Stefano Valentini – Il sacro e altro nella poesia di Andrea Zanzotto
Il sacro e altro nella poesia di Andrea Zanzotto
Andrea Zanzotto, pur già oggetto di innumerevoli indagini, suscita continuamente interesse negli studiosi, tanto sono vasti i territori e gli anfratti della sua opera poetica. Giunge quindi benvenuto un lavoro come questo, che raccoglie gli Atti del Convegno tenuto all’Abbazia di Praglia il 6 ottobre 2012, pubblicato grazie al contributo dell’Associazione Levi-Montalcini e del Centro Studi Onorevole Sebastiano Schiavon. L’indagine, come spiega già il titolo, verte sulla dimensione del sacro e, più in generale, sui valori religiosi riscontrabili nell’opera (e nella vita) di un poeta considerato laico da quasi tutti i suoi esegeti: già questo basta ad affermare l’originalità degli intenti e dei risultati, che aggiungono un tassello tutt’altro che secondario – e certamente fecondo di ulteriori approfondimenti – alla vastissima bibliografia sull’autore.
Il volume, pur fruibile anche dai semplici lettori, è realizzato con tutti i crismi dei migliori lavori accademici, ad iniziare dal prestigio dei cinque relatori. Antonio Daniele coglie, in tutto Zanzotto ma specialmente nell’ultimo, una “epifania e ‘provocazione’ del paesaggio” talmente spinta e suggestiva da suscitare, nella psiche, il sentimento della sacralità, quasi per “estrema conseguenza” del suo impegno letterario e civile. Silvio Ramat, rimarcando la “discreta frequenza” dei riecheggiamenti biblici ed evangelici nell’opera zanzottiana, coglie tuttavia la “luce di sacralità” soprattutto nell’evocazione degli “scomparsi”, dalle persone defunte e gli antichi mestieri dei paesi fino ai caduti per la patria, in un compianto dove “favola pagana e cultura cristiana, poeticamente, si riconciliano”. Mario Richter, valorizzando la memoria di incontri personali, evidenzia la “saggezza e umiltà” del poeta, due virtù che lo inducevano, per sensibilità e onestà intellettuali, ad avere il massimo rispetto per il trascendente, in una ricerca del divino “naturale” – sono parole di Zanzotto stesso – “come lo è il respiro”. Francesco Carbognin, attraverso una fitta trina di citazioni, esplora il sacro insito nella concezione zanzottiana della parola poetica con la sua (per contrasto) “dissacrazione”, oltre che nell’idea di una bellezza “tanto illusoria quanto necessaria alla stessa sopravvivenza, alla stessa salute-salvezza dell’essere umano”. Padre Espedito D’Agostini, infine, evocando anche la figura e svariate affermazioni di Davide Maria Turoldo, coglie una effettiva religiosità nella poesia in se stessa e, per quanto attiene Zanzotto, soprattutto nel suo stile di vita, nell’incontro e nel conversare, dove la sua vastissima cultura sapeva piegarsi “a misura dell’interlocutore”; un aspetto che emerge anche dai molti testi scritti al di fuori della produzione poetica, ma che a questa s’affiancano necessariamente.
Introdotto dal saluto di Norberto Villa, abate di Praglia, arricchito dalla testimonianza della vedova Marisa Michieli Zanzotto e completato da una doppia appendice che presenta dapprima un dattiloscritto inedito del poeta (riprodotto in anastatica) con la traduzione della Lettera ai Colossesi e, a seguire, un ricordo scritto da Maria Luisa Daniele Toffanin, che lo frequentò godendo della sua predilezione e amicizia, il libro – al quale è accluso, in un surplus di generosità e intelligenza da parte dei curatori, un compact disc contenente le sedici poesie di Zanzotto, lette da Federico Pinaffo, che intervallano le relazioni – questo libro è, sotto ogni profilo, una realizzazione eccellente e durevole, inserita a pieno titolo in quell’immenso ritratto necessario a inquadrare la figura, e la statura, del grande poeta.