Arrigo Brocca – Sottovoce a te madre

Diario di un percorso interiore: riflessioni di Arrigo Brocca

da
Segreti Casentini ed oltre a primavera
Magie d’attese
Attesa perlata di stelle e rugiada
Sottovoce a te madre

Queste plaquettes poetiche, correlate tra loro da un unico filo conduttore, descrivono un viaggio verso la “ricerca”: un viaggio che l’autrice compie nella realtà dei propri movimenti, ambientato negli spazi temporali che richiamano in Lei ricordi, sensazioni, emozioni. In questa oggettività l’autrice incontra se stessa in una “rivelazione spirituale” tramite una analisi introspettiva che nella poesia si libera in annotazioni godendo di ciò che la circonda nel riscoprire il suo IO.

I vari componimenti sono “diari” condotti da un’unica mano pittorica ed esprimono unicità compositiva ed espressiva.

La passione con la quale Marisa si lega alla parola è un fatto facilmente constatabile.

Alla parola Lei assegna un valore non distante dalla dimensione reale dell’esperienza che la circonda, a tratti il suo movimento diventa un salmodiare.

In Segreti Casentini ed oltre a primavera nello scoprire una terra misteriosa e magica, appunto il Casentino, l’Autrice affida a una lirica leggera ed evanescente sequenze di luce, ombre, colori, profumi: tappe di un itinerario interiore affettivo, sinonimo di un procedere nella vallata magica dove fa risuonare un grande senso di concretezza e conduce l’astratto al tangibile lasciando scoprire il filo che lega le parole alle cose che la circondano. Si tratta per Marisa di un’urgenza del tutto particolare nella ricerca del mistero della propria identità che la porta ad interrogare la natura e la funzione dei dispositivi simbolici. Ne consegue che le espressioni più autentiche nella celebrazione della vita si trovano ad essere nella poetessa omologate, enfatizzate, fatte oggetto di un trattamento la cui finalità è tendenzialmente “sedativa”. È la necessità di ottenere un appoggio, raggiungere un appiglio: “Corda lanciata dal Cielo” per aggrapparsi ad “un’eterna primavera” per arrivare alla conoscenza del “mistero del vivere” ( da Quesito).

C’è una “intuizione” che raggiunge Marisa in “RISPOSTA”: la presenza del Divino nella natura. Il linguaggio usato assume un connotato dinamico, strumento per esprimere, aprire varchi tra l’incertezza e finalmente arrivare alla Sua conclusione: “Albero gemmato di purezza”: garanzia di un OLTRE per “ricercarti nell’incanto Tua natura”.

Così i “Segreti Casentini” si dipanano, si polverizzano in una conferma condivisa dal padre abate Norberto Villa che nel commento a “Magie di attese” in continuità osmotica con l’autrice avalla: “il poema della vita: mistero del tempo e dello spazio che si apre allo stupore infinito”.

Magie di… attese !… Le donne sanno attendere!

Marisa attende senz’armi, a volte attonita, senza parole, una “rivelazione” che disegnerà il corso della propria vita. Va incontro alla vita di quel nipotino che ancora non conosce eppure già ama e prima di vederlo si figura in un’Attesa perlata di stelle e rugiada il tempo che gli dedicherà. “per te rapirò alla notte / una luna azzurra immensa/ luminosa faccia piena/disegnata sopra i colli .” Un filo che lega una generazione ad un’altra, una giovane donna ad un’altra. “una marea una semina/magari una donna gravida.” Un filo che diventa “tessuto” da mano di donne, che diventa stoffa, ruvido lino perché sgualcito dal tempo che passa attraverso le “attese di donne”.

È un ordito intrecciato da Marisa che non ha colore, ma ombre e luci, attese e speranze sfiorate da mani di poetessa che ha bisogno di “ritrovarsi “, incontrare se stessa.

Per questo in Sottovoce a te madre, Marisa può compiere il lutto della volontà di capire, mentre affonda in un inconfessabile disperato senso d’impotenza:” Ovunque cerco le tue orme”. È la celebrazione della madre: eterna, dolce, guida… e quando la poetessa si sdraia sul letto cercando “la forma materna” lo fa per rivive nella propria madre, è il suo desiderio di ritornare nella madre, è la rivelazione della catarsi, è la liberazione ritrovata da persistenti conflitti-ansie tramite la rievocazione di fatti ed eventi della vita. La paura dell’incognita è la fonte dell’angoscia. Esiste in Marisa un’oscura volontà che si oppone al farsi di una forma di vita altra da quella della madre. Pertanto la perdita della madre assume valore di un’acquisizione: consapevolezza che la propria identità non è un punto fermo ma un cantiere aperto. La mancanza di riferimenti genitoriali danno cadenza, spingono Marisa a trovare un’alternativa tra presenza ed assenza della madre: Così allora che tu ti spegnesti / catarsi e armonia mi infuse il verso”. Paradossalmente è la consapevolezza della propria relatività e la precarietà di tutto ciò che può dare certezza dell’essere.

Ma ecco la “rivelazione” che Le permette di andare Oltre. È una riserva tutta al femminile la dimostrazione che ci possono essere vita e sentimento della vita sapendo abitare gli interstizi del senso, del rappresentabile. Il lutto, il distacco dalla madre è per Marisa l’acquisizione di qualcosa di nuovo, di qualcosa che in un certo senso eccede ciò che è capace di dire.

Marisa, che sa celebrare la vita facendo buon uso degli strumenti simbolici, corre comunque il rischio di indurre il peso del dolore ancora più insopportabile: Ormai il vero scopre se stesso / lo sento, mi urla impietoso che / la vita intera è infine bruciata. / Resta solo un fascio minuto / d’esili raggi di sole. / E si leva vento mesto / un lieve piangere di foglia / un’ala grigia di presagio.

Ma le pulsazioni di vuoto rimasto che palpitano nel Suo cuore danno ancora segnali di speranza, bagliori di poesia: Aquila audace / felice a confinare nuovi orizzonti. / Così rimarrai negli occhi del cuore.

La positività della poetessa è sempre un proiettarsi verso l’alto, è memoria, è vita, è saper cogliere e godere di ciò che la circonda.

Ancora vedo questa donna dagli occhi sorridenti illuminarsi di straordinaria gioia nell’assaporare la campagna euganea mentre respira dalla chiesa di Praglia il canto del Vespero.