Flavia Buldrini – Macedonia di colori
Il curioso titolo suggerisce già la natura di quest’antologia, una miscellanea di svariati autori che contribuiscono ad offrire al lettore una succulenta vivanda, come scrive Stefano Valentini nell’incisiva prefazione: “Macedonia – come mescolanza e fusione di elementi diversi, – ciascuno gustoso anche preso a sé, ma che nell’unione dei vari sapori, e delle varie anime, offre un risultato ancora più pieno e compiuto.” Inoltre, questa pubblicazione attesta per la prima volta l’attività letteraria svoltasi per anni nell’Abbazia di Praglia, in provincia di Padova, nel ciclo di incontri del Cenacolo “Insieme nell’Umano e nel Divino”, promossi dall’allora abate e poeta padre Norberto Villa. È una produzione poetica legata alla pandemia, che quindi risente della sofferenza, stemperata però dalla forza della speranza e dalla pazienza. Come Benigni ne La vita è bella, per sdrammatizzare agli occhi dei piccoli si presenta la pesante situazione creata dal virus come un gioco: “Bambini, ora si gioca un gioco / nuovo come a carnevale / con guanti e mascherine / che si può anche cantare / tutti in coro come a Natale. (Bambini, ora si gioca di Maria Luisa Daniele Toffanin).
Rivolti prevalentemente ad un pubblico di giovanissimi, i componimenti si avvalgono di toni giocosi, di filastrocche in rima che allietano il cuore dei bambini a cui sono dedicati: “Gigi cerca il suo berretto, / dove mai l’avrà ficcato, / nei cantucci sotto il letto / va a cercar tutto affannato, / cerca sbuffa smania e pesta / poi s’accorge che l’ha in testa.” (Cantilene di Maria Brunetta Duso); “Variopinte son tutte le farfalle del mondo, /danzano e volteggiano in gioioso girotondo. / È arrivata la bella stagione / e le farfalle appaiono sul balcone. / Ce ne sono di tutti i colori / e si posano leggere sui fiori. / Succhiano il nettare e sfarfallano via, / veloci ad altro fiore, altro volo e allegria.” (Il girotondo delle farfalle di PierMarina Benvegnù Valle).
I versi hanno il sapore della trepidante ingenuità dell’infanzia: “O Angelo di Dio, / che giochi a nascondino / sul mio cammino / e mi dai la gioia di correre / il girotondo del mondo, / con gli uccelli del cielo / con i pesci del mare / con le tartarughe del giardino, / ti prego di non lasciarmi mai solo, / nemmeno un mattino. / Amen.” (Preghiera di un bambino di padre Norberto Villa). C’è il gusto dell’affabulazione, di incantare i bimbi con storie avvincenti: “È l’inverno un vecchiaccio tutto bianco. / Va in giro per le strade e per i campi. / Di ghiaccio ha gli occhi e i passi lenti ed ampi. / Sale sui monti e non pare mai stanco. / L’inquieta primavera gli sta a fianco. / Giunge con piogge, venti, tuoni e lampi. / Speriamo che, prima o poi, ce ne scampi! / Ma è come rosa che presto vien manco. / Ecco l’estate. / Incede con baldanza. / Porta cesti ricolmi di bei frutti. / Tra le messi rosseggia una magia / di papaveri. Poi l’autunno avanza / tra vendemmie e buon vino. Allora tutti / cantano allegri in lieta compagnia.” (Sonetto delle stagioni di Mario Richter, Poesie scritte con la nipotina Anna, 10 anni).
Nipotini con i loro nonni, a volte essi stessi autori, sono i protagonisti di tali testi, dove si vuole educare questi teneri boccioli alla primavera eterna dell’amore: “Primavera è un pulcino pigolante e distratto / rintanato nel guscio, ma non è che sia matto! / vorrebbe tanto uscire a beccare e giocare / ma con pazienza aspetta e continua a sperare. / Primavera è un batuffolo di neonato coniglio / che morbido e bianco dorme nel suo giaciglio. / Vorrebbe presto correre a zampettare sull’erbetta / ma mamma gli ripete: – aspetta, aspetta!” (Primavera è).
Ricorre spesso l’immagine del soffione, così delicato e affascinante, che vuol significare il libero volo della fantasia, come scrive ancora Valentini: “Accomunati, come individui e poeti, nell’immagine del soffione che, fragilissimo simulacro di perfezione e bellezza, dissolve la sua forma e svela la sua forza per indurre, dalla propria singolare esistenza, una propagazione vitale in grado di attecchire vicino e lontano, portata dal vento che supera gli ostacoli, nell’immediatezza del qui e nella vastità dell’oltre, al di là di tutto e nonostante tutto.”
Suggestiva, allora, è questa Filastrocca del soffione di Daniela Babolin: “Il soffione è tutto tondo / tondo proprio come il mondo, / come la bianca palla della luna / che infinite stelle intorno a sé raduna. / Il soffione è una sfera delicata e gentile / che ondeggia lieve nell’aria tiepida d’aprile, / tra fili d’erba e fiori gialli come il sole / dove laboriose formichine fanno capriole. / Cresce nei prati lungo i cigli e nei giardini, / attende il respiro dei giocosi bambini / che tra le dita ne colgono lo stelo / e soffiando soffiando lo svolano nel cielo. / Soffia, bambino, soffia sul soffione / e d’incanto ammirerai tutta un’esplosione / di piumette piccine volteggianti e lievi, / ti porteranno verso un mondo che non conoscevi. / Un mondo nuovo ricco e pieno di sorprese, / mondo di avventure e di eroiche imprese. / Vai, bambino, prendi il tuo soffione. Pronto? Via! / Svola, svola come le piume sulle ali della fantasia.”
Quest’antologia ha il pregio di accostarsi al mondo dell’infanzia – che è il regno per eccellenza della poesia – con squisita sensibilità, edulcorando la realtà, anche la più cruda, al caleidoscopio della fantasia, nelle immagini rifratte dalle molteplici forme e colori, in una dolce sinfonia di canti e nenie che addomesticano il dolore e le fatiche quotidiane.