Sirio Guerrieri – note critiche varie
Dell’amicizia – My red hair
Maria Luisa Daniele Toffanin ricupera anche nella silloge Dell’amicizia uno dei valori quasi dimenticati nella poesia contemporanea e presente invece sempre e illuminante nella storia della poesia antica, quella greca e latina da Catullo a Virgilio ad Orazio, il tema appunto dell’amicizia. Maria Luisa però lo arricchisce, lo trasfigura, lo soffonde di sfumate pennellate di raffinata orficità maturata in tempi più recenti e congeniale al suo spirito. L’autrice compendia dentro un avvolgente alone di cosmicità il senso della terra “dimora d’umana cultura”, il rimpianto di un patrimonio etico arcaico vagamente arcadico, venato di grazia, di gentilezza, di cortesia, di abbandono alla contemplazione della natura percepita luminosamente come sfera di armonia e risorsa panico-lirica capace di intridere il genetico “tenero tempo di vita” di riverberi d’affetti, di pensieri che ci persuadono di una continuità ideale nella ispirazione di Maria Luisa animata da tension visionarie a cogliere nell’intimo delle cose il lievito segreto, il luccichio d’arcano, il magico, il primordiale, il fantastico.
La rossa criniera dell’amica di volta in volta definita “ispirata”, “pensosa”, “obbediente”, “devota”, “esitante al primo colpo di vento”, “snervata all’assillo del dubbio”, “allentata”, “a terra amorevolmente piegata”, “indignata all’assenza d’urbano decoro”, “assorta in riti purificanti le pene del suo inverno”, “operosa per dare chiarore mentale”, “lucente”, “euforica”, è il leitmotiv di una sinfonia scenica “verbale rugiada… nutrimento all’anima” modulato di invenzione e tenerezza, di sapienza espressiva, di un interiore ritmo, di ebbrezza, di danza. La vita si ricompone ” in cerchi d’armonia” dove l’eco della terra e della memoria vive per sempre.
Dell’azzurro ed altro
La misura lirica di Daniele Toffanin lévita ‘dalla pelle all’anima’. Non è frammentata o rapsodica, perché perenne è il recupero di momenti, di ritmi, di visioni, di fragranze cosmico-lucreziane rivissute all’interno di una sensibilità che vorrei definire rilkiana e vagamente proustiana.