Ninnj Di Stefano Busà – Fragmenta
Con Fragmenta, raccolta di poesie edite da Marsilio, mi pare che M. Luisa Daniele Toffanin raggiunga la sua piena maturità scrittoria. Un risultato di linguaggi multiplo che si connette agli spazi di registrazioni intime della memoria e fa capolino fra i disordini, più o meno noti della quotidiana lotta per sopravvivere alle temperie della vita, o come afferma la poetessa: “al muro sgretolato | dal nonsenso delle case”, che permangono a evidenziare un basalto incorruttibile, un muro invalicabile fra l’io e il mondo, fra il sogno e la realtà, il mito, la coscienza e le sue incognite terrene, fra Thanatos ed Eros, fra la nostalgia e la pena, In mezzo vi è la sacralità delle cose che attendano di essere raggiunte, vivificate da una luce che è l’esatto contrario delle ombre, le quali offuscano quasi sempre gli orizzonti degli eventi, la felicità dei cuori, la letizia e la gioia delle piccole cose.
Ciascuno dì noi in una girandola di voci, di conflitti. di richiami, suggestioni ineludibili ci prova ad uscire dal tunnel, in cui siamo precipitati, e dal quel senso di disagio e di sconforto di cui è matrice indiscussa La sofferenza. M.Luisa Daniele Toffanin in questa sua nuova raccolta evoca momenti privatissimi, si unisce al concerto di voci che orientano l’umanità, alternando la prospettiva del suo orizzonte ispirativo, a quello più naturale e perentorio di una passione vivida e solare, che arpeggia trepide e delicate note liriche e le fortifica, le espone alle variegate suggestioni, speranze, turbamenti, trepidazioni, emozioni che hanno la bellezza e la tenerezza del sogno, insieme ad un particolare bisogno di manifestare il proprio dissenso dalle lotte, che ci portano lontano dal cuore. in un assillo turbolento di drammatiche circostanze. di pene, nelle quali il rapporto viene trasmesso per osmosi d’anima all`altrui, verosimilmente al partner, al compagno della vita, alla persona che più di ognuno può consolare la nostra perdita quotidiana di luce.
La delicatissima congerie della lealtà si dispiega in parole dettate da un linguismo moderato che si modula in registri fonici particolarmente interessanti, come ad es: “E per questa amorosa vocazione, | già ravvivavo suoni segni sguardi | di te ancora non presente | da sempre substanzia in ogni creatura” (L’arresa). Il sentimento si fa proiezione e ricerca di verità, suffragato da una sorta d’incantamento che sprigiona dai versi dell’autrice. “Ma nella tenera malinconia dell’ora | ancora avvertire presenze che a sera si siedono al desco | col calore sulla tua mano | … | E un ardore ai sprigiona dentro e ti consola.” (Celesti rispondenze).
Emana dalle sue parole un bene condiviso, un incanto spirituale di letizia che fanno ben sperare, nel mentre fanno da contraltare all’ inautentico, alla violenza di un mondo che ci abbandona alle apparenze di un esistente cupo e alla trafitture di una caducità ineludibile, Ognuno fa parte dì un rnacrocosmo che tesse la razionalità del niicrocosrno in una sorta di velo dì Maya, a indicare la virtù delle cose semplici, primordiali, non inquinate da scorie terrene che producono disillusioni e domande, che non avranno mai risposte certe.
Il linguismo della Daniele Toffanin sa ben individuare i tempi e luoghi dell’oltre, di quella intenzione e tensione di registrare il proprio pensiero lirico, come felicemente toccate dai miracolo dei sentimenti. Una felicità di esiti contraddistingue la sigla lirica di M. Luisa Daniele Toffanin mostrandola adulta, in grado di dominare eventi e condizionamenti con la filosofia e la saggezza di un distacco, che elude contraddizioni confluendo in episodi di luce, in gesti d’amore, di sacralità e di innocenza. La sfera affettiva, fraterna, amicale fra le creature ne è quasi un crocevia, una misura di fiera e degna compostezza in un mondo dominato da lotte e da lutti, da asprezze conflittuali, da inganni e violenze.
Questo e tanto altro mi porta a pensare la sigla lirica di questa poetessa che designa nel perimetro più avvertito della sua interiorità, la vera natura dell’umanità, il suo punto di forza, la sua volontà di superamento del male e della routine quotidiana che ci consumano e ci disorientano. La figura, soprattutto quella femminile, appare atta a neutralizzare le negatività del mondo che ci sovrasta, a costituire nel percorso di “vestale”del nucleo familiare, un punto di riferimento. un faro nel buio epocale per un eventuale soccorso dell’umanità smarrita: “Io antiqua mater | ormai esile di sogni, | tesso nel tempio i fili |della mia incompiuta tela | e tenera rie ricucio i lembi | … | io antiqua mater | mai arresa alla cruda sferza | all’Uomo del dolore | ché mi sveli alfine il senso | del tuo vivere mistero.” (Antiqua mater). fl follicolo d’anima esplora i meandri più bui e sa accendere vivi lumi nel delicato meccanismo del “divino amoroso motore di un disincanto” che minaccia l’etica del sentimento in una girandola di nequizie e di modelli obsoleti.
La fede infine si staglia in una sequenza di emozioni lucide: “e si consola l’anima che anela | al bello puro e insieme si spaura ” (Le due sorelle).
Nella sua compiutezza verbale l’opera dà il senso del respiro “oltre” dell’infinito che si propaga e c’inonda, come ben si può ammirare da questi altri versi: “Mai vidi morte così stretta alla vita | così aperto alla luce il mistero”. (Vivi e morti insieme). E vi è un senso di religiosità tutto suo che a questa poetessa fa dire ancora: “Quasi un odore di vita un’ansia di risorgere | nei fremere di gemme all’aria novella | … | Le mamme ferme alle soglie | a raccogliere in fasci quei raggi di sole | … | Terse le case alla gioia spalancate | per risveglio del creato | per la festa del Figlio del Signore” (Quel nostro tempo pasquale).
Un forte afflato di umori e di sacralità col mondo, una cesellante armonia di sfaccettature che mostrano il raffinato cesello di un’anima luminosa, che davvero si sostanzia al senso emblematico dell’Essere e si articola ad un elevato turgore di sentimenti che riportano in superficie la sensibilità estatica di M. Luisa Daniele Toffanin. Fortemente portata ad una linea poetica che, a mio parere, tutta racchiude la sua cosmicità e la sua appartenenza al mondo, in una eterna tematica di fede nutrita e coltivata da copiosi recuperi memoriali, scaturiti da ispirazioni liriche sorprendenti e da metafore felicemente risolte, capaci dì cogliere quegli spazi di ricerca, di indagini e di singolarità che definiscono dalla sensibilità da suo silenzio tenero e coraggioso, fatto di sfide che vanno a sottolineare e impreziosire la vita. Immagini intense, sublimate al fuoco del pensiero che indaga e riflette, fanno di questa poesia una valorizzazione di reperti lucidi, di significati traboccanti di amore materno, fraterno, coniugale. Una silloge che non ha l’aridità dei suoi procedimenti sillogici, ma l’universalità plurastica e composita di un canto armonico, che ben si accorda alla consapevolezza di una sintesi sinergica fra tutti i componenti valoriali. Non si chiude al solipsismo o al relativismo dei singoli, ma si pone su un piano alto di tensione e di autenticità d’anima, che solo qualifica riflessioni e aneliti e speranze che riconoscano nell’intensità etica l’identità propria delle cose, e con esse il senso dell’esistere.