Nazario Pardini – Il Croco “La poesia di Maria Luisa Daniele Toffanin”
Cara amica, ho letto il saggio che mi hai inviato sulla tua attività letteraria, e a me, che conosco a fondo le tue opere, la tua anima più profonda e il tuo dire, ha rievocato momenti di grande intensità emotiva. La puntualizzazione da parte di Mario Richter di tanti aspetti poetici anche da me toccati, ha costituito motivo di riflessione e di stimolo per una nuova lettura delle tue pagine.
Grazie!
Puntuale, arrivante l’esegesi di Richter sull’attività poetica della Toffanin. Un saggio di una cifra culturale e direi filologica di grande interesse, da prendere come modello nella trattazione di tale genere letterario. Vi sono presenti tutti i tasti salienti ispirativi della poetessa: il commosso stupore di fronte alle cose; la ricreazione, stile Recherche, del passato; l’importanza del memoriale “riconsegnato alla vita entro un tiepido orizzonte di speranza e eternità”; la fusione di sentimenti e cose, soprattutto nell’opera Per colli e cieli insieme, mia euganea terra, percorso d’autunno; il rapporto icastico con la natura, per cui tutto il percorso poetico è folgorato da questa interazione anima-luce; lo stile semplice e al contempo complesso, per l’arricchimento di figure meditate o estemporanee altamente stilizzate da far brillare lampi di cielo su acque chiare: tratti essenziali dell’essere e dell’esistere in invenzioni creative. Aggiungere altro a questo saggio così esemplificativo, frutto di una firma di tanto valore critico, è quasi cosa ardua. Se qualcosa si può aggiungere però, lo si può fare sul tema dell’esistenzialismo panico che, con un crescendo avvincente, determina l’organicità e l’originalità di tutto il percorso poetico della Toffanin. Tutto, per merito di questo amore viscerale corrisposto, si fa visivo e al contempo da soggettivo universale, da esemplificativo ideale. E ogni tasto toccato dalla vena della poetessa, pur soggettivo e strettamente personale, sublima in una sfera che tocca il sentire di tutti. Ed è proprio questa ricerca puntuale di se stessa, frutto di esperienza poetica e spontaneità, a sfociare in uno stilema il cui dire, per l’autrice, mai è sufficiente a coprire tanta intensità creativa.
Esistenzialismo panico abbiamo detto. Sì! Perché l’esplosione dell’interiorità della Toffanin non si concretizza tramite un aveu direct, ma tramite le cose. Sono le cose a parlare per l’autrice. La poetessa affida il suo mondo al risveglio delle nuvole, a bacche di sole, al chiostro del silenzio, ad acque di prato, al verde del melo, ad albe, a tramonti, a sussurri brevi di primavere, a maschere d’argilla perché queste configurazioni naturali si facciano corteccia dell’anima, ed esternino così un esistenzialismo più lucido di sole, che ombroso di notte. Da questo la compattezza del suo stile e la piena corrispondenza fra le scansioni dell’essere e il suono della parola, dove il memoriale, non di rado alcova in cui l’autrice crea il suo nirvana edenico, spesso è corpo che grida una sua realtà a vita nuova.
Come già ebbi a scrivere in una motivazione a L’azzurro e altro, la poesia della Toffanin “è uno spartito di musica che incastona sul pentagramma colori, sensazioni, impressioni, intuizioni e che realizza nella totalità un quadro di composta plasticità che mai sfugge a un’armonia di tessitura classica”.
Arena Metato 30/11/09