Massimo Toffanin – Note biografiche su Sebastiano Schiavon
“Cattolico, giovane di estrazione popolare, senza blasoni né storie familiari alle spalle, è l’uomo nuovo che sconvolge il mondo politico padovano, cancella tutto il vecchio notabilato liberale, si impadronisce della rappresentanza politica, mette per la prima volta all’o.d.g. le esigenze delle campagne, dei marginali, dei ceti popolari, delle classi che i detentori del potere avevano tenuto sempre fuori dalla porta”.
(Gianpaolo Romanato da Storia di Cittadella)
Nato a Roncaglia nel 1883 da una famiglia di poveri contadini che lavora la terra del conte Wollemborg, terzo di 9 figli, è l’unico che mostra di amare lo studio per cui, come era consuetudine allora per chi non aveva possibilità economiche, frequenta fino alla maturità il seminario di Padova.
Si laurea in lettere nel 1907. E utilizza la preparazione culturale, gli insegnamenti della Rerum Novarum, per realizzare il suo progetto: dare dignità, pari diritti a quella classe sociale più debole, appunto i contadini, da cui proveniva. La sua azione è costantemente mirata a formare in loro la coscienza dei propri diritti, guidandoli all’organizzazione, coinvolgendoli con la sua oratoria trascinante in raduni settimanali con migliaia di partecipanti, con bandiere e labari, in tutta la diocesi: Cittadella, Camposampiero, Asiago, Arsego, Este, Conselve, Piove di Sacco, Saletto di Montagnana e Padova. Ed è talmente radicale nella sua ricerca per loro di giustizia da meritarsi dai giornali dell’epoca il soprannome di strapazzasiori.
Favorito in ciò dall’atmosfera nuova che si respira a Padova con la nomina a vescovo di Luigi Pellizzo che si contorna di giovani attenti ai nuovi problemi sociali.
Tra questi appunto c’è anche lui Sebastiano Schiavon che, nel 1908 a 25 anni,viene nominato segretario del nuovo Ufficio cattolico del lavoro per contrastare lo strapotere dei socialisti.
In questa ottica nel 1908 dirige i primi scioperi cattolici a Monselice, nella Saccisica per 3.700 tessitrici, nel 1909 a Calaone per i 100 cavatori di trachite, a Saonara per i 200 dipendenti della ditta Vivai Sgaravatti e infine nel 1910 a Lugo Vicentino per i 500 lavoratori della cartiera Nodari.
Inoltre nello stesso anno fonda a Cittadella il sindacato veneto dei lavoratori della terra. Dopo questa intensa attività sindacale si impegna nel suo iter politico in cui allarga, da un’altra dimensione la sua attenzione ai problemi delle persone più indifese (contadini, operai, ferrovieri, piccoli impiegati) magari stritolati dalla burocrazia per cercarne sicure soluzioni.
Infatti nel 1910 viene eletto consigliere comunale a Legnaro, Ponte s.Nicolò e Saonara ed entra in contrasto con la curia di Padova per la sua elezione anche a consigliere provinciale. Per questo è costretto a dare le dimissioni da segretario dell’Ufficio Cattolico del Lavoro ed accetta di diventare dirigente dell’Unione popolare a Firenze da dove, per due anni, continua a spostarsi per tutto il centro e nord Italia impegnato in conferenze (anche 3 al giorno) spaziando non solo territorialmente, ma anche sugli argomenti trattati: dalla dottrina sociale della chiesa al politico, al religioso. Fonda sindacati locali, scuole serali e festive per analfabeti, uffici cattolici del lavoro, casse rurali, cooperative, associazioni e leghe agricole, unioni professionali.
Nel 1913 torna a Padova e, per effetto della nuova legge elettorale di Giolitti a suffragio universale maschile, nelle elezioni politiche raggiunge il suo vertice massimo con la elezione in Parlamento nella circoscrizione di Cittadella-Camposampiero, in sostituzione di Leone Wollemborg (liberale): risulta il più giovane deputato italiano.
E’ attivissimo ora, oltre che nei vari consigli comunali di Legnaro, Ponte san Nicolò, Saonara e provinciale di Padova, anche a Roma sempre fedele al suo progetto di rivendicazione dei diritti delle classi più emarginate.
E interpretando il sentimento della base contadina, nel 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale, si dichiara ostile alla guerra stessa e conseguentemente il 20 maggio 1915 nella storica seduta in Parlamento con altri 26 “cattolici-deputati” vota contro la concessione al Governo Salandra dei pieni poteri in caso di guerra.
Di fronte poi alla realtà (dichiarazione di guerra del 24 maggio) e a dimostrazione della sua onestà intellettuale, il 1° giugno Schiavon pubblica un proclama in cui annuncia di voler subito operare in difesa di chi è in vario modo vittima della guerra fondando i “comitati di preparazione civile” in ogni paese della provincia per aiuti morali e materiali alle famiglie dei combattenti. E rivelandosi coerente ai valori in cui crede, dal 1915 al 1918 riformato perché ammalato di tisi, trasforma effettivamente la tragica esperienza di odio e violenza in occasione continua di solidarietà per chi è al fronte, per le famiglie dei soldati, per i 100.000 profughi dell’altipiano di Asiago, dal 1916 allontanati dalle loro case per effetto della Spedizione punitiva austriaca (Strafexpedition) e i 250.000 profughi del 1917, dopo la rotta di Caporetto provocati dall’invasione del feltrino, traducendo le parole in azione.
E a conflitto concluso Schiavon continua in Parlamento a chiedere per il Veneto “tempestive provvidenze per la risurrezione della vita agricola, commerciale e industriale”.
Nello stesso 1919 è uno dei fondatori del nuovo Partito Popolare Italiano di Don Sturzo, aprendo nel padovano le sezioni di tale partito.
Si impegna però ancora sul fronte sindacale come direttore del nuovo Ufficio del Lavoro e fondatore delle leghe bianche per contrastare le leghe rosse. Il periodo si fa molto complesso per le continue lotte che provocano morti e feriti: lo stesso Schiavon a Piove di Sacco dopo un comizio subisce un pestaggio da parte dei socialisti.
E a causa di questi gravi contrasti e ad azioni terroristiche dei fasci comincia il suo declino politico: pur rieletto nel 1919 in parlamento per la seconda volta nelle liste del PPI, nel 1920 non viene più confermato nelle elezioni provinciali e nemmeno nel consiglio comunale di PSN suo paese natale. Nel 1921, tradito dal suo stesso partito, tenta di fondarne uno nuovo, ma per disguidi burocratici viene escluso dalle elezioni. Finisce qui la carriera politica di Schiavon.
Sette mesi dopo, il 30 gennaio 1922, a 38 anni muore a Padova.
Nello stesso mese scompare inaspettatamente anche Benedetto XV.
Un anno dopo, nel 1923, Pellizzo viene improvvisamente sollevato dall’incarico di vescovo da Pio XI e richiamato a Roma con un titolo onorifico.
Si sfaldano così nell’arco di soli due anni ben 3 lustri di eroismi e di passioni.
Questa affascinante figura padovana, veneta ed italiana insieme, è di grande interesse per i giovani di oggi per i motivi sottoelencati:
– Ha studiato con grandi difficoltà perché proveniente da una famiglia di poveri contadini, ma con impegno e costanza ha compiuto i suoi studi conseguendo la laurea in lettere.
– Ha rappresentato dal 1907 al 1922, anno della sua morte a soli 38 anni, un mito.
– Ha vissuto la sua breve vita come una moderna star radunando in moltissime piazze del centro-nord Italia migliaia di fans (contadini e diseredati). E lì parlava di un bene nuovo da realizzare non per sé ma per gli emarginati creando in loro la coscienza della dignità della persona, della parità dei diritti contro lo strapotere e i privilegi dei nobili. (per questo era chiamato lo strapazzasiori).
– E’ carismatico per la capacità appunto di coagulare le masse, di coinvolgerle con la forza della sua oratoria, ma soprattutto per la verità della sua parola che nasceva da una fede convinta nel vangelo, da una profonda conoscenza, personalmente sofferta, della realtà sociale del tempo e della novità della stessa Chiesa (Rerum Novarum).
– E’ un uomo vero quindi, giovane, trasparente nelle sue affermazioni corrispondenti ai suoi ideali e tradotte in azioni che colpisce anche per la rapidità di trasferirsi in posti lontani e diversi (tre conferenze nello stesso giorno), con mezzi vari di fortuna, in un’epoca in cui non c’era facilità di trasporto.
– E’ sempre infatti in prima linea nella direzione dei primi scioperi cattolici nel 1909/1910, nella costituzione di sindacati (1910), negli interventi nel consigli comunali, provinciali e in parlamento (1910/1921) per la difesa della sua terra veneta, nei contrasti tra leghe bianche e leghe rosse, tanto da subire un’aggressione a Piove di Sacco dopo un comizio.
– E’ davvero un mito: le donne avevano sul comodino la sua immagine come figura protettrice.
– E’ un personaggio però scomodo perché andava contro i privilegi dei più forti. La sua fine politica e fisica coincide con il tradimento dei suoi stessi compagni di lotta.
– La sua vita è la testimonianza offerta da un giovane, quando ha iniziato la sua attività aveva poco più di 20 anni, che solo con un sogno o un progetto si può procedere perché il sogno o il progetto ti motiva a superare ogni difficoltà aumentando anche la fiducia nelle proprie capacità.
– Esaltanti la sua umiltà e disponibilità con tutti. Anche al tempo sella prima guerra mondiale a cui era ostile ( nel 1915 ha votato in parlamento contro il primo ministro Salandra) e nella azione di solidarietà ( comitati di preparazione civile ) si metteva a disposizione di tutti: leggeva le lettere dei figli al fronte ai padri analfabeti e rispondeva con lettere per loro.
Un giovane uomo quindi che ha realizzato il suo progetto prima nel Veneto e poi a Roma su binari diversi, ma convergenti: umano, sindacale e politico.