Eva Zandonà – La casa in mezzo al prato
“In quest’ora insieme”
In quest’ora-umana terra lacerata / in questo immenso arboreo lutto / allo strazio del vento delirante / ora tutto si farà tenero humus al cuore / dolce-amaro ricordo d’un bene perduto. // Ma sarà sarà la memoria / linfa-coscienza ardita di sé / della propria gente stretta insieme / nella montana avventura sempre // sarà risorsa-ardore / per rinascere padri figli remoti avi / nell’antico rinnovato incanto / di tradizioni ladine e splendidi luoghi // insieme ancora / pur in un paesaggio altro-paziente attesa / speranza certezza di nuovi germogli / e folte chiome mai viste prima. // Vita tutta che non muore / muta solo forma // Via Crucis / Resurrezione in queste pagine aperte / al vento azzurro di anni tanti insieme / nella bianca casa in mezzo al prato.
“In quest’ora insieme” è la sola poesia della silloge che l’autrice ha scritto a seguire del disastro ambientale che lo scorso ottobre ha lacerato numerose valli montane, sradicando alberi, decimando boschi: un intero paesaggio, a cui la poetessa era particolarmente legata dal punto di vista affettivo, è collassato.
Le memorie che raccogliamo nel corso della nostra vita non sono soltanto intimamente connesse alle persone che abbiamo modo di incontrare, ma anche ai luoghi: anch’essi sono scrigni della nostra identità, ci formano, ci mutano, ci lasciano un segno, e noi a nostra volta li influenziamo cospargendoli di frammenti del nostro tempo, della nostra stessa vita. Parla direttamente all’esperienza di ogni singolo, dunque, questo dolore sconcertato che deve aver mosso Maria Luisa Toffanin a scrivere questi versi, probabilmente di getto, poco dopo essere venuta a conoscenza dell’accaduto.
Ma non si tratta mai di un dolore, questo, che sconfina nello sconforto, nella rassegnazione. Ciò che arriva al cuore è la forza di questa poesia: è un inno che si erge, stoico, contro la resa e la perdita della speranza. “Tutto si farà tenero humus al cuore/ dolce-amaro ricordo d’un bene perduto”: è già preparato, dunque, il terreno per la rinascita.
Una rinascita, che l’autrice vede possibile a partire dalla custodia della memoria, dalla trasmissione dei ricordi di quei luoghi, che hanno così modo di rivivere ancora e ancora, nelle parole della gente, nonché della poesia stessa. Ed è proprio la lettura di questo componimento a configurare, già a partire dal titolo, “in quest’ora insieme”, l’immagine di persone che al cospetto di una comune sventura si stringono solidali, nell’attesa fiduciosa e consapevole che “la vita non muore, ma muta solo forma”.
“La danza della gioia”
Si accende il silenzio dei riverberi / presenze intorno in pausa dei gesti / in festa dei riti, da allora sempre. / E noi qui in grigiore di cieli / insicuri i voli di vita / da un’attesa che strinse ogni linfa. // Fu per un anno un giorno per attimi / infinito il tuo lamento non compreso / – le ali del dolore battono con altri ritmi –. / Si fece grido all’ombra della sera / – a quell’ora nasce la paura della terra –. / Poi divenne soffio esile filo / sfuggente fra le dita dell’angoscia. // Ed ora in questa Pasqua acerba / stringo nelle mani / questa tua rinata vita / pallido anemone fra nevi tardive / erica rossa / primizia squillante di primavera. // La danza della gioia si scatena / sullo scialle sfrangiato dei prati / gitana dai fiori rubino / tra i teneri capelli di larice.
La maggior parte delle poesie contenute nel libro reca la data di composizione. Ai piedi di questa, invece, compare la dicitura: “senza tempo”. Si tratta di un’espressione che indica l’universalità di un dolore che sempre può coglierci di sorpresa, in qualunque momento, stravolgendo totalmente ogni nostro piano: è una condizione che ci accomuna tutti, indistintamente.
Ma all’atmosfera incerta e inquieta che si profonde dai versi iniziali di questo componimento, si sostituisce a poco a poco la bellezza di sentirsi ancora vivi, osservando del paesaggio montano i primi fiori che fanno capolino dalla neve verso la fine dell’inverno, gli anemoni, e sentendo, insieme alla natura, risvegliarsi anche la propria anima, al tocco della primavera. Ed ecco che dalla meraviglia per le piccole cose, si materializza la gioia, nelle vesti di una “gitana”: con questa immagine profondamente originale e poetica, si chiude la lirica, lasciando nelle mani del lettore il messaggio che spesso, per riassaporare appieno la felicità ed esserne grati, bisogna passare inevitabilmente per la porta del dolore.