Un ponte culturale da Praglia a Badia Polesine
Oltre la barriera del virus
Abbazia di Praglia – Teatro sociale “Piccola Fenice”
Abbazia della Vangadizza
Molte volte la fantasia fanciulla si affaccia alla mente e porge memorie-flash di allora. Ricorre in questi giorni spesso l’immagine del libro Robinson Crusoe, donato dalla Befana, con una pagina segnata dal tempo: il bilancio di Crusoe, unico naufrago sull’isola deserta:
…ora che avevo l’abitazione, mi accorsi di aver dimenticato di costruire il focolare. Racconterò in seguito come vi provvidi. Adesso desidero descrivere come vivessi in quei giorni e quali fossero i pensieri che mi tormentavano.
La condizione era terribile: ero stato gettato in un’isola deserta da una violenta tempesta che mi aveva fatto deviare di centinaia di leghe dalla linea seguita dalle navi mercantili e in questo scorgevo una punizione della giustizia divina che mi condannava a finire i miei giorni in quella desolazione. Mentre riflettevo così, le lacrime mi scorrevano sulle guancie. Mi chiedevo spesso se il Signore mi avesse abbandonato.
Altre volte i miei pensieri erano invece più ottimisti. Un giorno, camminando sulla spiaggia con il fucile sulla spalla mi dissi:
– È vero che la mia condizione presente è orribile. Ma non devo dimenticare che eravamo in undici sulla barca e mi sono salvato io solo. Dove sono gli altri dieci? Perché sono periti? E perché io sono salvo? È meglio essere al loro posto o al mio?
E guardando il mare, mi consolai: bisogna sapersi accontentare, pensando che poteva andar tutto peggio. Nel male c’è anche il bene.
Quante cose ho potuto salvare – mi dissi poi – che mi sono così utili e che mi aiutano a vivere! Se la nave si fosse arenata lontana e io mi trovassi tuttora nelle condizioni di quando sono arrivato in quest’isola, senza cibi e senza indumenti, soprattutto senza questo fucile con le munizioni? E se non avessi potuto costruirmi la tenda né avere gli arnesi per lavorare? Ho tutto quanto mi occorre per vivere e le provviste, se saprò amministrarle con saggezza, mi basteranno per molti anni ancora, forse fino alla morte.
Ora, dunque, devo tracciarmi un nuovo metodo di vita: una vita diversa da quella di tutti gli altri uomini, perché nessuno si è forse mai trovato in condizioni simili alle mie. …
Tante volte questo bilancio è stato ed è oggetto di personali riflessioni in momenti difficili di tensione, paura, e la vita te ne propina sempre tanti, ma mai come quest’ultimo…! E anche agli scolari era proposto come metodo di valutazione della loro reale situazione osservando il buono, il cattivo del loro quotidiano per trarne una conclusione, il più delle volte positiva. Era quindi una mossa psicologica per procedere più sicuri di sé e della stessa esistenza.
Ma ora Crusoe mi fa pensare che, per reinventare la vita, bisogna far tesoro anche di tutto il vissuto, in particolare di quei momenti non abbastanza goduti, esaltati, cantati, da rivedere per vagliarli nella loro valenza, riproponendoli come progetto nuovo di bellezza, in questo caso ponte lanciato da Praglia fino a Badia Polesine, da ricostruire ora integralmente. E il profilo del Teatro Sociale, dell’abbazia della Vangadizza sembra apparire per primo all’orizzonte dei pensieri miei e di Milvia che, proprio in questi giorni, ha ritrovato due o tre fotografie della Piccola Fenice. Le era anche riaffiorato il ricordo della Collezione Balzan fra Ottocento e Novecento là sita al piano superiore, illustrata gentilmente da una signora molto esperta. Insieme in queste salutari telefonate, oltre le barriere del virus,io e Milvia scaviamo in questo terreno remoto cercandone la data: le foto risalgono al 2016, ma per noi sono come nuove perché il tempo ha sfumato, frammentato i ricordi tanto che io sollecito Milvia a rivedere col pensiero l’evento a cui avremmo partecipato alla Vangadizza. Mi risponde che non aveva un preciso riferimento sull’argomento, perché a lei interessava di più l’arte. Scatta in me allora la molla del telefonino della signora Mara Barison, la bibliotecaria comunale di Badia Polesine, e così la chiamo. Forse mi considererà matta, dopo 4 anni di silenzio, quando le chiedo gentilmente se avesse delle foto relative a un qualche nostro incontro lì a Badia. Lei mi dà precise indicazioni sulla nostra, del Cenacolo, visita a quella cittadina di cui aveva appunto i documenti fotografici datati maggio 2016. Me li manda subito. Ed eccoli finalmente! Rappresentano l’interno della Vangadizza e ci illuminano nel nostro disorientamento. Sullo sfondo infatti Segantin, Soffiantini, la sottoscritta, Massimo Toffanin e davanti la sala dell’abbazia, lungo il chiostro, piena di gente.
Così si chiarisce il mistero di quell’incontro: Lino Segantin presentava il suo Ventaglio e noi commentavamo forse la figura di Sebastiano Schiavon. Nel labirinto entra anche Bruna che ai miei quesiti ha già la risposta pronta trovando al volo nel Ventaglio l’articolo mio appunto su Sebastiano Schiavon e Battista Soffiantini, riportato alla fine di questa memoria.
Quindi ora come un puzzle si ricostruisce insieme un evento di 4 anni fa che poi non è uno ma sono due perché il prima di questo meraviglioso pomeriggio a Badia di noi Cenacolini con i nostri mariti come in una cerimonia di virtuale gemellaggio, il prima era avvenuto a Praglia. Là nella nostra sala, sempre parlandone con Bruna, riaffiora chiaramente una bella compagnia di rodigini… Altra telefonata allora all’angelo dei ricordi, la signora Mara Barison, che mi conferma il tutto inviandomi nuove fotografie relative ora all’aprile 2016. E avviene un’altra illuminazione (certo che come memoria diamo un po’ tutte a pensare): rivediamo nella foto a destra Lino Segantin con il numero 90 del Ventaglio, il nostro abate Norberto, Giorgio Soffiantini e la sottoscritta. Quindi questo è il documento della prima presentazione del Ventaglio secondo i normali rituali del direttore. Ma perché proprio con Soffiantini e con me al tavolo? E la risposta era già nelle parole di Bruna: nella rivista vi era il mio articolo sui due politici, il patavino Sebastiano Schiavon e il rodigino Battista Soffiantini, attivisti del movimento cattolico da cui nascerà il PPI di don Sturzo ed entrambi frequentatori dell’abbazia di Praglia nei primi decenni del Novecento.
Un’ultima ricerca di Massimo infatti, nella “Cronaca della badia di Praglia dall’anno della ristorazione 1904-1925”, aveva messo in luce l’attività di questi cattolici nelle settimane sociali proprio in quegli spazi, sostenuti e appoggiati dall’abate loro amico Nicolini, e da tanti altri appassionati provenienti da varie città e dalla stessa Padova:c’era anche Cesare Crescente. Ecco il mistero svelato come un divertente gioco e ricomposto ora, andando a ritroso nel tempo: forse è la condizione di oggi che ci fa operare simili meraviglie. Ad ogni modo è bello ora riscoprire che c’era tutta quella folla intorno a noi a Praglia, che si era fatta cultura, insieme a Giorgio Soffiantini, sulla storia dei primi decenni del Novecento, che i vari collaboratori della rivista avevano poi letto il loro contributo, tra questi anche Angioletta Masiero! Avevano parlato anche (me lo ricorda Marta) Francesco Lucianetti, artista padovano, grande creatore di litografie e pure famoso fumettista più volte premiato, e Brunello Gentile, poeta e scrittore, autore anche dei testi per i fumetti di Lucianetti. Marta raccontava allora che l’artista le aveva creato il suo papiro per la festa della matricola. Quante trame di vita, di amicizie! Erano presenti anche la signora Segantin, la nostra Barison, tanti altri amici di Lino e suoi collaboratori. Questo momento di vita e di cultura veramente unico, rivisto nel tempo e completato dal gemellaggio a Badia Polesine, acquista ancor più spessore perché ci ha fatto stringere amicizie con altre persone, ma ci ha fatto conoscere anche la ricchezza culturale e artistica di un Polesine da noi non sempre abbastanza valutato. Quindi questo ricordo lentamente riaffiorato dalle nebbie del tempo, diviene un dovuto ad una rivista come il Ventaglio con il suo eccellente direttore, professor Lino Segantin, ad una rivista di grande valenza culturale e storica che ci fa riscoprire una dimensione altra di questo Polesine, affascinante paesagisticamente e con continue offerte culturali da noi non ancora adeguatamente onorate.
E grazie a Mara Barison, Milvia Romano, Bruna Barbieri, Marta Brunetta, Luciana Filippi, con l’auspicio che tutti noi del Cenacolo insieme, possiamo rivedere questi splendidi monumenti e approfondirne la conoscenza storica e artistica, con la speranza di raggiungere altri siti quali Loreo, Fratta Polesine, Adria, Grignano con la sua Comuna….
Così oltre la barriera del virus, lanciamo ponti-energia per reinventare il giorno e il dopo.
Maria Luisa Daniele Toffanin
Interni del teatro sociale “Piccola Fenice”. |
Nello storico monastero, documentata la assidua presenza di due attivisti del movimento cattolico, da cui nacque il PPI di don Sturzo
dal Ventaglio n. 90 “Schiavon e Soffiantini a Praglia”
On. Sebastiano Schiavon |
Battista Soffiantini |
Spazio di intensa spiritualità e di poesia, l’Abbazia di Praglia mi è particolarmente cara. Una volta al mese ospita un gruppo di appassionati, cioè il Cenacolo di Poesia ideato dall’abate p. Norberto Villa, poeta di Salmi del 2000, e dalla sottoscritta che abita a Selvazzano. In questi incontri nutriamo l’anima di cultura, allargando insieme rapporti umani amicali. Quindi i colli e la stessa Praglia fanno parte della mia vita da sempre, e recentemente ho avuto modo di scoprire una importante frequentazione della storica abbazia all’inizio del ‘900 da parte di due personaggi da non dimenticare: il padovano Sebastiano Schiavon e il polesano Battista Soffiantini.
L’on. Sebastiano Schiavon (Roncaglia 1883 – Padova 1922) era mio nonno materno e il suo importante impegno sociale nei primi due decenni del ‘900 è stato portato alla luce da mio marito, Massimo Toffanin, grazie ad un’appassionata ricerca sfociata nel saggio storico Sebastiano Schiavon lo Strapazzasiori. Una vita impegnata la sua nel Veneto, a Firenze, a Roma nella difesa degli umili (in particolare i bovari e tutti gli emarginati) per ridare loro dignità di persone. Un’attività frenetica che ha abbracciato la sfera sindacale e politica fino al contributo nella nascita del Partito Popolare Italiano.
Mio marito, negli archivi della biblioteca di Praglia,in un successivo approfondimento, ha poi ritrovato la Cronaca, redatta dal 1904 dai monaci, che parla delle frequentazioni dell’abbazia da parte dell’onorevole Schiavon legato da amicizia anche all’abate di allora Nicolini. Da tale ricerca emergono le notizie qui riportate:
“…Sono questi gli anni in cui, dopo il forte impegno sindacale e politico del biennio 1908/1910, la formazione del movimento cattolico mira ad essere religiosa oltre che sociale e politica, nella speranza di costruire cattolici militanti che operino nella società sotto la guida della gerarchia diocesana.
Vengono allora costituite dalla Diocesi a Praglia dal 1913 le cosiddette “Settimane sociali”, cioè raduni di giovani cattolici per la formazione di dirigenti a livello locale. Tale esperienza si ripete sempre nell’Abbazia nel 1914 con inizio dopo i Vespri di domenica 15 marzo e gli oratori sono Don Emanuele Caronti, Don Giovanni Alessi, il prof. Giovanni Battista Soffiantini di Rovigo e l’onorevole Sebastiano Schiavon. Giovedì 19 marzo, festa di S. Giuseppe, il cronista Padre Eusebio Camilli scrive che in chiesa l’orario è come nei giorni festivi e poco prima di mezzogiorno Sebastiano Schiavon, deputato di Cittadella, ha fatto visita ai giovani accompagnato dall’avv. Italo Rosa, altro dirigente cattolico padovano impegnato sul fronte sindacale.”
Oltre ai riferimenti relativi a mio nonno, la mia attenzione viene attratta da un altro nome spesso citato: quello di Battista Soffiantini (Somaglia 1878 – Badia Polesine 1950) della cui vita ho avuto modo di conoscere aspetti importanti grazie al volume “Un cattolico della prima metà del Novecento“. curato dal nipote Giorgio. Soffiantini è stato un personaggio di rilievo nella vita sociale, politica ed ecclesiale del Polesine, e mons. Lucio Soravito De Franceschi, Vescovo di Adria-Rovigo, nell’introduzione al volume scrive:”
…propagandista cattolico … conferenziere, sindacalista, democristiano della prima ora, collaboratore dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici di Bergamo, fondatore di Leghe Bianche e di Casse Rurali in Polesine. Ma allo stesso tempo è stato educatore (a Bergamo, Este e a Badia Polesine), promotore e amministratore dell’Istituto “Caenazzo-Bronzin” della città della Vangadizza; giornalista e scrittore di libri, di commedie e di poesie. E’ stato soprattutto un buon padre di famiglia e un uomo profondamente religioso (apparteneva al Terz’Ordine Francescano); ha promosso il primo Convegno giovanile cattolico in Polesine ed ha partecipato come applauditissimo conferenziere a diversi Congressi Regionali per i giovani, come pure agli incontri provinciali o regionali del Terz’Ordine Francescano, nonché agli incontri nelle parrocchie dei lavoratori, dei contadini e dei braccianti…”
Fermandoci a questi dati, Soffiantini appare un uomo dalle molteplici attività, poliedrico, impegnato nella sua lunga esistenza a riscattare la povera gente e a formare i giovani, vicino quindi al padovano Schiavon.
Aggiunge Armando Rigobello, prefatore del volume,
“…un grande socialista cattolico… che fa della sua passione sociale una professione religiosamente ispirata e un costante impegno etico-politico… che partecipa attivamente alle lotte sindacali e politiche…svolgendo la sua azione dalla Lombardia al Friuli, dal Veneto fino all’approdo a Badia Polesine…una biografia quindi di un eccezionale personaggio del secolo scorso delineata nel contesto storico dell’epoca.” E ancora sottolinea che “…l’esperienza di Battista Soffiantini nell’intervento sociale si allarga: dalla partecipazione alle speranze di promozione sociale dei lavoratori alle ferite private, a rilevanza pubblica, dell’infanzia e adolescenza abbandonate…”
Un personaggio polesano di grande spessore Battista Soffiantini, che frequentava Praglia proprio all’apertura delle “Settimane sociali” del 1913, invitato lì per tenere le sei conferenze sulla Rerum Novarum, in sostituzione di Pasquinelli di Firenze, come è documentato dall’Archivio Battista Soffiantini. Da una sua lettera successiva traspare il rapporto costruttivo con i giovani, che sapeva motivare e conquistare, nell’atmosfera da lui ben delineata di queste “Settimane sociali” scandite da particolari rituali.
Ecco qualche stralcio:
“Uno dei luoghi più adatti a una vita di preghiera e di studio è senza dubbio l’Abbazia di Praglia. Quei cortili vasti e silenziosi, circondati da magnifici colonnati, ariosi portici … Ora et labora, il programma dell’ordine di S. Benedetto; e Praglia, con la sua biblioteca e il suo coro, con i suoi ubertosi vigneti, i suoi fertili campi, è uno de’ luoghi che più si presta a vivere la regola benedettina. Fu qui che Antonio Fogazzaro trovò pace …”. E ancora “…Ci fui una prima volta nel 1913, quale insegnante della prima settimana sociale per i giovani della diocesi di Padova; vi tornai l’anno appresso per un’altra settimana; una terza volta ci fui per un ritiro spirituale con l’amico avv. Carlo Belloni, alla vigilia delle sue sante nozze. Trenta furono i giovani che presero parte alla prima settimana: li guidava l’indimenticabile don Giovanni Alessi … Vi trovai anime semplici … di contadini, operai… e studenti, uomini maturi, animati … dal desiderio di migliorare se stessi … di rendersi più utili nel campo dell’azione cattolica … Ogni mattina ci accostavamo alla messa servita per turno dai giovani … seguivano la colazione, un po’ di svago, due ore e mezza di discussione su temi religiosi e sociali …”.
Nella sua lettera Soffiantini sottolinea che i temi erano approfonditi da vari relatori con analisi anche della società del tempo e che a lui spettava il compito di presentare la Rerum Novarum. Si sofferma pure sulla grande attenzione dei monaci nei suoi confronti per preparargli il cibo perché lo vedevano molto mingherlino. E afferma che di queste esperienze culinarie e delle bevande offerte se ne ricorderà per un pezzo tanto che “… quando tornai a Praglia lasciai agli dei la loro… ambrosia; io m’accontentai di fresche limonate.”
Esperienze varie di studi e di vita ripetute per anni, citate dallo stesso Soffiantini e riferite pure dalla Cronaca benedettina fino al 1919, anno di fondazione del PPI e delle elezioni politiche. Da tutto questo stupisce che Battista Soffiantini nella sua lettera non nomini Sebastiano Schiavon che frequento Praglia nello stesso periodo: forse una dimenticanza?
In ogni caso la testimonianza provante della frequentazione nello stesso periodo del monastero benedettino da parte dei due personaggi ideologicamente così vicini è costituita dalla Cronaca redatta dall’Abbazia. Nello scritto i loro nomi appaiono ben evidenziati e soprattutto è importante avvertire il fermento che percorreva tutto il Veneto nei primi decenni del Novecento nello spirito di collaborazione tra anime affini, votate alla elevazione degli umili e alla formazione dei giovani.
Abbazia di Praglia
Figura sfumata vagante
nell’aria più spessa più rara
o corallo ardente nel sole
Praglia è mistero splendore d’energia
da secoli esplosa in nobile argilla.
Su erosi gradini il Tempo cammina
spalanca parete di luce accesa
da intarsi d’antica trachite,
abbraccia i colli da millenni
immobili, sopito l’arcano ardore.
Miei colli
desiato rifugio a poesia:
ancora pei sentieri Jacopo
invano a Teresa recita amore.
Echi lontani, vivi a svanire mai.
E dalla Parola vinto s’arresta
il Tempo e si condensa nel silenzio
di mani accordate
sulle vigne e sui codici miniati
di voci oranti chiuse
nell’armonia del sacro canto
di madonne e angeli sospesi
in tenui pastelli a volute.
E noi tutti presi da un’onda mite
d’ulivi e cipressi e di germogli lieta,
nell’incanto-incontro d’arte e creato
rinasciamo immacolati come la prima alba.
(da “Per colli e cieli insieme mia euganea terra” di Maria Luisa Daniele Toffanin).