Vittorio Verducci – Florilegi femminili controvento
Il Convivio nr. 65/2016
Maria Luisa Daniele Toffanin è una valente poetessa padovana promotrice di iniziative culturali e di orientamento scolastico nell’ambito dell’Associazione “Levi-Montalcini”. Collaboratrice anche con “Oltreoceano-CILM” dell’Università di Udine, dove è laboriosa animatrice di attività e convegni, ha pubblicato svariati libri classificatisi al primo posto in concorsi letterari, cui si aggiungono le molte poesie presenti in antologie e riviste nazionali e internazionali. Di lei si sono occupati numerosi e illustri critici letterari.
L’opera, premiata al Concorso “Pietro Carrera” organizzato dall’Accademia Internazionale “Il Convivio” di Castiglione di Sicilia, si apre con la dotta prefazione di Giuseppe Manitta, che mette in rilievo le varie tematiche affrontate dall’autrice, a cominciare dal titolo, facendo notare che l’espressione “florilegi femminili” presuppone “due concetti di estrema importanza da vagliare in una visione critica: i florilegi femminili, al plurale e conseguentemente ‘passi scelti’ di un discorso legato alla donna nelle sue varie sfaccettature, nonché l’agget-tivo controvento, a significazione di un contrasto ben determinato, che dovrebbe emergere all’interno del corpus oppure, più in generale, da una visione dialettica tra i florilegi autoriali e il giudizio collettivo”. È la donna intesa nei suoi diversi aspetti, quindi, a campeggiare al centro del discorso, come spiega nelle sue note introduttive l’autrice stessa che, riportando un pensiero del Papa Giovanni Paolo II in una sua lettera apostolica del 1996 indirizzata alle donne, invoca dal Santo Padre il mandato per questo nuovo edito: “un invito al muliebre impegno per trasformare la società intera proprio col suo femminile genio recuperando dai fiori moti, profumi, bellezza, dignità femminile offuscata da un vento maldestro”. E aggiunge: “Credo infatti che, oggi più che mai, la donna dovrebbe ritrovare e realizzare questa sua vocazione ad un’interiore bellezza che è coscienza di sé, della propria persona, dei propri diritti contro ogni sopruso ma anche doveri verso la famiglia, i figli, la società”.
La silloge è articolata in cinque sezioni (Dediche, Piccole donne, Donne di casa mia, Incontri, Florilegi d’amore e memoria) e affronta argomenti quali la rinuncia, il sacrificio, il pudore, la vocazione, la dignità, garanti di verità che potranno gettare semi per una rinata armonia interiore, familiare e sociale. E anche noi siamo d’accordo con l’autrice, ritenendo che la donna, a lungo bistrattata nel corso dei secoli, sia portatrice di un sapiente gene che ha il profumo dei fiori, indispensabile per il riscatto dei tanti mali che hanno da sempre afflitto e affliggono ancora l’umanità.
E qui la poetessa si richiama al passato, accostandolo al presente come segno di una continuità nel tempo della “mala natura che è insita nell’essere”, come sottolinea ancora Manitta. Ed è ciò che si riscontra nella poesia “Penelope”, che, nella violenza subita da parte dei Proci, può essere presa a simbolo delle continue angherie di cui la donna è stata vittima nel corso della storia. Da qui l’ansia, il desiderio, il bisogno del riscatto: di una rinascenza femminile che viene inquadrata nell’ottica della fede. E in quest’ottica l’autrice assegna alla madre di Cristo, all’”umile ed alta più che creatura”, il ruolo fondamentale di interpretare la natura femminile nella duplice funzione celeste e terrestre quale creatrice di vita.
E nell’ottica della fede va considerata anche la natura umana in generale, che, in quanto corporeità, è sì “valigia di carne ingombrante”, soggetta alla precarietà del divenire e alla morte, ma ha in sé l’anima che “migra oltre il proprio stato” in un viaggio infinito. È una poesia molto ispirata quella di Maria Luisa Daniele Toffanin, e anche di non semplice comprensione, ricca com’è di un linguaggio metaforico, ma il cui significato si presenta in tutta la sua evidenza e profondità di concetti a un lettore attento ed esperto, al quale non sfugge di certo lo stile in cui l’opera è scritta, fatto di termini ed espressioni raffinate, ma che scorrono naturali, a dimostrazione delle notevoli capacità letterarie dell’autrice.