento dell’editore Stefano Valentini che convalida il suo impegno nella costruzione di un libro che deve divenire, nell’uso dei vari elementi, espressione di bellezza. Molto coinvolgente e ben espressa la partecipazione di Elisa Scarabottolo in relazione al suo supporto a me autrice, da anni, in molteplici attività: uno scambio reciproco di energie e armonie che nel tempo diventano arricchimento reciproco e apertura di nuovi orizzonti. Katia, quindi, un momento quasi intimo: partecipanti tutti attenti, alcuni protagonisti degli ultimi due racconti, catturati dalla tua capacità di rendere straordinario l’ordinario, di coinvolgere con la lettura di una realtà dove si può volare con la fantasia.

Nota critica di Maria Rizzi