Nazario Pardini – Appunti di mare
XXXIV Premio nazionale “Il Portone”
Sez. Libro di poesia – 2° premio
Pisa, 28 settembre 2013
Questa plaquette di Maria Luisa Daniele Toffanin è il risultato di due differenti sillogi che si ispirano a due distinti viaggi siciliani: uno a Tindari e l’altro a Lampedusa. E il mare, con tutta la sua polisemica significanza, è il protagonista principale di queste pagine, il personaggio che dà continuità e compattezza al percorso poetico. Totale è sicuramente la simbologia del mare se riferito al vivere, alla sua caducità e ad una aspirazione a svincolarsi dalle maglie del tempo. Quindi il mare come vita, come mistero, come fuga da una realtà invadente, come slancio verso orizzonti senza confini.
La virtù di questi versi è quella di saper rappresentare con simbiotica fusione il mondo e le sue forme come fotogrammi dell’esistere. Di quelli si serve l’autrice per delineare i suoi subbugli interiori, i suoi pensieri che poi si fanno filosofia di vita. Il confronto continuo fra sé stessa e l’incommensurabilità, l’imperscrutabilità delle grandi estensioni. Una lotta col tempo, con la sua voracità, con la sua protervia, una lotta che si attua anche ricorrendo a ninfe e muse: Un gioco con ninfe / in mutati sembianti / una sfida al tempo: / memoria rapita / a molli eucalipti.
Ed il linguaggio è secco, veloce, i versi si fanno brevi in questa ricerca di forme e di colori. Il discorso poetico è personalissimo: si ricorre spesso a metafore di grande impatto, ad allusioni iperboliche, a significanti metrici che combacino col suo sentire, ad un’unità sintagmatica e a sottrazioni sintattiche.
Altra caratteristica di queste pagine la grande nervatura culturale della poetessa. Lo spaziare con un’indifferenza sconcertante da riferimenti mitologici ad altri più specificamente geografico-letterari. E se l’autrice vede spesso in angoli sorprendenti scintille-echi d’Eterno, è perché in lei domina l’aspirazione al tanto, all’immenso, come alfine immenso è il mare. E se si confonde anima e corpo con la natura che l’avvolge, è perché si ciba di quella natura, si fa tutt’uno con quella, ne assorbe salmastri ed onde peregrine, muretti a secco ed arpeggi di verde, per elevarsi, poi, con scarti fecondi verso slarghi d’azzurro.
Per la giuria