Ragguaglio sul tempo natalizio vissuto dalla mia famiglia in un susseguirsi di attese


Tratto da La stanza alta dell’attesa tra mito e storia

L’attesa è il ritmo che cadenza la vita e della natura e dell’uomo. La mia, le nostre infanzie sono state tempo di infinite attese che ci saziavano con il loro stesso succo. Tempo trapunto di stelle e di sogni per un cielo d’accensione immediata sempre aperto ai miracoli. O no. Spesso le stelle promesse si spegnevano senza accendersi ma generavano, allora, altre stelle-attese in una dinamica magica di sogni, speranze, delusioni trasformate subito dalla filosofia dell’ora in serena accettazione protesa in una scala di nuovi sogni. Ora al caleidoscopio del ricordo questi momenti e sentimenti s’illuminano in immagini, visioni di felicità nutrita da piccole cose, dal tutto nel nulla, leopardiano pensiero che ben si addice al periodo postbellico, quando tutti si ritrovavano materialmente più poveri ma più ricchi di risorse interiori. Tante le attese della mia infanzia patavina nel centro storico, nei giardini segreti dietro ai solenni portoni, nei salotti buoni, nei nostri giochi: corte cà Lando, in fondo a via Gabelli, era l’incanto! Alcune erano attese minimali del virgulto di un fagiolo, di un girino raccolto in un vaso di latta, ma altre vertevano sulla vita, come la nascita delle due sorelle, e sulla morte della nonna e di una giovane mamma di un’amichetta. Oppure ci aprivano a stupori, come nel tempo natalizio con il presepe e il suono della cornamusa e la casa sempre con tanti zii e cugini. L’attesa era il cuore grande di mia madre e mio padre che ci guidavano in questi giorni di festa costruendo un immenso presepe, visitando quelli degli amici e delle chiese di Padova. Erano le loro mani aperte in gesti di amicizia e generosità, nella casa sempre vissuta con gioia insieme a parenti e amici. Un vivere altro di sacrifici, rinunce, ma sereno e fiducioso nella provvidenza e nel conforto reciproco.

Elleboro o Rosa di natale

Ora che il mio elleboro qui nel giardino, in questo misterioso 2020, sempre più si apre a corolla annunciando l’imminenza del Natale, urge rileggere per acquistare linfa interiore, altre poesie tratte dal mondo dei ricordi di cui è protagonista il presepe

L’attesa del presepe

Mio padre sognava a Natale cieli di calicantus
dove obliare la dolcezza delle feste perdute
nei campi plumbei e quella malinconia
che gli saliva dentro
per chi tra i suoi amici non era più vivo
ma i tersi sorrisi dell’infanzia nostra
lo richiamavano alle casette ai ponti di legno
e la grotta del Bambino
creati dalle sue mani operose per me
per Elvira da poco nata
ché l’attesa era allora il presepe
steso nella stanza d’ingresso
così immenso da coprire tutto il pavimento
acceso di fuochi e di fattura umana
una grande sua invenzione che gli scaldava il cuore…

Mio padre con la madre
sulle orme di san Francesco
venerava il presepe come sacro esempio di famiglia
nello scorrere del tempo affidato ad altre mani
tante, come una mitica leggenda
che ogni volta si incarna nella storia.
Dalla stanza alta a quella bassa
nella mia casa-sfera ha trovato spazio
sempre quel pastore di memorie
una statua di gesso dalle mani materne
trasmessa a quelle di mio figlio poi di mia nipote
riprodotto in parole in un quaderno di Natale
litania lieta amara di ricordi che non muore mai
e mi riporta alle pagine pensose di Brodskij.

Il presepe è espressione pure del desiderio di rinascere di mio padre dopo le dolorose esperienze nel campo imico. Dedicandosi a questo rituale riacquistava il senso della vita e lo affidava ad altre mani. Il rito è da sempre ripetuto nella mia casa come sacro momento.

In particolare piace valorizzare una statuina di gesso figurante da remoto nel vissuto natalizio della famiglia:

Pastore di gesso

Pastore di memoria rivisto alla luce d’oggi

Vivono tenerezze nel pastore
di gesso, in casette di cartapesta
ormai stinti i colori
lise vesti pareti

tenerezze da antiche madri ai figli
migrate col pastore
in mani bambine altre
che devote ne fanno memoria

consacrati gli oggetti da un alito d’eterno
magia dell’infantile tempo
dilatato a dismisura nel mito!

E il presepe si forma riforma
storia infinita d’amore
traversata da tante vite lontane
unite nella festa.

E la cometa da 2000 anni riattesa
accendendo speranza
in umili sguardi puri
ora riflessa nei tuoi occhi, Giulia
è luce della Verità del cielo.

Se l’ora rinnova nostalgia
rinasco ai bagliori verdoro
del tuo entusiasmo garante
di nostra vita per sempre

nel pastore amato insieme
nei domestici riti del Natale
tu, infanzia, custode del Prodigio.

La grotta splendente di luce
Presepe di Alex

il tutto è ora passato nelle mani di un altro regista Alex che con fierezza ha costruito il nostro presepe qui riprodotto prediligendo tra le altre proprio le statuine di gesso ormai consumate dei bisnonni Lia e Gino. Così la storia continua infinita con nuovi protagonisti che così ci danno il senso della nostra continuità. E sembra essere ancora nel Prima, non sempre abbastanza goduto dimentichi della surreale atmosfera da cui siamo misteriosamente avvolti ora, senza più l’affettuosa presenza di persone care in questi santi giorni.

Il ritornare nel Prima è opera proprio dell’innocenza dell’infanzia. Anche Giulia, custode originale dei ritmi natalizi partecipa alla festa del momento e con passione costruisce un albero di natale veramente unico con prospettive però di futuro.

Albero di natale di Giulia

È un ruvido ramo di sofora japonica pendula reso morbido dalla luce e dai colori: sono i nostri sogni di un domani migliore, le nostre speranze di un bene comune. Anche il sole che splende sul presepe è segno di attesa di luce in queste tenebre, attesa di fiducia rinata nella culla. E così in un girotondo di delicati pensieri tu Natale unisci grandi e piccini/nell’attesa nell’incanto di una storia infinita da 2000 anni iterata sempre.

E ci riconcili con la vita incitandoci a pensare che siamo ancora dei privilegiati, che altri soffrono intorno a noi in un mondo pieno di Assenze. E ancora ci doni attimi di felice luce famigliare nutrimento a sperare. E così: Oltre l’empietà assemblata intorno / nel silenzio meditante della rosa di Natale / s’attende una stella chiomata d’oro / sorta in cieli lontani lontani / che ci segni il sentiero insieme ai Re Magi.

Partecipano a questo vissuto natalizio, con mascherine e distanza sociale, Maria Luisa, Massimo, Alessandro, Giulia, Marco, Stefania e virtualmente i bisnonni Lia e Gino.