Giovanni Pasqualino – Fragmenta
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Bacherontius nr. /2007
Avevamo già recensito nel passato alcuni florilegi dell’estrosa, originale e valente poetessa padovana Maria Luisa Daniele Toffanin e ne avevamo ravvisato la forza icastica, la specificità del linguaggio, la dolcezza dei sentimenti, la delicatezza delle sfumature lessicali, la dirompenza delle immagini evocate dal suo variegato fraseggio coloristico.
Le sue ultime due crestomazie, entrambe del 2006, non solo ne confermano le alte e raffinate doti artistiche ma segnano perfino e senza alcun dubbio, un progresso e un arricchimento della sua prodigiosa vena creativa.
Iter Ligure, pubblicato per le edizioni Ets di Pisa nell’aprile 2006, con una preziosa ed elegante prefazione di Narciso Pardini, risulta un incantevole e incantato tributo alla Liguria, ai suoi panorami, ai suoi spazi, ai suoi scorci. Così dall’anima della Daniele Toffanin sgorgano senza sosta, corna da un fiume in piena, dilaganti emozioni visive e uditive, quasi sinestesie deflagranti e implodenti, nelle quali suoni, odori r colori si mischiano e si miscelano dando vita a mirabolanti divagazioni paesaggistiche come avviene in “Notte Diamante”: «E nella notte | che splendon sublimi || Sgorga il canto | dall’anima musica || è nella notte | che il silenzio si ricolma. || Notte di dimante | fu coltre al cuore || tepore in segrete sillabe | e luce negli occhi ardente. || E noi entrorinati | con le stelle alte || e bassa la risacca || a noi nuovi | agli altri come estranei.»
Il secondo florilegio dal titolo Fragmenta è invece dell’ottobre 2006 ed è stato pubblicato dalla casa editrice Marsilio di Venezia nella collana Elleffe diretta da Cesare Ruffato. Quest’ultima raccolta è più corposa della prima ed abbraccia una varietà di temi molto più ampia. In essa affiorano memorie personali profonde vissute con una grande attenzione sempre rivolta verso tutto ciò che è umano, fin troppo umano. Palpitanti e nostalgiche reminiscenze affiorano dalla lirica Materni scorci ove ritrae la sua amata Padova: «Sfavillano nell’ora ametista | le cupole di Antonio e Giustina | sospese nel fondale vesperale. | Miei primi più cari materni scorci | soffiati da effluvi d’oro | dell’ultimo sole indulgente sui colli | che alfine in sé raccolto scivola | per declivi fino agli ombrosi portici…».
Le descrizioni della brava poetessa sfumano talvolta in sfolgorii di luci, di colori e di dissolvenze da mozzare il fiato, come appare in modo manifesto in alcuni versi della iridescente e splendente lirica dal titolo Sul carro rosso de, sole di cui riportiamo per la delizia del lettore le prime due sestine: «E svaporano i colori | in un’aria sì leggera | di trasparenza azzurra | a smemorare membra | da forza gravità di terra | l’anima dal tempo antico nodo d’ansia || E si sperde l’orizzonte | al dilatarsi d’infinito | oltre la conca aprica | l’ondulato dolce | oltre il ventaglio delle rocce | su, ove il respiro dello spazio tace».