Presentazione di Iter ligure
Presentazione di
Iter ligure
al Castello di Riomaggiore
Sirio Guerrieri
27 settembre 2008
Ed ora tocca a me e non è che mi dispiaccia, è
sempre un dono l’ascolto delle liriche di Maria Luisa Toffanin cui è doveroso
rispondere e consonare. Sono solamente preoccupato che mi rimane da dire dopo la
dotta, finissima, brillantissima analisi di Graziella Corsinovi?
Dirò quello che
ho sempre pensato, che i motivi lirici di Maria Luisa Toffanin sono quelli di
sempre: appartengono alla tematica eterna categoriale che oscilla tra mobilità,
contingenza quotidiana del vivere e l’attesa di un afflato, una fede che ci
salvi. Maria Luisa è creatura contemplativa e vive il pathos che esala dalle
cose, dagli scenari della natura e dalle ascendenze stilistico-creative dei
classici e dei moderni. Le sue liriche sono l’eco di un impegno non solo
religioso, di una coscienza vigile e attenta ai valori della poesia, di una
vocazione intransigente all’analisi, alla ricerca di sé, condotta con lucidità e
rigore istintuale tra intuizioni pressanti, accorate, struggenti e la diligenza
analitica tra desiderio di partecipazione, volontà di dire, piacere di scoperta
e disciplina dei moti primi, tra astrazione sottile, prefigurazione metafisica e
concretezza tangibile. Il sogno di Maria Luisa non è mai utopia senza contorni.
Naviga dentro maree possibili, altalene e raccordi col reale, sempre alla
portata dei desideri, armoniosamente contemplati e accarezzati. Così Maria Luisa
Toffanin incontra le Cinque Terre e le canta con voce distesa, con la stessa
passione fantastico-visiva di Ettore Cozzani, di Eugenio Montale, di Lino
Crovara, di Giovanni Bonanini, con la sapienza coloristica di Telemaco Signorini
e di Discovolo. Maria Luisa percepisce negli arcani della sua sensibilità
profonda la terrestrità del sole e delle acque, la forza vigorosamente
vegetativa naturante delle ginestre sorgenti dalle alte scogliere e dalle rive
dei calanchi ripidi, dirupati, intrisi di vampate, di colori, di aromi, di
suoni, di vapori anzi di vaporarizzazioni salmastre, di sciacquate di risacche,
di ventate, di cosmicità originaria, di flussi lievi, di parole evocative, di
misteri aurorali e solarità meridiane.
Non voglio andare oltre, il discorso può
chiudersi così. (Sirio Guerrieri)
Presentazione di
Iter ligure
al Castello di Riomaggiore
Sirio Guerrieri
27 settembre 2008
Ed ora tocca a me e non è che mi dispiaccia, è
sempre un dono l’ascolto delle liriche di Maria Luisa Toffanin cui è doveroso
rispondere e consonare. Sono solamente preoccupato che mi rimane da dire dopo la
dotta, finissima, brillantissima analisi di Graziella Corsinovi?
Dirò quello che
ho sempre pensato, che i motivi lirici di Maria Luisa Toffanin sono quelli di
sempre: appartengono alla tematica eterna categoriale che oscilla tra mobilità,
contingenza quotidiana del vivere e l’attesa di un afflato, una fede che ci
salvi. Maria Luisa è creatura contemplativa e vive il pathos che esala dalle
cose, dagli scenari della natura e dalle ascendenze stilistico-creative dei
classici e dei moderni. Le sue liriche sono l’eco di un impegno non solo
religioso, di una coscienza vigile e attenta ai valori della poesia, di una
vocazione intransigente all’analisi, alla ricerca di sé, condotta con lucidità e
rigore istintuale tra intuizioni pressanti, accorate, struggenti e la diligenza
analitica tra desiderio di partecipazione, volontà di dire, piacere di scoperta
e disciplina dei moti primi, tra astrazione sottile, prefigurazione metafisica e
concretezza tangibile. Il sogno di Maria Luisa non è mai utopia senza contorni.
Naviga dentro maree possibili, altalene e raccordi col reale, sempre alla
portata dei desideri, armoniosamente contemplati e accarezzati. Così Maria Luisa
Toffanin incontra le Cinque Terre e le canta con voce distesa, con la stessa
passione fantastico-visiva di Ettore Cozzani, di Eugenio Montale, di Lino
Crovara, di Giovanni Bonanini, con la sapienza coloristica di Telemaco Signorini
e di Discovolo. Maria Luisa percepisce negli arcani della sua sensibilità
profonda la terrestrità del sole e delle acque, la forza vigorosamente
vegetativa naturante delle ginestre sorgenti dalle alte scogliere e dalle rive
dei calanchi ripidi, dirupati, intrisi di vampate, di colori, di aromi, di
suoni, di vapori anzi di vaporarizzazioni salmastre, di sciacquate di risacche,
di ventate, di cosmicità originaria, di flussi lievi, di parole evocative, di
misteri aurorali e solarità meridiane.
Non voglio andare oltre, il discorso può
chiudersi così. (Sirio Guerrieri)