Per colli e cieli insieme mia euganea terra


Magico ricupero della presentazione della silloge

maggio 2004

relatori Mario Richter e Luciano Nanni – letture di Federico Pinaffo

In questo periodo virale, in cui ci è caro ricuperare ricordi per crearci un terreno solido del nostro vissuto quale forza per affrontare il presente e poter sperare in un futuro, mi è capitata fra le mani la traccia della presentazione di “Per colli e cieli insieme mia euganea terra” (La Garangola Editrice, 2002) nella villa Ca’ Emo in Monselice. Sì, un fatto molto lontano ma indimenticabile nell’insieme e per il luogo, sede allora del Parco Colli che aveva con patrocinio oneroso favorito la pubblicazione del libro, e, appunto, per l’organizzazione là della prima sua presentazione.

Relatori Mario Richter e Luciano Nanni, letture di Federico Pinaffo. Perfetto l’insieme dei relatori, bellissima la cornice, e pure il tavolo da noi ornato con lunarie e alchechengi le cui bacche ricche di vitamina C saranno molto gradite al prefatore del libro. L’organizzazione era stata affidata ad un’agenzia che avrebbe dovuto curare le locandine e il servizio fotografico (inesistenti entrambi) e un brindisi finale. Il direttore Silvio Bartolomei si dimostrava irritato per queste inefficienze e per il ritardo di molte persone in difficoltà con la macchina da sistemare vista la locazione di Ca’ Emo. In un attimo però l’atmosfera si ricomponeva in un clima di armonia perfetta anzi direi di un’empatia che si respirava nell’aria alla lettura delle poesie, alle approfondite ed eccezionali relazioni: si avvertiva che tra i presenti e il libro si era creato un legame profondo come se i colli circostanti fossero entrati nella sala di Ca’ Emo e lì goduti nell’interpretazione dell’autrice. Tanti i “bravi”, “bella questa” si sentivano riecheggiare nell’aria sempre spontanei ed effervescenti. Sublime la lettura di Federico, pacata e solenne: sembrava che l’anima stessa del paesaggio parlasse in lui. E alla fine numerosi gli interventi di Vittorio Ingegneri, direttore di Quatro Ciacoe, e della stessa Marta Brunetta: “Ci sei tu nei versi ma riesci anche ad estraniarti in modo che non ti appartengono più ma siano patrimonio di tutti”. Quest’atmosfera di complicità tra i colli e i presenti è qualcosa di unico, eccezionale, sembra appartenga oggi, in questo momento di livore, ad un’epoca lontana, più di 100 anni fa. Insomma ci si ritrovava tutti amici legati da un comune sentire.

Luoghi del viaggio collinare

Monastero Benedettino Abbazia di Praglia (www.euganeamente.it)

Villa dei Vescovi (www.visitabanomontegrotto.it)

Andando a ritroso, interessante è il discorso introduttivo del direttore Bartolomei che racconta un po’ la storia di questo libro di poesia, l’unico caso di patrocinio del Parco per una silloge poetica.

E così addentriamoci nelle parole vive dei relatori. Nel ricupero, confuso ora dall’assenza di serenità, mi riecheggia però autentica la voce di Mario Richter confermata dalla sua splendida prefazione e pure dal saggio “La poesia di Maria Luisa Daniele Toffanin”. La riporto nella verità delle sue parole:

Nella raccolta Per colli e cieli insieme, mia Euganea terra – percorso d’autunno – del 2002, la Toffanin torna con sentimenti rinnovati e particolarmente inteneriti alla sua terra. Come è già bene annunciata dal titolo, la più rilevante caratteristica di questa nuova esperienza lirica è la fusione – favorita in modo determinante da particolari scansioni ritmiche – di sentimenti e cose. Si capisce che questa fusione ha radici solide nell’amore. Prendiamo, ad esempio il testo XXIX (p. 55). Solo a leggere la prima strofa, si rimane tutti presi dal largo respiro di associazioni e d’ immagini:

È l’Amore la luce d’oro / leitmotiv che tutto percorre l’universo / e l’arco nostro di sole / nel dono di sentieri di ginestre / nell’offerta di parole e di gesti.

Qui la nostra immaginazione è portata a percorrere un vertiginoso percorso che dalle vastità dell’universo ci riconduce alla porzione di sole riservata alle nostre povere vite individuali, al “dono” dei sentieri bordati di ginestre fino alle parole e ai gesti della nostra semplice quotidianità.

Direi che questa “luce d’oro” assicura l’unità complessiva dell’intera raccolta, che quasi assume il valore di un breve ‘canzoniere’. Per questa via la Toffanin scopre nella natura (che è appunto quella dei Colli euganei) il suo fervore vitale, la sua strutturale positività, il suo messaggio segreto, sempre da lei sentito come privilegio e, appunto, come dono.

In ogni testo di questa raccolta avvertiamo che la Daniele Toffanin ci porta a perlustrare con sorpresa qualcosa di vero, di profondo e autentico, qualcosa che noi tutti proviamo senza però sapergli dare un’espressione, una forma che ce lo renda chiaro alla coscienza nella sua specifica, nella sua luminosa verità.

Le cose non sono mai descritte, non sono mai lasciate nella loro inerte separatezza, nella loro fredda e distaccata oggettività, nel loro essere altro (che di solito non va al di là di un ‘altro’ di convenzione). Al contrario, nella particolare esperienza della Daniele Toffanin, le cose sono portate alla presenza e alla vita tramite un vigoroso atto d’amore che il più delle volte risulta vittorioso, imprimendo ai singoli versi un respiro che si trasmette al lettore in modo quasi concreto. È un atto d’amore fatto di energia, di partecipazione vitale, di primordiale fiducia nel creato e nel suo senso. Alla luce di ciò, l’”insieme” del titolo s’illumina nel suo duplice possibile significato, riferendosi, certo, ai “colli e cieli” e forse all’unitarietà della raccolta, ma anche a un andare “per colli e cieli” insieme, cioè in compagnia di due o più persone, e magari con tutti noi. Basti osservare, ad esempio, come i fiori entrano nello spazio umano e si confondono, per gente che va e osserva, col mistero delle nostre sillabe (VIII componimento):

E si va in radure / smarriti all’incanto / di fiori e sillabe strane. // Topinambur esotico Suono / che a danza ci muove / nel sogno del giallo…

In tutto ciò c’è spesso anche, naturalmente, l’esperienza del dolore, che tuttavia nella Toffanin, come già abbiamo avuto occasione di accertare, non prende mai il sopravvento. In lei il dolore è tenuto sotto controllo, non gli è concesso di avvilire la forza creatrice. Infatti, quando appare col suo insopportabile peso (specie nel ricordo delle persone care e perdute), è subito trasformato in immagini lievi, in colori vivi e delicati, in chiare e rasserenanti visioni. Insomma, il dolore, ad ogni sua apparizione, risulta sublimato, illuminato da una fondamentale riconfortante fiducia:

Trepido a ombre del morire, s’accende / il vivere in lampi dorati dentro (XVI, p. 36).

Ogni incontro col mondo si fa esplorazione-creazione ed è ad ogni passo in grado di rivelare insieme la realtà complessa dell’anima e quella della natura (la natura dei colli). Il momento fugace della contingenza si sposa con l’Eterno, la natura respira e le cose mute parlano.

Così si attua una sorprendente rivelazione di vita, di vita segreta. “Si sente – per riprendere le pertinenti parole che Andrea Zanzotto (a cui i Colli euganei sono particolarmente cari) ha voluto scrivere su questa raccolta – che questo discorso già nutrito continuerà col più costante senso di amore-dovere progredendo in un necessario cammino”.

Disegni a china acquerellata di Marco Toffanin

E si procede, attraverso la intensa lettura di Pinaffo, alla volta del secondo relatore il cui intervento è qui ricostruito sulle tracce ritrovate.

Luciano Nanni sottolinea che la plaquette, costituita da 32 liriche arricchite da illustrazioni di Marco Toffanin, è un viaggio attraverso i colli Euganei, un microcosmo della natura, ma anche attraverso il mondo degli affetti famigliari. E subito ne evidenzia la struttura sottolineando che l’autrice riesce bene a curare sia l’impostazione del libro sia la forma sempre con una grande attenzione alla metrica compenetrata dalle proprie capacità espressive e dal proprio Io inventivo. Non si limita cioè a descrivere la natura in veste pittorica come pura immagine ma la rappresenta in una dimensione personale e la vivifica con la propria personalità, con il proprio mondo intimo di affetti per cui questo insieme di pensiero e di natura diviene talvolta storia di un luogo, di un paese e insieme riflessione sulla propria esistenza.

Quindi è proprio un viaggio (in una poesia la nostra cita anche Ulisse) attraverso i colli ma anche attraverso lo spirito, in altre parole il paesaggio è interiorizzato nel procedere delle 32 tappe. La tematica è resa varia dalla presenza dei simboli: la luce, per esempio, è elemento qui fondamentale ed è simbolo di speranza proprio dove c’è la coscienza del dolore e della sofferenza. La sfera è altro simbolo di perfezione cioè della casa-sfera, luogo degli affetti e dei grandi valori che l’autrice riesce a trasferire grazie a questi simboli rendendoli poesia. Grande attenzione, da parte del relatore, anche al linguaggio che penetra nel cuore delle cose e permette al lettore di farsi un’idea propria di quanto detto, cioè di capire l’armonia che muove la prima lirica, l’arcano sotteso nella seconda e le tante altre componenti letterarie, umane di questa composita plaquette; in realtà, a suo avviso, sarebbe da esaminarle una per una perché appunto ognuna dona una nuova offerta poetica.

Il discorso di Luciano Nanni si addentra ancora in analisi tecniche ed estetiche adatte ad un pubblico che desidera saperne sempre di più. Con le sue belle immagini e con gli interventi del pubblico citati all’inizio si chiude la presentazione seguita da un breve brindisi. Palpabile ancora, nel momento dei saluti, l’atmosfera rinata alla bellezza eterna del paesaggio collinare.

Un pomeriggio di grandi emozioni giustamente ricuperato nel tempo e riportato ora alla luce.