Stefano Valentini – Pensieri nomadi
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La Nuova Tribuna Letteraria, nr. 106/2012
Libro fondamentale, questo, non soltanto perché dà inizio all’inquadramento complessivo e alla storicizzazione dell’opera di un’autrice contemporanea di prim’ordine, i cui libri possono ormai vantare un solido e costante apprezzamento critico; ma anche perché rappresenta, per la sua costruzione e coerenza, un piccolo modello di come andrebbe impostata ogni monografia. L’opera è inserita in una collana sostenuta dal Miur, Ministero per 1’Istruzione l’Università e la Ricerca, e già questo ne indica il rilievo anche accademico; al tempo stesso, però, riordina e presenta numerosi interventi critici già editi su riviste e in volumi ma oggi di difficile reperibilità, organizzandoli in un tutto coerente. Li introduce un editoriale di Daniela Ciani Forza, che rileva come la Toffanin soffermi i suoi versi “su quell’universo quotidiano di sentimenti, valori e riflessioni che sembrano ormai sfuggire alla cura dell’uomo nel suo essere, coinvolto nel pathos di un’eterna fuga-da sé, dal tempo, dalla natura”.
Un “nomadismo”, quindi, che va letto in positivo quando nutrito dal desiderio della ricerca, ma anche considerato dalla Toffanin negativamente in questo momento storico dell’umanità perché spesso evasivo, equivoco, inconcludente, lontano da quell'”etica stella” che presto fa la sua apparizione nelle pagine dell’autrice, per non scomparirne più.
Due nomadismi quindi, il proprio vagare emotivo – nutrito di esplorazione poetica “in una dimensione in cui l’immensità si fa privata” – e quello dell’umanità, esposto al rischio dello smarrimento. Ma su tutto, come ben rilevò Andrea Zanzotto, predomina la “laus vitae”, l’apprezzamento e la gratitudine per le meraviglie del creato, della natura, della stessa quotidianità epifanica.
Il viaggio, in lei, intreccia luoghi fisici e mentali, spazi terrestri e altezze immaginifiche, in una evoluzione che ambisce alla limpidezza della verità. Nella prima parte del volume, Silvana Serafin ripercorre i libri finora divulgati (dagli esordi fino all’ultima silloge, presentata in appendice e di cui diremo nel dettaglio in altra occasione), evidenziandone l’originalità intesa come “originarietà” per l’amalgama tra “valori etici, aspetti sensibili ed invenzioni fantastiche”, dove ciascuna silloge è sorretta dal pensiero e da un’idea, cammino di conoscenza che interseca diversi piani spaziali e temporali, concreti e simbolici, in una costante, pacata, coerente proiezione verso il futuro.
Segue la presentazione di alcuni colloqui avuti dall’autrice con la stessa Serafin, con Maurizia Rossella e con Pasquale Matrone, grazie alle quali il lettore può ascoltare le sue dirette parole “per comprendere il non detto”, e un ampio repertorio di note critiche elaborate in varie occasioni da Bino Rebellato, Andrea Zanzotto, Sirio Guerrieri, Giovanni Ponchio, Emilia Perassi, Norberto Villa, Paolo Ruffilli e, con due saggi di vasto respiro, Graziella Corsinovi e Mario Richter. La sintesi di tutto questo percorso, per Serafin, si trova nel “suo incessante andirivieni tra idealismo e realismo” che porta alla “rivendicazione del diritto alla liberta interiore estesa a tutti, uomini e donne, nel continuo nomadismo del pensiero”.
L’universale, così, si sposa allo specifico individuale di cui ciascuno è portatore: il volo alato e il cammino faticoso sono due facce della stessa esistenza, nessuna delle due indegna, nessuna delle due superflua, nessuna delle due impossibile.