Flavia Buldrini – Magia di attese
Magia di attese
L’attesa è una condizione metafisica, quale un’anticamera dell’eternità, un affacciarsi sulla soglia d’ombra del domani. Se ci si pensa, è proprio questo aspetto che meglio rappresenta la condizione esistenziale, e l’autrice ha colto proprio nel segno con questa silloge. Diverse, poi, possono essere le sfumature dell’attendere: altro è lo stupore dell’attesa”, altro è il disincanto dell’atteso e infine la rinascita inattesa (favola fra voi riaccesa / nel mistero della paziente attesa”). Tante sono le stagioni della vita, tante le attese. Per questo Toffanin scandisce il ritmo del componimento poetico in due tempi, o meglio due atti, per dar seguito a quell’interpretazione teatrale che apre il sipario ne L’attesa bambina e che evolve poi ne L’attesa matura. Il palcoscenico, nel suo gioco iridescente di colori e di illusioni, è infatti il primo protagonista che incontriamo, quale caleidoscopio delle multiformi aspirazioni e fantasie dei bambini, un recitare la vita in attesa di quella vera: L’attesa era la stanza bassa / con tende fiorite aperte a sipario / fisarmonica di sorprese sconfinate / allentato il pomeriggio / fino al primo graffio d’argento. / Scendeva la scala la madre / magistra-fanciulla-corista / con l’ugola d’ora vibrante / già nel bel canto / (…) Madre, quale incantesimo /quella tua immensa melagrana / che sgranavi dentro / succosa d’amore infinito / per noi per gli altri per la vita!” (L’attesa era la stanza bassa, madre). E la realtà, infatti, non tarda ad irrompere con il suo crudo impatto sull’inviolato Paradiso dell’infanzia, a sgretolare i castelli di sabbia dei sogni costruiti con giochi puerili in riva all’attesa: E fu il tempo della vita vera / che entra in scena / arrogante a passi di bufera / ti burattina a suo piacere / ti squassa spacca strappa / dall’albero della felicità. / E quasi canna flessuosa / tu la devi assecondare / se spezzi fili in ribellione / ti disarciona dal tuo cavallo bianco / e a suo piacere ti rincorona / o d’improvviso ti ghigliottina/ come regina alla rivoluzione. / E per guizzo ultimo di sereno / inattesa ti ricompensa / con premi d’alta fedeltà.” Eppure, nel ciclo delle nuove generazioni, si rinnova l’incantesimo” e fiorisce l’oasi ridente della magia di attese”: Ma per te, bambino, serbai / dall’estro delle cose / limpido un angolo di meraviglie / quel teatrino di legno verde / (…) Così mutata insegna / in uno spazio medesimo / si ravviva rinnova s’eterna / in noi voi ed altri / nella girandola del tempo / lo stupore dell’attesa.” (L’attesa un angolo di meraviglie per te, figlio).
L’attesa matura, invece, ha il sapore dell’amara disattesa che tuttavia si protende verso un’altrui nuova attesa: Arida quest’attesa matura / senza profumo di parole insieme / quasi deserto nella notte. / Invano tendo le mani alla gioia / per scaldarmi / al calore dell’Evento. / Sola al balcone del cuore / colgo echi rari battiti / dell’emozione vostra / che da voi da noi procede / e da altri ancora / nell’universo umano scorrere / e tutti ci attraversa.” (Ti aspetterò nell’incontro del cuore). È aurora radiosa di vita nascente, trepidante primizia di attesa, seme deposto nel buio gravido di speranza che si fa lievito fragrante di poesia: Ma io ti aspetterò / ti aspetto già da ora / nell’alba della rosa / sarai perla di rugiada / che irrora vita / annuncia innocenza. / Tenderò le mani fra le spine / per serbarla. / Ti aspetterò / nell’ora ultima del giorno / che già trascolora / sarai luce-lucciola / tenero guizzo / che riaccende l’ombra. / Tenderò le mani / le illuminerò stringendola.” La poetessa è come vestale, custode della sacralità degli affetti dei suoi figli: Stenderò le mie braccia / come ali di stelle / sui vostri passi insieme / se l’eclissi s’annuncia / e il pensiero s’oscura.” La prole è un prolungamento di sé e delle persone care nell’osmosi panica dell’amore: Sarai me lei / due volte lui / e altri insieme rinati / per afflato d’amore / in te persona unica / originale in sostanza e forma.” La nuova creatura che s’affaccia alla vita è promessa di speranza, nella meraviglia indicibile del suo essere, che è un mistero insondabile e inesauribile come il mare: Ti aspetterò / nell’isola delle mie sillabe / sarai vela-faro-volo / per un ardito sentire / profumo di piume nel nido / essenza d’armonia / sparsa intorno a noi / smagati da raro stupore / sari vita che succhia linfa / e tutta la ricolma / nella storia reiterata / dell’umana ratio infinita. / Stenderò le mie braccia / per chiuderti nell’incontro del cuore / creatura del nostro Creato / presenza ancora non nota / solo intuita in vitree immagini / da segreti scandagli / visitata dal sogno del mattino / vicino vicino ad essere vero. / S’attende Selene / che accende i fiori della notte.” La buona novella di una neonata che viene alla luce in seno al nido familiare è investita della sacralità di un’annunciazione: Lia, ora che apri i tuoi occhi di cielo / – voce di gioia d’essere qui tra noi / aurora di sogni e speranze / accesa sull’albero tuo di vita -.” (Ave, Lia). Il miracolo di una nascita è una celebrazione cosmica di estasi sublime che s’irraggia dal firmamento luminoso, da ogni segreto palpito dell’universo: Lassù nell’immensa galassia / fra sciami di polline opalescente / c’è un nido di stelle neonate / tutte minute accensioni riverberi / per divenire creature brillanti / ove l’eterno sconfina nel cielo. / Lieto prodigio all’universo stellare / che lancia azzurri fremiti-assensi / quale suo abbraccio di luce / sim-patia fra celesti elementi.” (Nidi stellati di gioia). L’attesa per antonomasia è proprio quella della vita nascente (quale evento più straordinario?), trepidante di fiducia, di tenerezza, di premura, come per il Natale del nostro Salvatore. Ogni bimbo è un sorriso di Dio, si dice che significa che Egli non si è ancora stancato del mondo; ogni limpido sguardo che si affaccia sull’eterno è un riverbero del Suo inesauribile Amore: Ascolta, l’attesa è / prudente silenziosa paziente / protegge la sua gioia / per non turbare il mistero / che dentro si compie. / E spira ovunque amore / fra l’etere e la terra / sotteso nel respiro del giorno / vegliato a notte dalla luna / è linfa che nutre nel nido / ogni stellina ché più brilli / nel suo domestico cielo.”
Maria Luisa Daniele Toffanin, attraverso un lirismo vibrante e suggestivo, evoca in questi versi una magia di attese”, appunto, quel fascino dell’arcano che sottentra ad ogni istante che viviamo, la perla rara setacciata dalla dispersione dei giorni, un respiro di cielo che si spalanca ad ogni passo: Mio sogno di fermare / il senso d’ogni attimo / come perla nella sua valva / come perle di una collana / (…) Rinnovo così magia d’attese / terra d’approdo ove sostare insieme / al riparo dal ricordo / elevare altari di poesia / sull’orlo del naufragio dei giorni.”