Isabella Michela Affinito – Florilegi femminili controvento

Le donne ‘controvento’ della poetessa padovana Maria Luisa Daniele Toffanin, profumano di peonie fin dalla copertina, che ha come immagine a colori un acquerello di Milvia Bellinello Romano, dal titolo “Peonia … Nome di fiore, nome di donna?” Diciamo che tra l’autrice e i suoi soggetti femminili prescelti c’è una certa osmosi; così come ha scoperto il prefatore del volume, Giuseppe Manitta. “Il rapporto tra la donna-Toffanin e le sue donne, più o meno intime, ricordate nelle varie parti, diventa osmotico, compartecipe di una stessa essenza e di una medesima finalità” (pag. 6). Entriamo, quindi, in questo profumato e rosato mondo muliebre che la Toffanin ha allestito con i suoi versi, dove non mancherà di sentire altri profumi di fiori che si verranno ad aggiungere.

Ecco, c’è appunto una condizione eterogenea che compare dinanzi al lettore invitato a capire quali donne ci siano dietro tutti i nomi a cui sono dedicate le liriche: Stefania, nonna Elsa, la madre Lia, zia Anna, zia Pina, Luisa, Elisa, Valeria, Beatrice, Laura, Livia, etc. Queste donne raggruppate insieme non costituiscono un esercito irregolare contro il maschilismo imperante dei nostri tempi. Esistono, sono esistite e sono entrate a far parte della creatività poetica dell’autrice, senza offuscarsi a vicenda, senza gareggiare l’una con l’altra, senza farsi dimenticare dopo la fine di ciascuna poesia. Quando si parla di donne il pensiero corre subito a Colei a cui è stato trafitto il cuore da una spada – stando alle parole profetiche del vecchio Simeone nel giorno della presentazione al tempio di Gesù dopo la nascita -, ovvero “Così Maria, vergineo fiore l’amore ti colga. (…) Sei la danza del cuore fanciullo / nell’innocenza di un campo / alla musica sottesa del creato.” (pag. 87). In realtà, il mondo al femminile della Toffanin spazia nel tempo e le donne sue contemporanee si ritrovano faccia a faccia con coloro che hanno fatto parte di un altro lasso di tempo; tutte insieme senza badare alla foggia del proprio abito, se di ieri se di oggi se di molti secoli fa. E allora anche una figura famosa di un quadro leonardesco, appartiene al bouquet odoroso della poetessa. “Dolce dal castello / sorride la Gioconda / stringendo fra le mani / il suo mistero-scrigno / dischiuso nella sera / Qui ardita si leva ancora / l’ala di Leonardo / a catturare infinito / in questo cielo terso / Canto-Colore oltre il Tempo.” (pag. 69).

Così la donna nell’arte, nella storia, nei ricordi personali di lei, nella musica con “Prova per concerto”, nella scuola frequentata dall’autrice, nella famiglia, nella comunità, nelle stagioni, nelle varie essenze tra cui quella di lavanda (che rievoca la Provenza), nella casa, nei colori, nel Vangelo e nella mitologia. Nel Vangelo perché nella Pasqua del 2013, Maria Teresa Daniele Toffanin, probabilmente circonfusa d’atmosfera tra il dramma della Passione di Cristo e la Sua Resurrezione dopo tre giorni dalla morte, ha composto una lunga lirica ispirata alle “Donne altre” che hanno seguito la strada della fede cristiana, ascoltando e applicando la Parola del Maestro. “Donna dell’obbedienza / donne dell’ascolto / donne del sacrificio / Donna del dolore / donne del silenzio / donne della comprensione / Donna dell’amore / donne dello stupore / donne della fiducia / voi tutte donne dilette / madre discepole / invocate al Risorto / femminili vocazioni rinate / fedeli alle nostre fragili case. / Epifania d’amore, dalla Croce / dilatata all’universa gente / nell’affido reciproco / di Maria e Giovanni / madre-figliofamiglia / nella dimora creata dal Padre.” (pagg. 71-72). I Florilegi femminili controvento non rappresentano un riscatto personale dell’autrice: sono poesie stabili in cui non c’è ribellione, desiderio di giustizia sociale per entrambi i sessi o altro di simile. Si possono immaginare, tutte queste donne menzionate, sorridenti e tranquille ognuna nella propria corolla profumata di un determinato fiore scelto per loro dalla Toffanin, anche e soprattutto per quella donna-simbolo della fedeltà coniugale, secoli prima della nascita di Cristo quando la religione era politeistica e le regole sociali erano ben altre: “…. Pure in notte vuota di luna / segreta, in attesa, la trama sfaceva / vestale del mistero di donna e madre / vestale del sacro ulivo: / eterno mito il talamo nuziale! / Devota alla dea alla sua gente / esperta dei codici del tempo / ma limpida nel disegno del cuore / contro il pericolo si rimoveva / con misura ed elegante ritmo. / Essere donna allora in Itaca, ed ora / è vocazione a interiore lettura / destino di verità ed armonia / è canto alla bellezza, ardore d’opzione / travalicando la passiva soglia / regina di sé, della propria dimora” (pag. 24).

Alla fine è stata la realizzazione di un unico quadro avente un insieme di donne come protagoniste assolute di una sola coscienza, quella di Maria Luisa Daniele Toffanin innamorata dei suoi riflessi nella misura positiva di Narciso, solo che lei ha visto tante altre sé stessa frammentate, catapultate con grazia nello spazio e nel tempo.