Un ponte culturale da Praglia a Badia Polesine, oltre la barriera del virus – Ventaglio n. 61
Articolo inserito in Ventaglio novanta n. 61, novembre 2020
Abbazia di Praglia
Teatro sociale “Piccola Fenice”
Abbazia della Vangadizza
Molte volte la fantasia fanciulla si affaccia alla mente e porge memorie-flash di allora. Ricorre in questi giorni spesso l’immagine del libro Robinson Crusoe, donato dalla Befana, con una pagina segnata dal tempo: il bilancio di Crusoe, unico naufrago sull’isola deserta:
…ora che avevo l’abitazione, mi accorsi di aver dimenticato di costruire il focolare. Racconterò in seguito come vi provvidi. Adesso desidero descrivere come vivessi in quei giorni e quali fossero i pensieri che mi tormentavano.
La condizione era terribile: ero stato gettato in un’isola deserta da una violenta tempesta che mi aveva fatto deviare di centinaia di leghe dalla linea seguita dalle navi mercantili e in questo scorgevo una punizione della giustizia divina che mi condannava a finire i miei giorni in quella desolazione. Mentre riflettevo così, le lacrime mi scorrevano sulle guancie. Mi chiedevo spesso se il Signore mi avesse abbandonato.
Altre volte i miei pensieri erano invece più ottimisti. Un giorno, camminando sulla spiaggia con il fucile sulla spalla mi dissi:
– È vero che la mia condizione presente è orribile. Ma non devo dimenticare che eravamo in unidici sulla barca e mi sono salvato io solo. Dove sono gli altri dieci? Perché sono periti? E perché io sono salvo? È meglio essere al loro posto o al mio?
E guardando il mare, mi consolai: bisogna sapersi accontentare, pensando che poteva andar tutto peggio. Nel male c’è anche il bene.
Quante cose ho potuto salvare – mi dissi poi – che mi sono così utili e che mi aiutano a vivere! Se la nave si fosse arenata lontana e io mi trovassi tuttora nelle condizioni di quando sono arrivato in quest’isola, senza cibi e senza indumenti, soprattutto senza questo fucile con le munizioni? E se non avessi potuto costruirmi la tenda né avere gli arnesi per lavorare? Ho tutto quanto mi occorre per vivere e le provviste, se saprò amministrarle con saggezza, mi basteranno per molti anni ancora, forse fino alla morte.
Ora, dunque, devo tracciarmi un nuovo metodo di vita: una vita diversa da quella di tutti gli altri uomini, perché nessuno si è forse mai trovato in condizioni simili alle mie. …
Tante volte questo bilancio è stato ed è oggetto di personali riflessioni in momenti difficili di tensione, paura, e la vita te ne propina sempre tanti, ma mai come quest’ultimo…!E anche agli scolari era proposto come metodo di valutazione della loro reale situazione osservando il buono, il cattivo del loro quotidiano per trarne una conclusione, il più delle volte positiva. Era quindi una mossa psicologica per procedere più sicuri di sé e della stessa esistenza.
Ma ora Crusoe mi fa pensare che, per reinventare la vita, bisogna far tesoro anche di tutto il vissuto, in particolare di quei momenti non abbastanza goduti, esaltati, cantati, da rivedere per vagliarli nella loro valenza, riproponendoli come progetto nuovo di bellezza, in questo caso ponte lanciato da Praglia fino a Badia Polesine, da ricostruire ora integralmente. E il profilo del Teatro Sociale, dell’abbazia della Vangadizza sembra apparire per primo all’orizzonte dei pensieri miei e di Milvia che, proprio in questi giorni, ha ritrovato due o tre fotografie della Piccola Fenice. Le era anche riaffiorato il ricordo della Collezione Balzan fra Ottocento e Novecento là sita al piano superiore, illustrata gentilmente da una signora molto esperta. Insieme in queste salutari telefonate, oltre le barriere del virus, io e Milvia scaviamo in questo terreno remoto cercandone la data: le foto risalgono al 2016, ma per noi sono come nuove perché il tempo ha sfumato, frammentato i ricordi tanto che io sollecito Milvia a rivedere col pensiero l’evento a cui avremmo partecipato alla Vangadizza. Mi risponde che non aveva un preciso riferimento sull’argomento, perché a lei interessava di più l’arte. Scatta in me allora la molla del telefonino della signora Mara Barison, la bibliotecaria comunale di Badia Polesine, e così la chiamo. Forse mi considererà matta, dopo 4 anni di silenzio, quando le chiedo gentilmente se avesse delle foto relative a un qualche nostro incontro lì a Badia. Lei mi dà precise indicazioni sulla nostra, del Cenacolo, visita a quella cittadina di cui aveva appunto i documenti fotografici datati maggio 2016. Me li manda subito. Ed eccoli finalmente! Rappresentano l’interno della Vangadizza e ci illuminano nel nostro disorientamento. Sullo sfondo infatti Segantin, Soffiantini, la sottoscritta, Massimo Toffanin e davanti la sala dell’abbazia, lungo il chiostro, piena di gente.
Così si chiarisce il mistero di quell’incontro: Lino Segantin presentava il suo Ventaglio e noi commentavamo forse la figura di Sebastiano Schiavon. Nel labirinto entra anche Bruna che ai miei quesiti ha già la risposta pronta trovando al volo nel Ventaglio l’articolo mio appunto su Sebastiano Schiavon e Battista Soffiantini, riportato alla fine di questa memoria.
Quindi ora come un puzzle si ricostruisce insieme un evento di 4 anni fa che poi non è uno ma sono due perché il prima di questo meraviglioso pomeriggio a Badia di noi Cenacolini con i nostri mariti come in una cerimonia di virtuale gemellaggio, il prima era avvenuto a Praglia. Là nella nostra sala, sempre parlandone con Bruna, riaffiora chiaramente una bella compagnia di rodigini… Altra telefonata allora all’angelo dei ricordi, la signora Mara Barison, che mi conferma il tutto inviandomi nuove fotografie relative ora all’aprile 2016. E avviene un’altra illuminazione (certo che come memoria diamo un po’ tutte a pensare): rivediamo nella foto a destra Lino Segantin con il numero 90 del Ventaglio, il nostro abate Norberto, Giorgio Soffiantini e la sottoscritta. Quindi questo è il documento della prima presentazione del Ventaglio secondo i normali rituali del direttore. Ma perché proprio con Soffiantini e con me al tavolo? E la risposta era già nelle parole di Bruna: nella rivista vi era il mio articolo sui due politici, il patavino Sebastiano Schiavon e il rodigino Battista Soffiantini, attivisti del movimento cattolico da cui nascerà il PPI di don Sturzo ed entrambi frequentatori dell’abbazia di Praglia nei primi decenni del Novecento.
Un’ultima ricerca di Massimo infatti, nella “Cronaca della badia di Praglia dall’anno della ristorazione 1904-1925”, aveva messo in luce l’attività di questi cattolici nelle settimane sociali proprio in quegli spazi, sostenuti e appoggiati dall’abate loro amico Nicolini, e da tanti altri appassionati provenienti da varie città e dalla stessa Padova: c’era anche Cesare Crescente. Ecco il mistero svelato come un divertente gioco e ricomposto ora, andando a ritroso nel tempo: forse è la condizione di oggi che ci fa operare simili meraviglie. Ad ogni modo è bello ora riscoprire che c’era tutta quella folla intorno a noi a Praglia, che si era fatta cultura, insieme a Giorgio Soffiantini, sulla storia dei primi decenni del Novecento, che i vari collaboratori della rivista avevano poi letto il loro contributo, tra questi anche Angioletta Masiero! Avevano parlato anche (me lo ricorda Marta) Francesco Lucianetti, artista padovano, grande creatore di litografie e pure famoso fumettista più volte premiato, e Brunello Gentile, poeta e scrittore, autore anche dei testi per i fumetti di Lucianetti. Marta raccontava allora che l’artista le aveva creato il suo papiro per la festa della matricola. Quante trame di vita, di amicizie! Erano presenti anche la signora Segantin, la nostra Barison, tanti altri amici di Lino e suoi collaboratori. Questo momento di vita e di cultura veramente unico, rivisto nel tempo e completato dal gemellaggio a Badia Polesine, acquista ancor più spessore perché ci ha fatto stringere amicizie con altre persone, ma ci ha fatto conoscere anche la ricchezza culturale e artistica di un Polesine da noi non sempre abbastanza valutato. Quindi questo ricordo lentamente riaffiorato dalle nebbie del tempo, diviene un dovuto ad una rivista come il Ventaglio con il suo eccellente direttore, professor Lino Segantin, ad una rivista di grande valenza culturale e storica che ci fa riscoprire una dimensione altra di questo Polesine, affascinante paesaggisticamente e con continue offerte culturali da noi non ancora adeguatamente onorate.
E grazie a Mara Barison, Milvia Romano, Bruna Perin, Marta Brunetta, Luciana Filippi, con l’auspicio che tutti noi del Cenacolo insieme,possiamo rivedere questi splendidi monumenti e approfondirne la conoscenza storica e artistica, con la speranza di raggiungere altri siti quali Loreo, Fratta Polesine, Adria, Grignano con la sua Comuna….
Così oltre la barriera del virus, lanciamo ponti-energia per reinventare il giorno e il dopo.
Maria Luisa Daniele Toffanin
Interni del teatro sociale “Piccola Fenice”: