Maria Rizzi – Diario pandemico

Maria Luisa Daniele Toffanin mi ha donato l’ennesimo prodigio nato dalla sua attività culturale e mi permetto di esordire sottolineando che mai come in quest’occasione il termine Cultura è strettamente legato alla coltivazione, con la quale condivide la radice etimologica che significa ‘coltivare la terra’. Cicerone stesso asserì che – la filosofia  e quindi per estensione la conoscenza – sarebbe servita per coltivare gli animi, e solo successivamente la metafora agricola è venuta a comprendere lo sviluppo del linguaggio e della letteratura.

Ho ritenuto opportuno fare questa precisazione parlando della nostra Poetessa, visto che in lei l’arte è sempre coniugata alla natura, ai fiori in particolare. Si direbbe che questi ultimi rappresentino i testimoni di ogni periodo della sua esistenza e della sua produzione letteraria. In questo album dei sentimenti collettivi l’Autrice dimostra ancora una volta di essere consapevole che le idee racchiuse in se stesse si inaridiscono e si spengono. Solo se circolano e si mescolano, vivono, fanno vivere, si alimentano le une con le altre e contribuiscono alla vita comune.

L’Opera è un meraviglioso testo, dalle dimensioni del diario, corredato dallo splendido quadro di copertina di Luciana Filippi e prefato da un ottimo Stefano Valentini, editore del libro, che sottolinea con acribia e passione quanto questo diario rappresenti “Una poesia che, tra canto lirico pieno e lucidità di analisi (e, quando necessario, cronaca), non soggiace al generico e scaramantico ottimismo dell’”andrà tutto bene”, ma esprime una fiducia basata sui valori solidi e certi, in grado di mediare tra ‘affanni e prodigi’, di delineare gioia e armonia, nonostante l’attesa “scesa a quota minima”e il morbo “usurpatore”, che attenta alla psiche. “La Toffanin ha concepito un libro che non è di sola Poesia, ma anche di ricordi e di narrazione dei momenti salienti degli anni pandemici.

Ne risulta un unicum, un documento che consente di non dimenticare il male del “terzo conflitto globale”. L’Autrice si sofferma sul proliferare di virologi, i sapienti che rendevano ancora più confuse le nostre esistenze; “sui “dati letti per televisione… Parole scandite come se fossero numeri al lotto, senza umana partecipazione”; sui lutti strazianti della città di Bergamo; “sui negazionisti… purtroppo istigati da dubbie figure politiche”. Nell’Opera torniamo ai termini resi noti dall’estendersi del Coronavirus: ‘la mascherina’, nostra triste, perenne compagna di viaggio, il lockdown, che nasce dall’unione di due termini inglesi, lock e down e verbalmente si traduce come confinamento.

Il nostro paese l’ha vissuto da subito, infatti è entrato in vigore dall’8 marzo 2020 al 4 maggio nella prima ondata e poi sono subentrate le restrizioni per zone; l’uomo nuovo, buono, che sarebbe dovuto nascere da tanto strazio e infine il vaccino, sinonimo di speranza, che ha rappresentato una corsa contro il tempo e ha innescato gli atteggiamenti dei negazionisti. Purtroppo lo strazio del vivere separati, spesso soli, non ha generato persone desiderose di costruire l’Arca per la salvezza, ma sentimenti contrastanti e spesso divisivi.

Nel 2022 si è aggiunta la guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina e i mali che piovevano e piovono tuttora mettono in risalto quanto l’opposto dell’amore non sia l’odio, ma l’indifferenza. Non ci rendiamo conto che il senso della nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano. Nel suo album Maria Luisa Daniele Toffanin dimostra il potere del dire, e tra le tante testimonianze inserisce uno struggente scambio epistolare con la nipote Giulia. Quest’ultima le scrive una lettera per starle vicina il giorno del suo compleanno, un giorno “un po’ strano, ma non meno speciale, perché noi, anche se non fisicamente, ci siamo, ti teniamo nel nostro cuore”.Le epistole della ragazza e della nonna rappresentano dolcissime dimostrazioni affettive e inducono a profonde riflessioni.

La Toffanin fa riferimento al padre, il bisnonno di Giulia, Gino, internato in Germania nel corso del Secondo Conflitto, che nelle lettere non esternava “disperazione, piuttosto la fiducia nella provvidenza, nei miracoli, la certezza nella sacralità della famiglia, la preghiera come conforto”. Il diario diviene memoria storica, parente della Storia, ma meno intellettuale, precisa e più carica di affetti e passioni politiche. L’Autrice ripercorre il percorso di crescita collettivo, collegandolo a eventi antichi come la peste, l’Olocausto, nella consapevolezza che solo il ricordo può rendere gli uomini e le vicende immortali. La memoria archivia le cose, al contrario degli esseri umani, le conserva e le richiama a sua volontà. Presumiamo di avere una memoria, in realtà è essa ad avere noi.

E passiamo all’aspetto poetico del diario della Toffanin. L’equazione uomo – natura, come già detto, rappresenta l’essenza dei versi della Nostra, e anche in questa circostanza il suo rifugio, la sua riserva personale di Speranza sono stati i fiori, simboli inequivocabili di vita e rinascita: “Vago tra il verde – mio ozio / smemorata del mio stesso pensiero/ fra camelie rosse rosate a cascate sulle azalee carminio / accanto all’azzurro rosmarino accaldato lungo il muro / e davanzali di primule e viole / e generose timide macchie di nontiscordardi me” – versi tratti da “Inno al Creato conforto”. Baudelaire asseriva che “La tempesta rinvigorisce i fiori”, la nostra Autrice insegna che ogni fiore è un’anima che sboccia in natura e ci rammenta che il mondo non è ancora stanco dei colori, dei profumi. Essi hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali. Rilassano la tensione della mente.

Nel tempo lungo e grave del Coronavirus il lirismo dell’Autrice cerca di trasformare l’attesa ‘nel vento dei fiori’ “Bianchi arpeggi vibranti / nel vento fruttuoso di semi / squillanti nel verde dei colli / ai tuoi occhi magia: fiori di cotone / quello raccolto dai nei” – versi tratti da “Mi innamoro ancora della vita”-. Germogliano i semi sui bordi del tempo e guariscono i mali. “Miriadi di stelle cadono dal cielo / splendono nel sole del mattino / fra il verde fogliame / il rosarancio dei gerani / accese da nuova rara luce / alla brezza di sillabe lievi” – versi tratti da “Nel cielo del mio giardino”- . Leggo le straordinarie liriche della Toffanin e comprendo che certi spiriti sublimi si alimentano del rapporto con il Creato.. Se scende la notte dentro di noi i Poeti sanno che quel buio semina stelle…

La Nostra riesce ad allungare la mano per raggiungere il cielo e non dimentica i fiori che la circondano. Ella sa del mare, infinito libro di libertà: “L’attimo dell’onda selvaggia / smorzata carezza sui piedi / nell’illuminato moto dei marosi / nella voce del vento infinita / fra riflessi di luce abbagliante / alla serenità degli occhi – anima./ l’attimo dell’onda leggera sul piede / è l’umano nostro limite / l’umano nostro infinito” – la lirica “Il nostro attimo d’infinito”-. Come non inchinarsi di fronte a un’Artista che rende il diario della pandemia un viaggio attraverso meditazioni e versi di seta sui miracoli dell’universo. Arthur Rimbaud diceva che “L’eternità è il mare mischiato con il sole” e la Toffanin, consapevole che la riva del mare è da sempre un confine indefinibile, sembra narrarci che i pensieri sono spiriti in movimento come le onde, che fanno sentire la loro voce infrangendosi sulla riva. Di certo è pura visione il mare che cerca di baciare la sabbia, non importa quante volte venga mandato indietro.

Non posso evitare di citare il “Diario di San Silvestro 2021 in prosa o poesia non conta” nel quale l’Autrice recita: “Colmo il vuoto delle assenze, che un po’ strizzano dentro / con simboli di identità ancora più cari ora in questi straniti / giorni per onorare questa vita in noi viva, desta, benedetta: / le gioiose bacche rosse del pungente agrifoglio / altre più minime residui di rami sottratti all’avido merlo / così nel loro ruolo presente azzerato l’antico turgore / e una manciata di pigne nobili di larice là del mitico prato / raccolte ante Vaia impietosa altra furia che tutto sradica e devasta”. Questi versi dimostrano che è senza dubbio alta Poesia e, trattandosi di un’Artista come la Toffanin, non poteva essere altrimenti.

Mi ha trafitto nella lettura dell’intero album, del Natale e del Capodanno pandemici, la capacità della donna di rimanere salda al timone della propria esistenza grazie alla Fede, alla certezza che il dolore è un gran maestro degli esseri umani, sotto il suo soffio si sviluppano le anime. Tanta forza è senz’altro anche eredità degli insegnamenti paterni. Il dolore insegna a viaggiare a marcia indietro. Da grande a piccolo. Da ricco a povero. Dal superfluo all’essenziale. L’Autrice tiene vicini gli affetti con il collante dell’amore, attraverso i fili del telefono, le email, e soprattutto non rinunciando ai riti quotidiani: accudire le piante, ascoltare le stelle e la risacca, imbandire la tavola per il Natale e per la notte di San Silvestro.

Il testo ha sapore didattico per infiniti motivi, e insegna soprattutto che la libertà non è nella catena al piede, ma nel perdere di vista ogni punto di riferimento. Trasformando gli atti consueti in piccole cerimonie la splendida Poetessa dimostra di essere riuscita a passare oltre il fenomeno virale, – non a livello di consapevolezza – , proiettandosi al di là del divenire, nell’eternità

Altre note critiche di Maria Rizzi tratte dal blog Alla volta di Leucade di Nazario Pardini

In diretta dalla RAI: reinventiamo l’ora delle camicie

A dir poco avvincente la lettura di questi quattro racconti della cara Maria Luisa Daniele Toffanin, che ho avuto l’onore di conoscere e premiare. Ero consapevole delle sue capacità poetiche, non la conoscevo in prosa e devo dire che questo mese d’aprile scandito dal ‘canto’ del ferro sulle stoffe di varia fattura, ricorda per ritmo e armonia una ballata. Questo dolcissimo componimento musicale a carattere sentimentale, diviso in quattro tempi – settimane – ha la grande struttura dell’allegoria di un’intera vita attraverso l’atto dello stirare e la presa di coscienza di un fermo – vita e di orrori inimmaginabili. Tutte le componenti di questa metafora esistenziale hanno come filo conduttore il passo di danza della Scrittrice, che narra, seduce, avvolge, coinvolge. Gli eventi del passato riemergono dai territori della memoria e la saudade è palpabile… nei periodi tragici il potere dei ricordi può essere sfiancante e curante al tempo stesso… Le verità della vita lievitano nelle righe e tra di esse e spesso commuovono, in quanto le storie evocate nel giro di ballo sono condivisibili ed è risaputo che la Letteratura autentica crea uno stato di empatia tra chi scrive e coloro che leggono. Posso dire di essere uscita arricchita in ogni senso da questo valzer con il ferro da stiro, anche se non ho stirato meravigliose tovaglie o lenzuola cucite da parenti. Le camicie sì… e da oggi in poi le vivrò con levità e con la fantasia in libertà. Grazie Maria Luisa, possiedi un talento straordinario!…

21 maggio 2020

Si vive la macchia, si vive la macchia

E ancora e sempre hai creato un capolavoro, giocando sulla tesi – antitesi – alla macchia – la macchia-…

Ed è la tua lirica un ricamo d’impegno civile e di malinconica nostalgia della macchia intesa soltanto come ricorso a madre – natura, ai suoi miracoli poetici, alla sua indicibile, sussurrata quiete.

Bellissimo il distinguo tra i due stati d’essere. Viviamo effettivamente nascosti, in luoghi dell’anima che fungano da riparo e da isolamento e gli elementi della natura che tessi con rara abilità, sembrano portare avanti ‘la loro vita operosa’, che a tratti, ci appare priva di senso, ma rappresenta, forse, il senso solenne dell’andare avanti. La vita continua, vibra, palpita e noi, troppo spesso spettatori, torneremo a farne parte da protagonisti. Sei una Poetessa sublime, amica mia. Grazie di aver impreziosito il sabato con tanto Dono! E grazie di esistere.

7 agosto 2020 A colloquio con il poeta

La magistrale Maria Luisa ha riletto due liriche famosissime del Premio Nobel Salvatore Quasimodo “Alle fronde dei salici” e del soldato semplice Giuseppe Ungaretti “San Martino al Carso” scritta, quest’ultima, nel 1916 su fronte di trincea del Carso. La nostra Autrice attua un’operazione artistica di alto livello trasferendo le emozioni dei due Poeti ai tempi attuali, instaurando un confronto dialettico con il Poeta nato in Alessandria d’Egitto, che tornò in patria nel 1942. Maria Luisa si ispira alla chiusa della lirica di Ungaretti: “è il mio cuore /il paese più straziato.” per creare un’analogia con il vento virale che rende il mondo ‘paese straziato’ ed estende il concetto alla lirica di Quasimodo, asserendo:

“vorrei appendere alle fronde dei salici la cetra
ora che l’ordine vitale da tempo scardinato
d’improvviso s’è squarciato azzerando ogni
liturgia
e noi travolti tutti nel girone infernale
del terzo conflitto globale.”

Definire la parabola dell’Artista patavina una parafrasi non credo sia errato, visto che ella espone i testi con parole proprie, accompagnandoli con sviluppi e chiarimenti, ma ho la sensazione che sia riduttivo. Maria Luisa attua delle interlocuzioni liriche, e le ampia creando una breve Silloge, che prende spunto dai versi dei classici, ma squarcia le tenebre del passato con l’attualità delle sue poesie, corredate di titoli, tese a scegliere tra tutti i sentimenti la Speranza, e cita il poeta tedesco Rilke, che afferma “che i vivi sono ossessionati dalla distinzione tra i vivi e i morti’ e precisa che egli crede ‘in altri esseri, gli angeli, che non notano alcuna differenza’. E la nostra Poetessa, riferendosi a lui, recita:

“ne sortirà un uomo nuovo plasmato dalle attese disperanti:
muoverà umili passi in ascesa della montagna dei

Beati”

Di certo la stessa Maria Luisa scrive come un angelo. Dona liriche che stordiscono e che ci rendono meno prostrati. L’Arte pura è balsamo per tutte le ferite. La Poetessa ne è consapevole e sparge il suo miracoloso unguento. Stregata da tanto incantesimo la ringrazio e la stringo con tutto il cuore!

14 agosto 2020 Poesie sul COVID

Maria Luisa non ti smentisci mai. Sei attenta ai battiti della vita, li scandisci al ritmo dei tuoi, e soffri, ti consumi per i dolori, per le nuove realtà, che canti evocando Gianni Rodari per sminuire l’impatto dello strazio, del non potersi abbracciare, toccare:
“Noi siam le mascherine
con gli occhi a mandorline
venute da lontano
andiamo in tutto il mondo
per la festa della vita
giochiamo al girotondo
ma a distanza sociale”.

Diventa fiaba la vita che conduciamo da mesi e che non darà tregua tanto presto. Alludi alla ‘cabala’, quale termine più adatto ai giorni che ‘ci vivono’ togliendoci l’immaginazione, lo spirito insolente e meraviglioso che consentiva di sentirci brividi di eternità. E, amica mia, di versi di oro e seta e di passi lievi sulle storie difficili, non dimentichi che:
“Dove sembra la fine improvvisa della strada
là può sorgere un nuovo inatteso cammino.”

La tua Silloge vibra di consapevolezza, di solidarietà, di pietas e di un amore che travolge e che rappresenta l’antidoto più potente per il male che vorrebbe disarmarci. Siamo vivi! Anche grazie a te. Ti voglio bene.

6 ottobre 2020 Bellezza d’armonia-dolore insieme

Una preghiera, un lungo momento di celebrazione dei nostri fratelli che hanno affrontato la fine da soli e dei loro parenti ai quali è stato negato di assisterli e di salutarli degnamente.

“Ali bianche d’innocenza volano nell’ora
memorante Bergamo-città-famiglia
di troppi figli orfana”

impossibile evitare la commozione. Prendere atto, una volta di più, che attraversiamo un anno che nessuno avrebbe potuto immaginare. Sottrazione di vite in tutto il mondo, anche nei paesi nei quali le strutture sanitarie non sono adeguate e, soprattutto, le persone sono “invisibili”, in quanto non registrate alla nascita. Il tuo Cantico, Maria Luisa mia, ti rivela ancora la donna impegnata nel sociale, tesa ad arco verso il prossimo. Le tue parole sono scintillanti come diamanti e si incastonano nei drammi lenendo, almeno in parte, gli strappi e gli addii. Ti ringrazio, ti ammiro…           Maria Rizzi

Grazie, cara Maria, della tua presenza critica così sensibile e affettuosa, presenza a me molto gradita e cara.

17 ottobre 2020 Scorre l’eterno

Maria Luisa mia, sei sempre attenta ai momenti storici e stendi veli di levità e di armonia sulla paura e sul dolore. Con i tuoi versi, intrisi di magia, tutto si ferma. L’eternità è racchiusa nell’attimo presente, come dovrebbe essere, visto che siamo figli del momento e dovremmo legarci al concetto: “ogni giorno è il giorno”.

Con il tuo stile soave affreschi bimbi che giocano in un giardino ‘dei vesperali colori di cielo e terra oltre il mare’ e il mondo sembra un’ampolla di vetro, qualcosa che ci ricorda di non soffiare troppo forte. La chiusa, da brividi, è lirica in se stessa e riassume il senso della Poesia. Grazie, Amica di voli pindarici, di luce e di speranza. Ti voglio bene e ti stringo insieme al nostro Condottiero!

Natura conforto rivelazione

Marisa, Maestra nell’illuminare di immagini anche adottando l’arte della sottrazione, ci doni un altro cammeo di colori, profumi e sensazioni estive. E restituisci il calice colmo di sapore dell’esistenza che temiamo di aver perduto. In te, nei tuoi versi, si compie ancora e sempre l’impossibile, a dimostrazione che Fëdor Dostoevskij asseriva il vero quando diceva: “la bellezza salverà il mondo”. Grazie per questa lirica che rappresenta un lascito e una promessa d’amore! Ti stringo al cuore insieme al nostro Nume Tutelare.           

Maria, 18 agosto 2021

Carissime Loredana e Maria, unite in questa condivisione emozionale, entrambe molto care al mio cuore. Dà infatti speranza, in quest’ora confusa del vivere, l’essere insieme nella verità della parola e ritrovare il senso della vita in ogni palpito di luce che la natura ci dona, sentimento che avverto vibrare in molte anime amiche. Con gratitudine sempre nella presenza illuminata del Nume Tutelare, nostro Condottiero.           

Marisa, 23 agosto 2021

13 novembre 2020 Si rincorrono i colori d’autunno

“Leggere il giardino”, nuovo visionario e realistico volo della nostra Maria Luisa che attribuisce alla Poesia il senso delle storie che ama, delle passioni che coltiva… Il suo novembre, appendice dell’estate, è dipinto con colori che farebbero invidia a un artista figurativo in questa lirica che celebra la Natura, ma com’è usanza dell’Autrice patavina diviene grande allegoria della vita che scorre.

“Tutto è splendida congiunzione di colori-vita
segno dell’amore-concordia che percorre
da sempre l’universo, nostra fede ancora
pur fra le lacrime l’affanno di chi in bilico
fra l’alfa e l’omega, vacilla sulla corda”.

I versi citati, che possono definirsi Poesia compiuta in se stessi ne rappresentano la grande dimostrazione. Le creature del giardino, miracoli lirici, come tutti gli esseri viventi, si accordano alle umane vicende e divengono presagi di nuove armonie, perché non ‘si vacilla sulla corda’ per tempi infiniti. Sguardo d’amore posato sul sociale, che con la levità, che caratterizza Maria Luisa, mette in risalto quanto le perdite spingano a intensificare i sensi. Non si muore un po’ per volta, si nasce morendo, visto che le due realtà sono intimamente legate. Un affresco di sole, di colori, di profumi, di riflessioni, composto con i cinque sensi e donato con il consueto amore. Grazie, amica mia! Sei la donna delle meraviglie. Ti bacio.           Maria

Grazie, cara Maria, per quella “donna delle meraviglie”, mi è molto piaciuto! Credo veramente, al di là delle tue splendide riflessioni, che in questo momento sia urgente vivere la nostra vita nella bellezza della natura e approfondire il colloquio con il creato in cui possiamo ritrovare orme di presenze care come quella di mia madre che io ritrovo nell’Erba Luigia, la pianta da lei più amata, che odora di limoncello e che ha quei fiori esili e forti, metafora della nostra vita. E così la memoria diviene luogo in cui ritrovare altro nutrimento per resistere al delirio di questo tempo. E ti riporto dei versi tratti da “Sottovoce a te madre” con prefazione, pensati, del nostro amato Nazario:

“… e l’Erba Luisa diafana nuvola
nel turgido verde-emozionale essenza
tra le mani anche dell’aria
a tronco in vigoroso slancio
misura del tempo ormai bruciato
in un anomalo lampo.”

E diviene l’immagine e la memoria della madre stessa
“… assente presente accanto a noi
brezza essenza foglie fiori.”

E così, concludendo, e ringraziandoti ancora per il tuo viaggio attraverso la mia poesia, ribadisco che la nostra resistenza a questo tempo difficile può avvenire per tutti noi proprio nel conforto-colloquio con la bellezza del creato e con la memoria come rinascita interiore.

Un abbraccio affettuosissimo con tutto il mio cuore,           Maria Luisa

5 aprile 2021 Annuncio di Re surrezione

Sempre in levare, la mia Marisa, con i suoi tocchi soavi leva un’ode alla vita. L’anafora “No, non può morire il mondo” è il prologo dell’universo in lotta con le forze avverse per salvarsi. La Natura trionfa: “la luna col suo candore immacolato”; “nello stupore di questa primavera”; “nei silenzi virali delle stelle/brilla sempre il respiro di Dio”; la vita resiste, è nell’eco di quel sorriso ed è nella madre, nella ‘sola madre’ che annuncia la sua risposta alla morte, donando nuova vita… Sei cantico delle creature in versione XXI Secolo e in tempo di pandemia. Sei laddove gli angeli fanno forse fatica ad arrivare… Grazie di tanto dono, sei apertura d’ali e ne abbiamo tutti bisogno. Ti stimo e ti voglio bene. Siano lievi tutti i tuoi giorni           Maria

Cara Maria, sei unica! Sai sempre trovare la chiave di lettura più alta di ogni verso fino ad arrivare alla sfera angelica, con le tue parole. Grazie sempre per queste bellissime immagini che sai creare entrando nella mia anima e nella mia parola. Come tu hai già affermato, è proprio vero che è un miracolo condividere i nostri sentimenti, ritrovarci nei versi vivendo un attimo felice lontano dalle insidie virali. Ti penso anch’io con grande affetto e ricambio cornucopie di Bene!           Marisa

21 gennaio 2021 Il fiume delle parole

Un breve, esaustivo Cantico sulle Parole quello della cara Maria Luisa, delle parole che premono, urgono come fatti e divengono quindi ‘giganti’ per dirla con Seneca. L’Autrice vuol porre un argine al torrente di inutili disgreganti espressioni, che creano fossati, non ponti e impediscono al vivere di riacquistare dignità. La Poetessa, si erge fiera come esempio, come maestra e invoca ‘una stella chiomata d’oro /sorta in cieli lontani lontani /che ci segni il sentiero insieme ai Re Magi”. La sua soave cifra stilistica le permette di esprimere la rabbia con voce d’angelo, di invocare la premura di ricevere parole nuove in nome di un mondo che rischia ‘di crollarci addosso addosso con il suo mistero /come una Pompei soffocata da polvere’. Calata nel triste tempo che siamo chiamati a fronteggiare Maria Luisa si sente parte del creato, non ha paura di rompere gli stampi, di scrivere con il sangue, con il dolore della donna che teme possa spegnersi ‘la scintilla celata in noi’… Inevitabilmente termina in levare la sua seconda lirica, lascia spazio alla speranza e dona alle parole il potere di traghettarci verso un sogno di pace. La ammiro sempre di più e sono fiera di esserle Amica. Un forte caldo grato abbraccio a lei e al nostro infaticabile Condottiero.           Maria

Maria, sei indicibile! Sai sempre trovare la giusta espressione per esprimere l’anima altrui e per nobilitare la scrittura che può essere oggi, come tu affermi, un modo per traghettare verso la speranza, la pace anche interiore. E ci sentiamo insieme io, te e tante altre anime che il Condottiero conduce nel cammino verso la bellezza, ci sentiamo delle privilegiate perché questa della poesia diviene un’isola ove meditare le cose del mondo, rifiutarle, ricostruirle, ristrutturarle in un comune progetto di rinascita.

Ti abbraccio sempre con grande affetto, mia preziosa amica. Maria Luisa