Mario Richter – postfazione a Dal fuoco etneo alle acque polesane

Con la ben nota levità d’immagini e di ritmi capaci di dar vita a uno stupore a ogni passo rinnovato, la visione poetica di Maria Luisa Toffanin si muove, in questo suo nuovo libro, nel cuore stesso di un mondo dalle luminosità inesplorate, nel quale sono via via percepibili in armonico rapporto gli opposti, a cominciare dal fuoco e dall’acqua, per poi raggiungere a tratti una suggestiva unità nell’antica matrice femminile del creato. In tal modo l’intima natura del «sacro» vulcano siculo, sentito nella sua femminilità dagli isolani, appare appunto nelle forme dell’«Etna svelata / in tutta la sua femminea bellezza» (Quadri del Rifugio Sapienza ), senza pure escludere una sua «femminea irruenza» (Ultima sera).

Non diversamente l’estate padana si rivela nelle campagne con le inattese movenze di una «fanciulla dai capelli di grano» facendone poi scorgere le labbra nei morbidi papaveri («morbidi papaveri quasi tue labbra», Estate padana). I luoghi amati, diversi e uniti, rivisitati e rievocati dalla Sicilia catanese all’adriatica pianura polesana, si ripresentano a noi in una loro inedita valenza figurativa e spirituale.

Li riscopriamo con particolare emozione, animati come sono da una profonda percezione del tempo carica di una speranza che si dona quale vero «pane dell’anima» (Schegge d’azzurro), fino a sentirli in sintonia, tramite il volo disteso dei gabbiani e il suono remoto avvertibile nelle conchiglie, con l’intima melodia che concretamente ci accompagna grazie all’arpeggio sapiente di ogni singolo verso, vivificante «carne dell’anima» (Ma solo tu infanzia). In questo libro tutto vive, tutto si nobilita nella «certezza d’eterno» (Estate marina), nel sentimento eternizzante del tempo che fugge, nei giorni senza tempo della gioia.