Giuseppe Ruggeri – Macrocosmi
Raffinata anche nella veste tipografica la plaquette di Giuseppe Ruggeri Macrocosmi. La avvolge una copertina dai riflessi argentei simili a quelli del mare che percorre il poemetto nelle sue quattro sezioni: Il mare, L’isola, La città, La casa, in particolare nelle prime due. Eleganti i disegni di Piero Serboli che in copertina e nell’interno sintetizzano le tematiche di Macrocosmi.
Luoghi dell’esistenza e dell’anima a cui Ruggeri innalza un canto così vibrante di carica emozionale da stabilire con il suo mare e la sua isola un rapporto simbiotico: “Lingua di terra … lingua d’amore… lingua diletta, a me ! … Sei il respiro che anelo, l’oasi d’oro | che fa credere sogno la mia vita… Eden tu sei. isola di selve | e di deserti, immagine spietata della mia vita, specchio di Dio | riflesso opaco nella mia memoria”.Così i millenari paesaggi marini e terrestri non sono solo suggestivi per effetti cromatici e musicali, ma premi della sua vita: “Da te lontano errai | sospinto dal tenace e tormentoso | tarlo della mia fuga silenziosaf’ ( uno tra i tanti esempi da citare) ,e insieme sublimati da una viva Memoria storica e dalla coscienza personale. E il tempo del mare trascina con sé, con la sua forza-magia “sudore dei secoli” e attimi di ogni esistenza, anche del poeta, mentre gli spazi sono sempre abitati dal Mito, presenza fascinosa. Il verso è nutrito cioè, in queste e nelle altre sezioni, del substrato culturale e umano dell’autore stesso. Sottesa è infatti la ricerca continua del senso del suo vivere in quei luoghi e più acuta si rivela nella città mai nominata, ma intuita dalle immagini: “Filari grigi giallo tufo eclettici | formano la tua geometria post-sismica | …città di pietra | avara di portali e chiese e mura | “con “le tue colline, abbraccio nell’azzurro”infestate di calce e cemento. Città vissuta in rapporto d’amore e dolore, diversa dalla città del sogno e dello splendore antico, eppure “tu sei l’ego di sempre, t’identifichi | nei miei passi nel mio battito grave | nel vibrare di un’anima in prigione | che sbatte le sue ali sulle grate | .” Inquieta è la ricerca di Ruggeri, insita in realtà in ogni uomo teso verso il luogo ideale, placata infine nella casa ritrovata “Ora ti tengo, casa e a questa stretta | non mollerò…”.
E il canto alla sua terra che si apre con il rumore del Tirreno rovesciato sulla battigia, con la visione dell'”…iridata | collana delle sette e più sorelle | che il Marenostro adornano…”, diviene nelle ultime due sezioni colloquio più intimo, talora velato di malinconia “Vivi. città, nella mia amarezza”. Colloquio più diretto come in attesa di risposte quasi la città . la casa si fossero umanizzate: ” … ciò che voglio lo sai. .. Lo sai. città, perché geme e vacilla | la mia storia…”; e alla casa ” …perché dunque non parli?…” Colloquio reso più coinvolgente dall’uso dell’imperativo “..vivi città…vivi e muori…dormi, città” “…rivivi adesso, casa, … Vieni. dunque. T’aspetto…” . E la casa ha un cuore: “…Ritrovarlo io voglio, accarezzarlo, | apprezzarne la forma consolante”, e ancora “sei la mappa , mia casa, di certezze | incarnate nel nucleo vivo e aperto | del tuo essere malgrado il non essere | d’una trama d’argilla e di cemento”. Versi questi percorsi da un’onda emozionale più intensa, scaturita da un profondo sentire gli spazi primi d’ogni vivere civile.
L’elemento naturalistico così turgido all’esordio, ora si diluisce in riflessi. riverberi egualmente illuminanti immagini più corpose, nate da una sofferta ricostruzione interiore, per disegnare alfine il luogo-radice dell’uomo, quello che legato al passato dà qualità e sostanza anche al presente. E il canto si chiude appunto con un altare alla casa-senso della vita recuperato nella coscienza di anni “inghiottiti d’un sorso”.
L’inno-canto-altare dell’autore alla sua terra è reso incalzante dall’endecasillabo, interrotto da versi di altra misura in felice composizione, ed è elevato da un linguaggio prezioso costituito da espressioni di origine greca quasi per andare all’etimo delle parole, e da altre di uso scientifico derivate dall’esperienza stessa di Ruggeri medico, per rendere più autentica e vissuta l’anima delle cose, ma sempre in una compattezza stilistica e in un’armonia di suoni e immagini. Il tutto diviene naturale strumento usato dal poeta che così bene esalta il ritmo impietoso del tempo, la valenza della .Memoria e del Mito, e rende i quesiti esistenziali palpitanti del suo impegno etico.