Ricordo di Lia

Oggi Lia, qui nel silenzio d’ora vesperale, mi si apre uno scrigno di ricordi di ore, giorni, anni insieme in questo verde prato adiacente le nostri porte, finestre. Noi insieme nei pomeriggi di sole protette dalla rara ombra rimasta, poi dai cappelli, insieme a chiacchierare, non pettegolare, chiacchierare perfino di poesia, della casa, dello yogurt, dei figli, di intime confidenze ché tu accettavi la vita e insieme la proteggevi, confidenze in cui ci dividevamo il pane della malinconia. E ora che scrivo, impensabile a dirsi, ritrovo, proprio ora che scrivo, il santino commemorativo della tua morte: un ritrovamento inspiegabile, che vuole essere un assenso a questo mio ricordo degli ultimi anni insieme. Qui dal primo passo sui sassi del torrente per vedere il lotto di terra da noi acquistato, si sono susseguiti tanti periodi diversi, spazi pure diversi, con maggior distanza tra noi: eri allora all’ultimo piano di sopra, nella mansarda, ugualmente però mi ritrovo accanto a voi, con un balzo che solo la memoria può fare, con Marco piccolo e Massimo assente impegnato nel lavoro, e Aldo che ci conduceva ovunque a raccogliere i funghi su a Baita Dovic, a Caprile o a Rocca Pietore per fare le spese, da Mario per l’abituale telefonata. Tutte pause vissute insieme in un’età, in un condominio giovane ora un po’ rattristante. E rivedendoti nella foto, ripenso alla tua semplicità, alla tua sapienza e anche a quella tua parsimonia, dagli stolti chiamata avarizia. Tu non eri però così: tu eri una polesana espressione di un Polesine povero, tormentato dalle piene del Po, con un’infanzia magari vissuta in modestia, in quella bella comune di Grignano, eri l’espressione di quello che era il vero Polesine di allora, con una dimensione della vita particolare da noi non sempre compresa ma che tu vivevi con grande tensione alla casa, alla famiglia, ai figli che ti tengono viva nel ricordo.

Così divagando con il pensiero nel tuo esserci, Lia, ritrovo la grande attenzione che avevi per l’altro, in particolare per me: ad ogni arrivo mi chiedevi dei miei libri, addirittura una volta ne hai comperato uno, e immagine che mi ritorna da lontano improvvisa proprio per onorare la poesia hai perfino partecipato a Montegrotto nell’albergo Continental della mia scolara Marilena Lovo, alla presentazione di Per colli e cieli insieme mia euganea terra, tradotto in quell’occasione in tedesco da un’interprete amica di Marilena per favorire gli ospiti tedeschi. Una serata particolare con la partecipazione di mio nipote Domenico e l’amico che si esibivano alla chitarra in una loro creazione: “La strada Cingolina”: una serata che mi sembra appartenere ad un tempo altro, lontano capace di ascolto, cosa ora difficilmente reperibile. E da Montegrotto il pensiero mi riporta al nostro prato, ai nostri pomeriggi magari di brutto tempo a stirare, pulire i rami e perfino cucire una tovaglia: infinita bellezza dell’inventiva umana che sa riempire gli spazi di cose diverse utili, ripetute nei tempi quasi dei riti, e tu ne eri sempre soddisfatta anzi ridevi di gusto alle mie trovate. Che storia Lia ci lega in questo scrigno di ricordi che raccoglie il nostro vissuto sin da quei famosi sassi del torrente, da Ivano il tuo minore, che chiamava la nostra Fulvia Micheassa, parole di un mondo bambino stupito e facile all’emozione, fino agli altri figli, il mio anche, i ragazzi cioè del prato con mille litigi e rischi e ora vedo come immagini impensabili, le tue nipoti già adulte laureate, belle ragazze e non so pensare che anche loro sono state bambine come i loro papà, come Marco e gli altri e che noi genitori eravamo sempre in apprensione per le loro cadute nel torrente, per le pigne con i sassi che si tiravano, per i loro giochi nel bosco a deviare i torrentelli, magico bosco che il Vaia si è portato via. E non so con il mio computer emozionale realizzare che noi genitori siamo diventati nonni con le nuove vite dei nipoti da godere. Vita vita che troppo rapida passi e tu Lia mi sembri ancora seduta accanto a raccontarmi la vita, e ne avevi di vita anche in quel tuo Polesine povero, minacciato dal Po, ma sincero e devoto nelle amicizie. Lo confermerebbe Aldo, amico nel lavoro di Toffanin padre: aveva svolto infatti la sua prima esperienza lavorativa in Cassa di Risparmio proprio ad Ariano Polesine, direttore mio suocero Antonio Toffanin. Aldo era pure famoso per il panbiscotto che portava da Loreo, altro suo luogo di lavoro. I ricordi si richiamerebbero in maniera infinita secondo il giusto procedere della vita. Perché la vita è davvero una trama di storie infinite che in questo caso ha preso dimora in quel Pra’ del Toro, nel condominio chiamato, non a torto, della Cassa di Risparmio. E la storia continua continua, attraverso le nuove generazioni che per fortuna condividono le tradizioni della Casa.

Marisa Toffanin

Rocca Pietore, 26 luglio 2024