Vittorio Verducci – Pensieri nomadi
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Il Convivio nr. 67/2016
Silvana Serafin è docente ordinaria di Lingua e Letteratura ispano-americane presso L’Università degli Studi di Udine. Oltre a ricoprire numerose cariche istituzionali e a dirigere programmi di ricerca numerose cariche istituzionali e a dirigere programmi di ricerca ministeriali, del CNR e regionali, è Presidente di “Oceano-Centro internazionale letterature migranti”, dirige riviste e collane italiane e fa parte di consigli scientifici di riviste e collane internazionali. Appassionata ricercatrice, si occupa di cronachistica delle Indie, della letteratura tra fine Ottocento e inizi Novecento, contemporanea, di genere e delle migrazioni. Numerosi sono i volumi da lei pubblicati (monografie, curatele), saggi, articoli, note e recensioni, apparsi su riviste nazionali e internazionali.
Il libro che si va a recensire è un saggio sull’opera di Maria Luisa Daniele Toffanin e, come viene spiegato nell’editoriale a cura di Daniela Ciani Forza, è suddiviso in tre sezioni e concluso da un’appendice. Nella prima sezione Silvana Serafin presenta in linee generali il mondo poetico di Daniele Toffanin, spiegando che la poetessa padovana “nell’ambito della poesia contemporanea italiana offre un contributo originale e di sicuro interesse. Originale non esclusivamente nel senso romantico del termine, ma ‘di origine’, in quanto essa trae la propria specificità dall’interno di sé, dalla paideia individuale. Originale, infine, perché rompe il ‘silenzio’, fa sentire la voce dell’anima…”. Passa poi, dopo aver delineato i vari impegni culturali della Toffanin, adempiuti anche in collaborazione con personaggi di primo piano del panorama letterario nazionale, a tracciare un profilo critico delle opere della suddetta poetessa (Dell’azzurro ed altro, A Tindari da un magico profondo, Per colli e cieli insieme mia euganea terra, ecc.) sottolineando ulteriormente come la stessa sia animata da una passione che la porta “a manifestare, attraverso i simboli, i segni dell’anima”, in un viaggio semiotico che “fissa inquietudini e certezze, sperimentate tra luoghi fisici ed affetti personali, sino a scandagliare problematiche metafisiche alla ricerca del significato della vita”.
Nella seconda sezione vengono riportate tre interviste, tre “colloqui” in cui la Toffanin spiega le motivazioni che l’hanno spinta a poetare. Motivazioni che, come s’è detto, affondano le loro radici in una esigenza interna, da cui scaturisce una poetica in grado di comunicare “un piacere estetico”, che non è però esclusivamente artistico, ma è vincolato al concreto della vita e della natura. Punto di partenza è il mondo dell’infanzia, la casa con i suoi ancestrali valori, gli insegnamenti materni, definiti da Daniele Toffanin la sua “stanza bassa” e da cui si originano le altre tematiche a connotarne di ulteriori attributi, e di alto lirismo, l’esperienza poetica: l’incanto per la natura, il senso della vita, il dolore dell’esistere, il fluire del tempo, il valore dell’amore e dell’amicizia. Una poesia profonda e densa di significati, quindi, giustamente valorizzata, come si può leggere nella terza sezione del libro, dai tanti apprezzamenti di critici autorevoli, appartenenti al mondo dell’accademia e della cultura letteraria, quali Bino Rebellato, Andrea Zanzotto, Sirio Guerrieri, Giovanni Ponchio, Graziella Corsinovi, Emilia Perassi, Norberto Villa, Paolo Ruffilli, Mario Richter: tutti concordi, pur con sfumature e angolature diverse, nel riconoscere alla Toffanin l’intima nobiltà dei concetti, l’intensità dell’ispirazione, la bellezza e la musicalità del linguaggio.
In appendice è riportata una silloge della Toffanin, “Da traghetto a traghetto per non morire”, in cui la poetessa parla di un viaggio, nel mare, dove affronta i marosi e sperimenta gli abissi, ma è illuminata anche dal brillare della luna e del sole. Un viaggio che è metaforico ed è ricerca dell’autentico significato della vita e riscoperta dell’amore: un amore cosmico, che sa d’eterno ed è intima unione del creato col divino. È, questo di Silvana Serafin, un saggio molto profondo, scritto in un linguaggio rigoroso, ma nel contempo raffinato e di piacevole lettura, che presenta in modo assolutamente chiaro ed esaustivo l’arte poetica di Daniele Toffanin, rimarcandone con efficacia la notevole valenza letteraria.