Giuseppe Ruggeri – Dell’amicizia – My red hair

Echi classici e suggestioni romantiche vibrano nella silloge poetica Dell’amicizia di Maria Luisa Daniele Toffanin. All’unisono vibrano, in sintesi di suoni e di toni, di presenze ed assenze, d’incontri e solitudini intessuti in una trama schleretizzata dal tempo, dalle erosioni costanti e inesorabili che gli anni scavano nella nostra storia umana.

Il vuoto lasciato da chi vive ormai nel mondo delle ombre da cosa se non dalla memoria può essere surrogato, memoria di occasioni e momenti e reciproca trasmissione di “amorosi sensi” – così il Foscolo – memoria che suggella quel “loquire a cuore aperto” con un passato immanentizzato “nunc et semper” dall’afflato lirico? Passato di dolore, che col suo “bulino” quell’esistenza narra di “riti bambini” e “agresti rifugi” e “luoghi” e “incontri” i quali scandiscono lo spartito dei giorni, giorni riempiti dall’operaosità di un agire che non conosce sosta, perché – come recita il Qohelet – c’è un tempo per vivere e uno per morire e né uno né l’altro ammettono pause di sospensione o indugi di sorta. Un “lungo giorno operoso” è pertanto la vita di ciascuno, e così anche della dolce amica dalla fulva criniera fissata nel ricordo in un’immagine di movimento, mentre “lavava e lavava” quasi ad esemplificare la cura minuziosa con cui quotidianamente ci si purifica, attraverso guadi e intemperie, in quel difficile “mestiere di vivere” – direbbe Pavese – che connota, dolorosamente, l’intero corso dell’esistenza.

Preziosa cesellatura di versi, quella che la Daniele Toffanin realizza in questa raccolta, dalla cui tenue filigrana affiora la classicità d’un sentimento – l’amicizia – già e mitabilmente celebrata dai Latini; ma che è anche e soprattutto sentimento che percorre i secoli e, nel viaggio per culture ed epoche, assume una fisionomia di delicata pregnanza. Pregnanza sottolineata dalla ricerca del corredo terminologico, vera e propria collezione di excerpta che inanellano verso dopo verso, le successive tappe dell’itinerario memoriale tracciato dalla silloge. Una preziosità che viaggia di pari passo con l’innalzarsi del canto, venato di profonda ma non rassegnata malinconia di fronte all’incombente “mistero dei sue volti di Dio” che con mano uguale dà e toglie non impedendo tuttavia a chi resta di “poter fermare | quell’attimo | in punta di vita” grazie allo slancio amoroso del ricordo.