Il quaderno per i bambini senza scuola ai tempi del virus
Progetto realizzato dal “Cenacolo di poesia di Praglia” “Insieme nell’umano e nel divino” per manifestare vicinanza a bambini e ragazzi in questo passaggio non certo facile
Macedonia di Colori, Suoni, Emozioni
Al tempo del coronavirus
Maggio 2020
Presentazione
C’era una volta in una scuola all’ombra dei colli Euganei un’insegnante con tanti ragazzini che imparavano le cose ed erano insieme felici. Poi sono cresciuti, sono diventati grandi e spesso pensavano ai loro insegnanti che, è vero, rimangono un po’ nel cuore per sempre. Una di loro è una ragazza di nome Daniela che è diventata poi maestra, ma non ha mai dimenticato la sua vecchia professoressa Maria Luisa e anche lei la ricordava sempre con affetto. Così un giorno di primavera si sono ritrovate in un prato di soffioni come due grandi amiche che amavano le stesse cose. Questo per dirvi, cari bambini, ragazzi, giovani che i vostri maestri o professori, anche se non li vedete come prima, magari solo online, vi hanno sempre nel cuore e non vedono l’ora di ritrovarvi insieme ai vostri compagni: quel giorno sarà grande festa. Adesso bisogna avere pazienza come fanno i semini sotto terra prima di uscire e diventare piantine, come fanno i boccioli di rosa che attendono rugiada rugiada prima di farsi corolle e splendere nel sole. Ora bisogna imparare a scoprire queste piccole cose della natura insieme ai genitori, fratelli e capire la bellezza che abbiamo intorno così dall’esempio di Madre Natura si cresce forti e coraggiosi come Braccio di Ferro. Ed ora Daniela, insieme a PierMarina, Luisa, Marta, Paola, Arrigo e Giancarlo vi dedicheranno delle filastrocche e dei testi creati per voi.
Filastrocca del soffione
Il soffione è tutto tondo
tondo proprio come il mondo,
come la bianca palla della luna
che infinite stelle intorno a sè raduna.
Il soffione è una sfera delicata e gentile
che ondeggia lieve nell’aria tiepida d’aprile,
tra fili d’erba e fiori gialli come il sole
dove laboriose formichine fanno capriole.
Cresce nei prati lungo i cigli e nei giardini,
attende il respiro dei giocosi bambini
che tra le dita ne colgono lo stelo
e soffiando soffiando lo svolano nel cielo.
Soffia, bambino, soffia sul soffione
e d’incanto ammirerai tutta un’esplosione
di piumette piccine volteggianti e lievi,
ti porteranno verso un mondo che non conoscevi.
Un mondo nuovo ricco e pieno di sorprese
un mondo di avventure e di eroiche imprese.
Vai, bambino, prendi il tuo soffione. Sei pronto? Via!
Svola, svola come le piume sulle ali della fantasia.
Daniela Babolin
Ti piacerebbe essere un soffione?
A cosa assomiglia, secondo te, un soffione?
Se tu fossi la piumetta di un soffione dove ti piacerebbe volare?
La Primavera è
La primavera è un pulcino pigolante e distratto
rintanato nel suo guscio, ma non è che sia matto!
Vorrebbe tanto uscire a beccare e giocare
ma con pazienza aspetta e continua a sperare.
La primavera è un batuffolo di neonato coniglio
morbido e bianco dorme nel suo giaciglio.
Vorrebbe presto correre a zampettare sull’erbetta
ma mamma gli ripete: – Aspetta, aspetta!
La primavera è un simpatico verde ranocchietto
che ride e che gracida nello stagno ormai stretto.
Fuori dall’ acqua vorrebbe saltare
ma mamma con occhioni spalancati lo sta a controllare.
La primavera è una rondinella dalla coda biforcuta
che un bel po’ si è allungata e ormai è cresciuta.
Nel nido di fango rimane a pazientare:
già sa che con mamma tra un po’ potrà volare.
La primavera è una rossa vivace coccinella
con le amiche sogna di andarsene bel bella.
Desidera tanto passeggiare su una foglia
ma ancora per un po’ dovrà tenersi questa voglia.
La primavera è un bambino che studia e colora
pensa ai suoi amici e ai nonni ogni ora,
vorrebbe uscire a giocare abbracciando tutti quanti
compagni zii cugini e altri tanti e tanti,
ma come l’impaziente canterino ranocchietto
la rondine nel nido e la rossa coccinella
il coniglio morbidoso e il pulcino pigolante,
sa che deve attendere con pazienza d’elefante.
Tra un po’, ancora un po’, potrà uscire dal giardino
correre sui prati e giocare a nascondino
andare a rugby a danza o in piscina e al mare
incontrare tante amiche e per ore chiacchierare
calciare coi compagni il pallone su nell’aria,
ritornare nella scuola ora vuota e solitaria.
Eh sì, cari bimbi belli tutti, ve lo dico in un orecchio,
siete proprio tanto bravi a resistere parecchio
con la forza e con pazienza contro un virus pazzerello
che da un po’ se ne va a spasso e combina il brutto e il bello …
Ma su dai, coraggio, prima o poi lo scacceremo via!
E allora sarà festa e gioia e canti in coro e allegria,
sarà piena primavera di rinascita e magia.
Daniela Babolin
Bambini ora si gioca
Bambini, ora si gioca un gioco
nuovo come a carnevale
con guanti e mascherine
che si può anche cantare
tutti in coro come a Natale.
Noi siam le mascherine
con gli occhi a mandorline
venute da lontano
andiamo in tutto il mondo
per la festa della vita
giochiamo al girotondo
ma a distanza sociale
fino a stringere insieme
– è solo virtuale –
intero il mappamondo.
Bambini, pure a distanza si gioca
altra novità del tempo
chi sa stare più lontano dall’amico
vince la scommessa nella ruota della vita
chi sa stare più lontano
è più vicino al suo cuore
difende la sua e altre persone
vince la gara del rispetto.
Nascerà così un mondo migliore.
Bambini, avevamo solo sette anni
cantavamo con Paperini
il maestro cieco al pianoforte
noi siam le zingarelle venute da lontano
e i nostri piedi allegri in danza.
Il magico Verdi ne era fiero.
La voragine della guerra ormai colmata
in cori e balli si diceva alleluia
alla vita in noi rinnovata
da un comune volere-volare insieme
sempre più in alto.
San Domenico, 16 aprile 2020
Maria Luisa Daniele Toffanin
Filastrocca della settimana
Sono a casa con la mamma,
zappo, pianto, aiuto molto,
presto avremo un bel raccolto.
Poi mi prendo l’altalena
babbo spinge di gran lena;
vado in alto fino al cielo,
sfioro i fiori del gran melo.
Passa in fretta il tempo vola
e fiorisce la mia aiuola.
Babbo, mamma state qui
state a casa ancora un dì.
Non ci sono più bambini
Non ci sono più bambini
C’è silenzio nei giardini
I papà sono al lavoro
e le mamme anche loro.
Nonno ascoltami un pochino
sono un bravo nipotino.
Con le carte vuoi giocare
o ti aiuto a cucinare?
Io sto buono e silenzioso
se hai bisogno di riposo
Poi ritorno a casa mia
la più bella che ci sia.
Fratelli
Fuori giochiamo Carletto nel prato,
guarda fratello che bello il fioretto;
metti una foglia, facciamo un pranzetto;
facciamo una corsa, cantiamo d’un fiato
il canto che bolle dentro nel petto.
Mamma seduta sopra il muretto
alza la testa, drizza la schiena,
corre un sorriso nell’aria serena
poi si riprende il lavoro che chiama,
presto è passata la pausa nostrana.
Filastrocca della nonna
Filastrocca della nonna
che sta seduta sulla poltrona
e tutto il tempo lei ragiona.
C’era una volta una bambina
bella vispa e tremendina,
C’era una mamma, c’era un papà,
c’era una zia tutta umiltà
e c’era Bernardo un poco in ritardo.
Sono tutti andati via,
dico sempre un’ Ave Maria.
Ora ci sono figli e fratelli
e nipoti giocherelli.
Chi è lontano, chi è vicino
Tutti presenti alla poltrona
Non basta più una sola corona.
Nonna li pensa e parla, se vuoi,
non basta il tempo per tutti noi.
Luisa Segato
(autrice di tutte quattro le filastrocche
Il girotondo delle farfalle
Variopinte son tutte le farfalle del mondo,
danzano e volteggiano in gioioso girotondo.
È arrivata la bella stagione
e le farfalle appaiono sul balcone.
Ce ne sono di tutti i colori
e si posano leggere sui fiori.
Succhiano il nettare e veloci sfarfallano via,
altro fiore, altro volo con allegria.
Variopinte son tutte le farfalle del mondo,
danzano e volteggiano in gioioso girotondo
Solitaria una tutta bianca
vola veloce, ma poi si stanca,
si riposa su una rosa scura
ma una bimba la cattura.
Pentita, la lascia in libertà
perché sfarfalli in felicità.
Pensa la piccina: “Non ha verso,
ma vola per l’intero universo.
Non se ne può imitare il suono,
ma è possibile simularne il volo:
si crea il movimento delle ali
ondeggiando ritmicamente le mani!”
Variopinte son tutte le farfalle del mondo,
danzano e volteggiano in gioioso girotondo
Anche noi, come farfalle, voliamo verso il futuro
che un raggio di sole renderà più sicuro!
Torneremo con entusiasmo sui banchi di scuola
e basta con la noiosa telescuola!
Torneremo liberi nei parchi e giardini
a giocar a palla con altri bambini!
Torneremo a casa degli amati nonni,
ad ascoltar le loro belle storie siam pronti!
Variopinte son tutte le farfalle del mondo,
danzano e volteggiano in gioioso girotondo
PierMarina Benvegnù Valle
Colloquio con i nipoti (in ambiente bilingue)
David al nonno:
Me l’hai detto: sono il tuo bimbo!
Sono il tuo dono,
prima non c’ero, ora ci sono.
Ricevimi allora tra le braccia
lascia che ti accarezzi la faccia.
Sarò tuo per il futuro!
Mi hai chiamato
sono arrivato.
L’orizzonte che sogni
è quello che tracci
ora attendo i tuoi abbracci.
Sussurri di Miriam
Opa-nonno, deim Liebe
ist mein Heim!
Sì, Miriam, anche
il tuo amore senza dubbio
il tuo abbraccio senza avvertimento
il tuo sorriso libero come salto in una pozzanghera
per vedere gocce di luce fino al cielo.
Occhi mi dicono:
tutto è nel nulla
la vita è nel tutto.
1/5/20 14
Nonno Arrigo
Filastrocca
Da videochiamata:
Quando vieni qui nonnino
che ti voglio star vicino?
Ich verstehe italienisch, alles.
Capisco italiano tutto
ma parlarlo qui è brutto.
Qui si parla solo tedesco.
Non puoi chiedere “pane fresco”
se quel bianco vuoi mangiare.
Io ti aiuto, PARLO IO.
Dire “brot” è sufficiente
non ci vuole proprio niente!
…..Miriam…
Da un ignoto imitatore di Sergio Toffano (1886-1973)
Rielaborazione
Qui comincia la sventura
del signor Bonaventura
che da un mese è ormai ristretto
tra cucina sala e letto
da severa – ahimè – ordinanza
che di uscire non dà speranza
salvo che per un momento
solo per metri…duecento.
C’è però molt ’opportuno
comma centoquarantuno,
contenente un’eccezione
che consente l’evasione:
“Se il bassotto ha da urinar
tu lo puoi accompagnar”.
Detto fatto, l’eroe nostro
che è più furbo di Caliostro,
al cagnolino versa in gola
un bel po’ di Coca-Cola
e con gran disinvoltura
fuori in strada si avventura.
Ha con sé per precauzione
l’autocertificazione.
Il malvagio Barbariccia
con in mano bomba e miccia
vuole osare un efferato
catastrofico attentato.
Mette tutto il malfattore,
sotto l’auto del questore
alla miccia appicca fuoco
pur che scoppi da lì a poco.
Ma lì a un passo c’è il bassotto
che la vede, va di sotto
dove il fuoco ormai divampa:
e poi lesto alza la zampa
e con pronta esecuzione
fa robusta inondazione,
cosicchè la miccia è spenta
e l’orrendo scoppio sventa.
E’l questor per guiderdone
a quel cane e al suo padrone
toglie la contravvenzione
e dà in premio UN BEL MILIONE.
Arrigo Brocca
Cantilene
Chi ha cantato di tutto cuore e con gioia
Ama ciò che ha cantato,
ama colui per il quale ha cantato,
ama coloro con i quali ha cantato.
Se oggi seren non è
doman seren sarà
se non sarà seren
si rasserenerà
Gigi cerca il suo berretto
dove mai l’avrà ficcato
nei cantucci sotto il letto
va cercar tutto affannato
cerca sbuffa smania e pesta
poi s’accorge che l’ha in testa
Marta Brunetta Duso
Piccole ore
Chi ben comincia: ore 7.00
Mi alzo dal letto
mi lavo, mi vesto,
mamma mi dice
di fare presto,
babbo prepara
la colazione
io mi consolo
guardando un cartone.
Mi lavo i denti
le scarpe mi metto
carico in spalla
lo zainetto,
ripasso a mente
la mia lezione …
mancherà tanto
per la pensione?
Il dubbio: ore 8.30
Niente di nuovo
questa mattina:
nessuno sciopero
o caro benzina.
Stanno arrivando
ad una ad una
le mie maestre:
la bionda la bruna.
Quella coi ricci
quest’oggi è nervosa
perché suo figlio
si sposa.
Io dal mio banco
guardo lontano
mentre la penna
mi prende la mano;
sono convinto
d’essere in vena
e non m’accorgo
di andar fuori tema.
Il risultato è scoraggiante…
ma andare a scuola
è davvero importante?
Dalla finestra: ore 9.30
La lezione è cominciata
cercherò di stare attento
ma il pensiero mio è agitato
corre, vola come il vento.
Mi rivedo dalla nonna
in campagna, quest’estate
tra la cacca delle mucche
con il nonno… che risate!
L’erba sotto i piedi nudi
era fresca e profumata…
quante volte a letto tardi,
…quella sera che stellata!
“Il sole è una stella”
dice seria la maestra
“…e la terra lo corteggia”
Io lo guardo dalla finestra.
Si nasconde tra le nubi
sembra giochi a nascondino.
Questo sole è come il nonno:
un po’ vecchio e un po’ bambino.
Adesso ho capito: ore 11.15
La campanella
d’un tratto squilla
fuori c’è il sole
tutto scintilla.
Dopo la pioggia
le foglie bagnate
sono specchietti,
fiammelle stregate.
Via, tutti fuori,
si gioca a pallone …
adoro fare ricreazione!
Le spinte, i giochi,
le litigate
sapessi almeno
chi le ha inventate!
Se l’incontrassi
sai che farei?
Senza pensarci
io gli direi:
“Del brutto voto
in geografia
che me ne importa,
che vuoi che sia
se ho tanti amici
con cui giocare.”
Pensa se avessi
da lavorare!
Povero papi..
adesso ho capito
perché la sera
è tanto sfinito.
Tra un contrattempo
ed una riunione
gli manca un tiro
con il suo pallone.
Sotto il giubbotto: ore 13.00
Un gattino spaesato
sui gradini s’è piazzato
e sgranando gli occhi blu
sembra dirmi: “Vai anche tu?”
Escono tutti da questo portone
e se nessuno gli presta attenzione
io non riesco ad andare avanti.
Metto la sciarpa, mi infilo i guanti
ed in barba all’allergia
prendo il mio micio e lo porto via.
Sono a casa in un minuto,
mamma mi apre
e già il primo starnuto
rivelato le ha di botto
cosa nascondo sotto il giubbotto.
Ci guardiamo:
io, il gatto e la mamma
(non è più lungo d’una spanna),
lo so già che non posso tenerlo
ho soltanto giocato a non saperlo.
La differenza: ore 15.30
È un pomeriggio
uggioso d’inverno,
sto addormentandomi
sopra il quaderno,
non è il mio forte
la sottrazione …
e se accendessi
la televisione!?
C’è il mio cartone preferito
acc … il mio eroe
è a terra, è ferito.
Dall’armatura scintillante
spuntan sei punte
di diamante.
Lo vede il drago
in cielo librato
(se arriva mamma
sono spacciato)
ne mangia due
per colazione …
ecco che usciva
dalla mia sottrazione!
Solo adesso: ore 17.30
Ho finito di studiare,
guardo la sveglia:
è ora di andare.
La sacca è pronta,
ho le scarpe, la tuta …
urka che idea
che m’è venuta!
Ci ficco dentro
anche qualche giochetto
o il mio video prediletto
e tra un canestro
e un terzo tempo
ne farò scambio…
son proprio contento.
È una forza questo gioco:
diverte me
pure il babbo non poco.
Perfino mamma
ci si appassiona.
Come si agita
su quella poltrona!
Ma loro due
mi amavano anche prima
che possedessi
questo coso intrigante.
Per certi amici
invece solo adesso
stranamente
mi sono fatto importante.
Ore 19.30: Ultimo atto
Sono stanco
tornando a casa.
Sembra un viaggio
qualche metro di strada.
Ultimo atto
la doccia e la cena;
ancora a scuola
domattina …che pena!
Apro la porta
mi fiondo in cucina,
mamma è più calma
di questa mattina.
Mi saluta
poi mi invita a sbrigarmi
(nemmeno il tempo
di rilassarmi).
Sotto la doccia
mi sfogo a cantare
a squarciagola
(mi solleva il morale)
la mia canzone preferita;
mi asciugo in fretta…
che dura la vita!
Sono pronto
ritorno in cucina
sopra il mio piatto
c’è una bustina.
La apro e quasi
vado in affanno:
son due biglietti,
li aspettavo da un anno.
Domenica prossima
io e papà alla partita
della mia squadra …
che bella la vita!
Paola Pampaloni
Immagini della primavera
Felicità-magia bambina
Magia del campo, Giulia
sono i soffioni
colore di seta.
Catturano dentro
occhi labbra
perfino il respiro
d’ogni bambino.
Da un alito lieve
un grande stupore:
mille farfalle
frange setose
sospese nell’aria
gioco inventato
da maga natura.
E su ali di vento
gli esili sogni
vanno lontano
a creare distese
di altri soffioni.
Felicità, Giulia
dono del campo
anche per Marco.
Aprile 1996, 2013
Maria Luisa Daniele Toffanin
Daniela ha reso la magia del soffione con una dolce fantastica filastrocca per i più piccini. Con il linguaggio essenziale della poesia, io racconto l’incanto di un campo di soffioni per Giulia, allora bambina, e per tutti i bambini di ogni tempo. E la racconto a lei, a voi cari ragazzi ormai cresciuti, perché possiate guardare con occhi nuovi questo spettacolo della natura. Sì perché è proprio uno spettacolo vedere mille farfalline-frammenti di seta volare nell’aria verso mete lontane, solo per un alito bambino su uno dei tanti soffioni, mappamondi setosi di piccoli semi di tarassaco o dente di leone, amici del vento che, per un gioco intelligente della Gran Madre, si spargeranno ovunque creando altri altri soffioni. Forma questa di disseminazione anemofila, voi non ci crederete, oggetto di studi scientifici. Non voglio farvi una lezione di scienze perché mi odiereste, vi confido invece una mia intuizione. Anche noi umani possediamo questa ricchezza di semi raccolti nel nostro soffione interiore, da diffondere intorno a noi. Lo immaginate già, sono tutte le nostre emozioni, idee, sogni, attese, delusioni che con il soffio della nostra fantasia in mille modi possiamo inviare ad amici, cugini, insegnanti, stretti nel nostro stesso disagio di ora. E così si crea una rete infinita di magie, energie, vibrazioni intime. Ecco che ti viene il guizzo di scrivere al computer una lettera alla nonna mai scritta prima o di fare una telefonata ad un’amica lontana o una chiamata vocale al cellulare, tanto di moda, per proiettare intorno quello che hai dentro. Puoi variare anche con una suonata al pianoforte, alla chitarra, al flauto con una bella canzone con la finestra aperta per comunicare con gli altri che condivideranno emozioni, sogni, pensieri o si incontreranno con te spiritualmente in una fuga di note. Così all’interno, all’esterno della casa, tante farfalle divenute parole, uscite dalla tua anima, possono creare in famiglia, fra gli amici una distesa di soffioni-emozioni che daranno a tutti benessere e fiducia nelle nostre grandi risorse interiori. Anche un breve giro concordato in bicicletta, a distanza sociale, la lettura in contemporanea di un libro di fantasia, d’avventura possono creare nuovi orizzonti per formulare insieme progetti per il dopo. Pensate quanto contenti sono Giulia, Marco e altri bambini ad aver dato vita ad un magico volo di frammenti setosi che creeranno altri soffioni lontani, motivo di gioia ancora. Quindi questo che sembra un gioco può creare la differenza nelle nostre giornate in cui col soffio della fantasia possiamo vincere l’apatia, la pigrizia inventando invece inattesi scambi di sentimenti, scampoli di umanità. E può essere questo motivo di un attimo felice, di un senso nuovo dato a questo arduo passaggio esistenziale. Inoltre, fidatevi, questi riti magici sparsi nell’aria, nel vento si ripetono ogni anno e sono espressione anche di una fede nella vita che ritorna, nel creato e nella nostra stessa esistenza che riprenderà un po’ alla volta i ritmi di quel beato quotidiano scandito da abitudini scolastiche, ginniche, musicali ed altro. Dobbiamo crederci! Scusatemi se ho abusato della vostra pazienza, ma scoprire che abbiamo dentro almeno un soffione ricco di semi non è da tutti! Dai, volete fare un disegno o scrivere una frase? Vi lascio lo spazio. Così staremo ancora insieme nel mondo incantato di parole nuove, prima non dette per mancanza di tempo, per pudore… mah, decidete voi!
Giallo di Primavera
Vestita di sole
mi chiedi, Giulia
perché
tanto giallo
esploda nei campi, nei prati
fra il verde dell’erba?
È il sole
disceso dal cielo:
ha preso parvenza
di fiori per dare colore
alla terra
di grigio malata d’inverno.
E l’uomo
al calore solare
si sente rinato:
riprende a creare,
inventare la vita.
Marzo 1996, 2013
Maria Luisa Daniele Toffanin
Mi rivolgo ancora a Giulia, mia nipote, perché il rapporto fra nonni e nipoti è uno fra i più bei doni della vita: è il segno degli affetti genitoriali riconfermati, è il segno della continuità dell’esistenza rinsaldata in sentimenti profondi e sinceri, fidatevi. Rapporto tra i più sofferti ora per l’impossibilità di stare insieme, di stringersi in un abbraccio.
Ha ragione Giulia a sottolineare che il primo colore della primavera è il giallo: basta pensare alle stelline d’oro del falso gelsomino, alle forsizie, ai fiori del tarassaco, ai ranuncoli e alle prime rose senza spine. E piace l’idea che in essi si manifesti la forza del sole nuovo della primavera. Ma quest’anno questa primavera è come l’attesa di una nuova rinascita di cui sentiamo l’esigenza, l’urgenza, come di una forza che ci purifichi da tutti i mali. Ma anche l’attendiamo come conferma ai nostri sogni, alle nostre speranze che, in qualche modo, la Gran Madre ha già iniziato a realizzare: paziente e devota è ritornata con le sue giocose fioriture in tempi diversi secondo un ordine divino. L’amiamo tanto con i suoi colori e i suoi profumi e le sue sorprese ma non l’abbiamo rispettata abbastanza e noi, ragazzi, mettiamoci tutti insieme con Greta per trattarla in altro modo perché è la nostra vera Casa. Ne siete convinti? Così crediamo che questo sole di primavera nuovo ci potrà aiutare ad uscire dal tunnel virale o ci potrà insegnare a guardare con pazienza ad altre fioriture interiori-progetti da compiere domani per riprendere-reinventare ogni giorno la vita. Sarebbe quasi da scrivere un inno per propiziarci Madre Natura.
Occhi di Madonna
Donaci Signore sempre
stupore all’azzurro sfilato
in esili occhielli
per tela d’erba tenera
occhi di Madonna
in sogni bambini scesa
a spargere celesti riflessi
sui prati del tepore
ché nei nostri passi sulla terra
scorgiamo segni vivi
del suo materno sguardo.
11 marzo 1999
Maria Luisa Daniele Toffanin
Gli occhietti della Madonna, il più umile fiore, crescono ovunque, devoti, sinceri, ritornano ogni anno e ci segnano i nostri passi. Ed ecco che il pensiero corre alla Madonna come se i suoi occhi ci seguissero ogni giorno, ogni momento, attraverso la natura per dirci che ci è sempre accanto. D’altra parte non è da stupirsi perché la natura veramente ha qualcosa di divino che ora ancor più ci stupisce. Di umano purtroppo ci sono solo segni di devastazione di questo grande patrimonio che ci è stato affidato e che si rivela pure in questi umilissimi primi fiori di primavera. Certo che se fossi brava vi farei un acquarello con una distesa di tutto quell’azzurro variegato sfilato in esili occhielli – occhi di Madonna – per tela d’erba tenera. La natura allora fonte di meditazione continua, di messaggi prima mai ascoltati, si rivela maestra da seguire per il dono continuo del Bello, per le scoperte di Nuovo che ci fanno crescere dentro e che ci avvicinano al divino. D’altra 26
parte, già dai primordi della filosofia greca, l’uomo ha sempre cercato il trascendente, chiamato con nomi diversi, come ricerca interiore dell’infinito e come risposta ai nostri quesiti. Quindi è normale, direi che è giusto, che in questo momento si ricerchi appunto l’aiuto di un essere superiore che ci dia luce e conforto insieme nelle strettoie del procedere anche avvicinandosi ai fiori.
Mentre vi scrivo vedo che volano nell’aria bianchi magici piumini. E così vi leggo solo queste due poesie che rievocano particolari fenomeni ed altri che Madre Natura dona a tutti noi ogni anno e che offrono occasione per meditare in libertà. Le affido alla vostra sensibilità.
Bioccola il pioppo
Bioccola il pioppo
nel limpido vento
su cascate di glicini
e macchie di rose.
I colori gli stessi
altra la stagione
del cuore
che gioia traeva
da un fiocco rincorso
afferrato per primo.
Ignaro era allora
dell’essenza nascosta
nei bianchi piumini:
miraggi (illusioni) di pura felicità.
Ora che braccia
non cingono
il tronco dei pioppi
già basta mirare
l’impalpabile danza
e lieti scoprire
che ancora una volta
il magico rito
figlio dell’aria
si rinnova per noi.
Selvazzano, giugno 1996
Maria Luisa Daniele Toffanin
Con stupore fiorito
Uscire da pensieri chiusi
in tondi di apatia.
Andare tra filari di rose
a ritroso nel tempo:
scie, intensi profumi
d’erba menta e viole
da quei prati lontani
liberi da covoni d’oro
aperti alle corse
all’infanzia vivace
a magie di lucciole
stelle di campo
al buio rapite
in gare di felicità.
Accendere anche oggi
le mani di luci
in sere di maggio
sfogliare petali
in giochi-fantasia
sorriso respiro
di limpide ore
senso dei giorni
da riscoprire contare
con stupore fiorito
come se fossero
perle vergini rare.
Selvazzano, maggio 1997
Maria Luisa Daniele Toffanin
A proposito di soffio di fantasia vorrei confidarvi quale uso ne faccio nella mia giornata. Lo dirigo come un vento ad aprirmi le finestre su paesaggi vissuti, luoghi montani, marini, viaggi poetici di cui rigodo i momenti felici dell’età ormai adulta come conferma di tutto quello che ho avuto. Questo fa bene al cuore perché nessuno, nemmeno il virus canaglia, mi potrà sottrarre ciò. E così mi ritorna nitida la visione di Erice sul belvedere sopra il mare di Trapani infondo, le tonnare di Scopello, il tempio di Segesta o le più vicine bellezze del Delta del Po non sempre conosciute. Mi perdo veramente in queste visioni che ognuno ha nel proprio segreto diverse. E mentalmente mi preparo anche ad un dopo diverso ma che potrà rivelare altre positività. Ce lo insegna il passato ma non voglio annoiarvi con una lezione di storia. E Lucia aggiunge nel suo addio ai monti, alla sua casa, alla sua verso un dove misterioso: … Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande….
Vi confido che altre volte però è la fantasia fanciulla che si affaccia alla mente e porge memorie-flash di quell’età. In questi giorni mi ricorre spesso l’immagine del libro Robinson Crusoe, ormai datato ma bello, a me donato dalla Befana quasi una vita fa, con una pagina segnata dal tempo, il bilancio di Crusoe, unico naufrago sull’isola deserta, ricco di sapienza:
… Adesso desidero descrivere come vivessi in quei giorni e quali fossero i pensieri che mi tormentavano.
La condizione era terribile: ero stato gettato in un’isola deserta da una violenta tempesta che mi aveva fatto deviare di centinaia di leghe dalla linea seguita dalle navi mercantili e in questo scorgevo una punizione della giustizia divina che mi condannava a finire i miei giorni in quella desolazione. Mentre riflettevo così, le lacrime mi scorrevano sulle guancie. Mi chiedevo spesso se il Signore mi avesse abbandonato.
Altre volte i miei pensieri erano invece più ottimisti: …
– È vero che la mia condizione presente è orribile. Ma non devo dimenticare che eravamo in unidici sulla barca e mi sono salvato io solo. …
E guardando il mare, mi consolai: bisogna sapersi accontentare, pensando che poteva andar tutto peggio. Nel male c’è anche il bene.
Quante cose ho potuto salvare – mi dissi poi – che mi sono così utili e che mi aiutano a vivere! Se la nave si fosse arenata lontana e io mi trovassi …, senza cibi e senza indumenti, soprattutto senza questo fucile con le munizioni? … Ho tutto quanto mi occorre per vivere e le provviste, se saprò amministrarle con saggezza, mi basteranno per molti anni ancora, forse fino alla morte.
Ora, dunque, devo tracciarmi un nuovo metodo di vita: una vita diversa da quella di tutti gli altri uomini, perché nessuno si è forse mai trovato in condizioni simili alle mie. …
E così l’ho girato a Sofia, di 10 anni, per vedere l’effetto che fa. E lei a telefonarmi subito: “Sai zia, l’ho provato sulla mia pelle e su quella di Pierfrancesco, che è in seconda media, e l’abbiamo valutato come un aiuto utile: non serve piangersi addosso, è meglio reinventare le cose” – “Brava Sofia, dobbiamo tutti muoverci così. E con la nuova scuola come ti trovi?” – “Beh zia, mi manca la magica scatola della mia aula piena di risate, di rimproveri, di rapporti felici o no con i compagni e gli insegnanti, però ho scoperto che questo online ci permette di stare ugualmente insieme e di conoscerci meglio. Vediamo infatti sia i nostri coetanei che i docenti in modo diverso, scoprendo lati inaspettati dei loro caratteri. Insomma ci sentiamo più amici uniti intorno al computer come aula reinventata. Inoltre, come dicono gli esperti, acquistiamo più competenze tecnologiche e manteniamo vivo il nostro impegno nello studio. Pensati che il professore di lettere di mio fratello telefona a tutti gli scolari per dare loro fiducia in un contatto amichevole più diretto. Figo vero! Ti ringrazio zia anche del tuo libro sui diamantini che mi hai inviato online: interessante leggerlo in pdf: vi ha partecipato tutta la famiglia” – “A parte il linguaggio un po’ vivace ti esprimi proprio bene, cara Sofia, per i tuoi dieci anni. Sei una ragazzina sveglia e dirigi bene il tuo soffione interiore. Ora propongo Robinson a dei ragazzi delle medie per sentire le loro reazioni.”
E così miei nuovi amici, ascoltata Sofia che ben ha illustrato gli aspetti del bilancio da lei vissuti, vi confermo che anch’io ho attuato il metodo Robinson con esiti che voi gentilmente potrete valutare. Alludo a quella ormai famosa ora delle camicie che ho convertito in ora di scrittura stirando e pensando guidata da quel soffio di fantasia ad altro. Stirare e scrivere, un connubio davvero strano ma ne sono sortite delle prose, come dei brevi racconti che deciderete voi se sono piacevoli, come dicono. Ad ogni modo sono un documento della vita reinventata come insegna il buon amico Robinson. E allora sorge un’altra riflessione: la scrittura come autoterapia per sfuggire, evadere dalla realtà, per trovare un senso a tutte le cose della vita. Per questo vi propongo quel famoso quaderno, diario di bordo tutti insieme, oppure un diario personale o addirittura un album di disegni della classe. Interessante anche la partecipazione ad un concorso di scrittura o disegno per dare ali quel famoso soffione ricco di emozioni, sogni, ecc., che è bene trasmettere, comunicare come esperienza personale da condividere, come offerta del cuore in questo momento difficile.
In diretta dalla RAI: reinventiamo l’ora delle camicie!
Essere non essere1, stirare non stirare: questo è il dilemma. Non so cosa serva poi questa citazione dotta, forse per non perdere nel quotidiano, la mobilità della mente culturale. Il pensiero scantona, la volontà freme. Allora attacco la sonata e comincio con la camicia a righe, poi a quadretti, seguendo le linee così dritte, le trame ben inserite, il tutto così diverso da questo tessuto umano segnato da improvvisi obliqui spazi disorientanti. La vita non è quindi uniforme ma ugualmente occorre avere sempre dignità: una camicia ben stirata. E fra il vapore penso a mio padre che in quanto a dignità la sapeva lunga e cuciva cuciva le mostrine militari sulle divise consumate, aggiustava bottoni, perfino le scarpe, là a Benjaminow2, per non perdere la propria dignità e quella dei compagni ufficiali. E scivolando veloce sul tessuto, ormai ho preso la carica dei 101, penso a Levi3 che si lavava al mattino con l’acqua mista a sabbia e terra per ripetere i riti del giorno. Allora rincuorata onoro l’ora pensando a mia madre che diceva che non occorre stirare tanto: bastavano collo e polsi, non perché credesse nell’immagine, piuttosto nella sostanza. Lei credeva nelle cose essenziali perché si era fatta una guerra4 con lo sposo internato5, la madre e la zia anziane sulle sue spalle e per mano una bimba piccina. Precedentemente aveva conosciuto di striscio la Spagnola6 e più tardi aveva profondamente sofferto la perdita del padre7 ancora giovane. Quindi alle cose essenziali anche noi, se saremo reduci da questa guerra8, dovremo tendere per riscoprire il senso vero della vita che è racchiuso in altre piccole cose. E sono già arrivata alle lenzuola e mi chiedo allora a che serva stirarle? Ma poi ripenso che così il sonno sarà orlato di bei fiori ben riassettati e il riposo più sereno. Stiro però sinteticamente, ormai alla fine del mio lavoro. Ci sono ora i pigiami: potrei piegarli e nulla più. Diceva però mia madre che, quando si va a letto, bisogna essere in ordine perché qualsiasi cosa di inatteso possa succedere, noi dobbiamo avere sempre la nostra dignità. E così stirando e ripassando altri pensieri, ho ridato al momento faticoso una forma d’arte creativa come omaggio alla vita. E Robinson ha sempre ragione: ogni ora del giorno è da reinventare, scoprendone il senso più profondo, soprattutto in questo nostro internamento.
1. da “Amleto” di Shakespeare
2. campo di concentramento tedesco in Polonia
3. autore di “Se questo è un uomo”
4. seconda guerra mondiale
5. a Benjaminow era uno dei 600.000 e oltre IMI (Internati Militari Italiani)
6. pandemia del 1918
7. l’onorevole Sebastiano Schiavon
8. alludo all’attuale pandemia 31
A colloquio con i nipoti
Oscillante al risveglio tra due vite
due esserci in quell’oasi intima difesa
in quell’aria senza confini, amato spazio
ora inquietante mistero trincea.
Rapida mi rivesto con quella pelle di leone
un po’ incipriato, tuo dono Alex
per prendermi la sua forza felina
– come i gran capi indiani –
tu mi sussurri sui fili del telefono
sì tutta la sua forza felina
perché noi nonni dobbiamo essere
coraggiosi eroi senza paura
memoria dei primi vostri freschi sorrisi
e timidi passi e verdi sillabe e tenerezze altre
memoria pure dei miti-radici della casa
Lia e Gino vostri più che nonni
lui vittima nei campi di concentramento
lei schiacciata da immensi vuoti e sacrifici
con Pippo basso sulla testa
e pure di Toni altro bisnonno
nella prima guerra al fronte ancora ragazzo
la spagnola minacciosa con vittime infinite.
Memoria dobbiamo essere per voi
delle guerre subite con rinunce e affanni
ma anche della risurrezione
nei tempi arditi della ricostruzione.
Dobbiamo esserlo per voi tacendo le nostre paure
vostro sostegno nei tanti vuoti
delle ore studiose fra i banchi con i compagni
delle avventure atletiche con le mete di Alex da segnare
e tanto tanto altro forse del troppo avuto
in quest’ora così magra.
Dobbiamo essere noi faro di approdo sicuro
eco di sorriso rasserenante
ceste di dolci caserecci e melanzane al funghetto
di fiori sempre devoti ai riti
di creative invenzioni: lettere disegni
audio/video fra noi girati
per farvi passare più leggeri
attraverso questo tunnel di voci dolorose disarmanti
ove l’uscita ancora insidiosa appare.
Noi che siamo foglie d’autunno, poeta
in questa trincea virale
dobbiamo divenire chiome le più frondute
le più ampie per dare a voi giovani nipoti
ai vostri padri sfiduciati
rifugio fiducioso conforto
alle vostre domande senza risposta
alla sottesa paura respirata.
Allora Giulia urge accendere i telefoni
riscaldare le voci in amicali colloqui
suonare il piano pur vuota interiormente
lasciarsi accarezzare dal sole
in un ipotetico resort
e tu Alex allenarti in virtuali partite
e altre ginniche imprese
disegnare leoni leoni
che allineo accanto al letto
per ridestarmi piena di tutta la loro grinta
contro il virale usurpatore.
Noi foglie dalla fragile filigrana
dobbiamo per voi essere testimoni
delle risorse immense scaturite dalla storia
sortite come aquile nei cieli
dopo ogni inattesa vampira calamità.
Ma ora guardatemi, mi vesto di tutto punto
rossetto collana orecchini ombretto
per uscire in giardino
a pascolare il mio gregge di parole
ché succhi nuova vegetale linfa.
Selvazzano, domenica delle Palme, 5 aprile 2020
Maria Luisa Daniele Toffanin
Il tempo sospeso
In una notte di mezzo aprile due sogni rimasero nella reticella della memoria mattutina.
Nel primo, uno dei labirintici sogni dai quali talora si sceglie di uscire, mi trovai a nuotare nel Canal Grande. Ci pensava l’acqua a tenermi a galla, ma essendo un nuotatore maldestro, preferivo bordeggiare lungo la riva alla mia destra. La luce era crepuscolare e lo sfilare dei palazzi a specchio sull’acqua immobile avveniva in toni grigi, vividi nel puro silenzio. Attendevo un caro amico, storico dell’arte, che mi facesse da guida e mi rassicurasse nel prendere il largo. Ma se ne stava lontano e d’un tratto sparì. Ah, traditore… Dovetti procedere in solitudine, remigando a lente braccia dentro la limpidezza, sulla quale, come un papero, tracciavo una scia che per poco ricamava le facciate rovesciate di un tremulo ondulare.
La seconda scena fu una breve sequenza di ombre mobili, che si stampavano nette dentro il muro semisferico della cupola di una torre, la Torre del Tempo. Osservavo da un non preciso punto un po’ più in basso.
Le ombre erano di due soggetti mobili fuori scena, illuminati dal sole di un’ora molto chiara.
Un’asta, che fungeva un po’ da lancetta un po’ da gnomone, si muoveva a scatti e di secondo in secondo a piccoli passi girava ricurva sulla superficie della cupola. D’un tratto comparve l’ombra di un uomo barbuto di profilo. L’aspetto e il gesto solenni. Era evidentemente il Grande Orologiaio, il conoscitore dei segreti del meccanismo. Con un gesto semplice quanto imprevisto sfilò la grande lancetta e se ne andò.
Buona notte!
Giancarlo Frison
Conclusione
Carissimi amici del cenacolo,
grazie alla vostra preziosa collaborazione siamo riusciti a mettere insieme un “quaderno dei bambini”, composto di filastrocche, cantilene, racconti e divertissements vari.
È stata un’esperienza nuova, un modo diverso e piacevole di stare insieme, di pensare ad altro in questo terribile periodo di isolamento sociale, per impegnare la mente su argomenti lieti e giocosi, per dare voce a quella poesia-bambina che è in noi!
Ci auguriamo che i nostri testi siano motivo di divertimento, di leggerezza e, perché no, di riflessione, ma, soprattutto. di speranza e fiducia per chi li leggerà!
Al prossimo elaborato insieme!