Cesare Ruffato  – Scribendi licentia. Poesia in volgare padovano

Interessante per la sua unicità è il linguaggio con cui Cesare Ruffato si esprime nella produzione poetica in italiano e in dialetto padovano.

Nella poesia in italiano opera con un mistilinguismo che coinvolge il linguaggio letterario e quello scientifico in armoniosa fusione. Conserva infatti livelli espressivi validi e innovativi, senza eccessi di artificio, ma con severa autenticità nata proprio dalla conoscenza profonda della materia, rivisitata anche nell’intimità microscopica, e della vita stessa conosciuta nella sua forza maligna e miracolosa. Né deriva un connubio che convince e cattura rispondendo alle esigen­ze del nostro tempo: l’ansia di un nuovo umanesimo, l’urgenza della scienza e della tecnologia.

Per l’opera poetica Scribendi licentia in dialetto, anzi «in volgare padovano», realizza una ricerca rigorosa di antiche forme dialettali scomparse di San Michele delle Badesse, suo paese di nascita situa­to sull’asse principale del quadrilatero romano. Le recupera con religiosa cura come espressioni di un «complesso percorso linguistico» e insieme di un costume di vita agreste, pregnante di semplicità e sapienza. Ma le recupera anche come voci, suggestioni di un mondo mitico, quello dell’infanzia, vagheggiato come culla di esperienze spirituali irripetibili, con la presenza materna e di altre persone care in luoghi che sono patrimonio dell’autore, «’na religion da ereditare», da trattenere e consegnare al dopo. E così con il volgare, mag­matica forza duttile ai temi più diversi, compie anche un commosso cammino di vita.

L’incontro stesso con Cesare Ruffato, in un piacevole e prezioso convivio d’anime, testimonia che il suo linguaggio è speculum di una giovinezza interiore, ardita sempre nella reinvenzione, pulsante alla composita realtà d’oggi, radicata in un terreno umano di dolore e di attesa, nobile per dignità e memoria. Grazie professore.