Giacomo G. Orlando  – Calarossa. Tetimonianza appassionata di insularità

Attira subito di questa plaquette di 32 poesie la gentile copertina per la presenza di volti quasi familiari, una donna e tre bambini, aperti gli sguardi e i sorrisi in colloquio affettivo con noi, con gli altri, come se l’autore volesse definire in questa tenera foto la valenza del rapporto umano nello specifico della famiglia, nella sua vita-poesia. E pure attira il titolo Calarossa “testimonianza appassionata di insularità” dice Ruggeri nella sapiente prefazione, nome quindi evocante le proprie radici, la memoria collettiva, la ricerca, oltre il contingente geografico, del senso-mistero della storia, cifra di una comune appartenenza e del nostro esserci, qui e ora.

Quindi un’opera che apparentemente disorganica, si muove invece lungo due binari, presente e passato, tempi dell’anima sempre protesa però all’attesa, nell’affermazione unitaria degli archetipi primi: la casa, la propria terra e la memoria. E da questa coscienza spazio-temporale affiorano luoghi, “Torre normanna”, “S.Agata”, “Palermo”, “Calarossa”, il “Tempio della Concordia”, la città di Federico II in cui palpitano angosce esistenziali, ambientali, per l’indifferenza della città ai suoi resti laceri, e insieme rimpianti per il passato glorioso. Il tutto in una natura “eterna” vissuta dal poeta in un rapporto quasi simbiotico. E già il linguaggio si annuncia, allargandosi a tutta la silloge, colore, luce, profumo: “il mare luminosa lama” “…tra chiome verdi | e fiotti di ginestre”. E in Calarossa in particolare è forza espressiva cromatica: “quella rocca altera | del color del fuoco | …Che ricopristi d’ogni | gemma ed oro | …E smalti luccicanti in geometrico decoro” (p. 12) esaltata appunto dalla fusione dell’anima con il paesaggio nel rimpianto “di un tempo ormai finito”. Motivo questo ricorrente anche nel “Tempio della Concordia” eretto “dalla nobile stirpe | dei Figli di Acheo” sotto il cielo garante di valori poi dimenticati. Ma se l’uomo non mantiene i patti e trascura il suo passato, il paesaggio rimane documento di eternità: tra le colonne scarlatte la luna ha la sua eterna dimora. E così natura e mito nel “Tempio della Concordia” si fondono in un unicum , un’atmosfera indicibile che solo in questa isola ti avvolge e ti penetra appena ne abiti i luoghi. Anche la Palermo di Federico II in “Stupor mundi – I-II” rivive in tutto il suo splendore nell’inno dell’autore all’Imperatore Novus nel suo audace progetto politico, culturale, urbanistico. E l’orgoglio di Orlando per tanta grandezza della sua Conca “dove il sole sorge due volte almeno” vibra accompagnato ancora da quel rimpianto “e mai dopo di allora quel regno | prosperò” (p. 39) leitmotiv di questi testi. Ne esce l’immagine della città amata, vagheggiata nel suo mitico tempo di bellezza-natura-amore vissuti allora insieme. E il verso profuma di giardini, ha freschezza d’acqua, luce di luna che inonda la notte, di sole che accende i miti, la storia. Ma la poesia non solo qui ma sempre è pregna di odori fragranze colori, suggestioni di questa magica terra. E l’autore con il suo linguaggio cromatico, con le sue tecniche impressionistiche ricrea la cima di candida neve dell’Etna con il suo vapore lieve-respiro, “mitica presenza” in uno sfondo sempreverde (p. 28). Altrove disegna l’eleganza flessuosa dei papaveri rossi fatti quasi di “carta giapponese per abbellire le stoffe” e di stoffa-velo giallo avvolge il corpo della sua donna tratteggiato nella sua elegante bellezza. Il “Giallo”(p. 28 ) diviene così espressione cromatica dell’amore, dell’estiva solarità: momento felice nello sfondo di una fresca marina. E ricupera dalle “profonde stanze dei ricordi” (p.15) l’ “Autunno a Ucria”: ancora il giallo, il rosso…i riti laboriosi …l’odore di agro e di nocciole e profumate conserve. In tal modo prende corpo la tradizione nei gesti iterati nell’eterna campagna, si anima in noi  di presenze umane, di mani operose il vecchio porto abbandonato tanto intenso sale dal verso l’odore di vernici, ruggine, salmastro, catrame, tanto attenta è la lettura del poeta di questi luoghi che gli appartengono e ancora gli parlano. In verità sono queste sensazioni facilmente avvertibili frequentando la Sicilia: ogni angolo ti svela segreti, magie, ti riconduce ai miti della terra, ogni scorcio ha un’anima di colori e profumi che ti rimangono dentro e ti accompagnano, con nostalgia.

Ma ancora perlustrando tra le pagine il mondo di Orlando, si ritrova il suo presente affettivo, l’altro suo binario poetico già accennato all’inizio, nella sacralità della casa, luogo a sera “di un’attesa | che non sia vana”, della certezza dell’amore in cui basta uno sguardo per capirsi: “E tutto è detto | In un momento” ( pp. 19-17). In cui i figli sono il prodigio della vita: “Gregorio” (p. 24) osservato nel sonno sorride e svela inediti mondi fantastici. Queste ed altre emozioni sono tratte dall’umile quotidiano trasfigurato in versi leggeri per lo più riuniti in piccole strofe, quasi in volo, come se l’autore, con pudore, non volesse dire troppo per non offuscare il cristallo del suo mondo familiare. E poi molte pause esistenziali nel rileggere, attraverso la poesia, la propria vita “incominciata | tante volte e mai finita”, nell’indulgere ancora ai ricordi, ai sogni, ai viaggi mai compiuti; e, nelle pause, stati d’animo vari che accompagnano la nostra comune ansia di ideali, di verità, in una tensione verso l’assoluto. Una plaquette quindi piacevole, affettuosa ed impegnata: diario intimo sul proprio essere appartenente al tutto e insieme meditazione storica. Presente e memoria strettamente uniti come radice unica su cui poggia, anzi trova fondamento la verità di ogni esistenza, perché l’oggi ha significato solo come risultato di un passato talora dimenticato, denigrato. Non certo dall’autore che esalta la memoria come elemento unificatore dei suoi testi.

Sempre diverse sono le tecniche compositive nella varietà dei temi trattati: assenza quasi di punteggiatura in un gesto di libertà espressiva, ma uso delle maiuscole a inizio verso per scandire il tutto. Strofe brevi alternate a spazi bianchi come per isolare ed evidenziare l’emozione, il pensiero, oppure testi continuativi in un unico respiro. Tecniche diverse in relazione allo stato d’animo espresso e quindi all’origine della parola stessa che scaturisce quasi improvvisa dall’anima e così si imprime con forza e purezza nella pagina senza mai perdere la sua leggerezza nativa. Così il linguaggio è il vissuto, la memoria stessa di Orlando, che diviene per sua abilità colore, suono, profumo, moto d’ali.