Daniela Babolin – La casa in mezzo al prato in Boscoverde di Rocca Pietore

da: LXXVIII Quaderno di Praglia
Cenacolo di poesia
“Insieme nell’umano e nel divino”
18 gennaio 2019

Il giorno dei Colchici

I Colli, il mare, il fiume, il vulcano, il gabbiano, l’aquila,l’albicocco di casa,…
E le montagne, bianche di neve o affollate di boschi.
Le cime aguzze ad accarezzare il cielo e il cuore.

La natura permea la poesia di Maria Luisa Daniele Toffanin come un insieme di note in suoni infiniti, moto perpetuo in unico concerto guidato dal Direttore del Creato in un susseguirsi di movimenti d’adagio, d’allegro, d’andante, …

E sin dal titolo,“La casa in mezzo al prato”, permea e avvolge quest’ultima raccolta della poetessa in un effluvio di elementi e di colori, di luoghi e di visioni, di sentimenti e di vite che si intrecciano.

Natura: linfa vitale che tanto dona all’animo e all’esistenza e tanto toglie al respiro nella sua devastazione.

“In quest’ora – umana terra lacerata / in questo immenso arboreo lutto / allo strazio del vento delirante / ora tutto si farà tenero humus al cuore / dolce-amaro ricordo d’un bene perduto”.

Ma tutto non muore, non morirà, se coltivato nell’humus della memoria, e nasceranno nuovi germogli nella speranza. Cambierà solo forma.

Memoria, “linfa-coscienza, risorsa-ardore”.

Forse per questo motivo, tra le numerose poesie che hanno colpito la mia attenzione e il mio animo, una in particolare mi ha emozionato fin dal titolo: “Il giorno dei colchici”.

E immediatamente, quasi con un brivido, il pensiero è corso ad una foto di tanto tempo fa che ritrae i miei genitori, che frequentavano e tanto amavano quelle zone dolomitiche, seduti su un prato cosparso di teneri rosei colchici, il volto ridente e la gioia nel sorriso, gli occhi verso il basso ad ammirare quei tremuli ciuffi.

Le cime rocciose stagliate sullo sfondo azzurro del cielo come scenario.

E quel tenero prato, quei tremuli fiori, quell’ocra-quieta erba sono rinati in me come “orme bambine ai primi passi”, “come un amore trepidamente atteso”

E la malinconia si è immedesimata nel “languore vesperale”.

L’ assenza, nel “prato che muore chiuso in petali esangui”.

Ma eccoli, di nuovo, turgidi splendenti ciuffi nel viola-azzurro, nel bianco, ecco la “speranza nel prato domani riesploso nel sole.”

Il giorno dei colchici vive e rivive, nutre, in ebbrezza di primavera.

Nella memoria e in incanto di poesia

Il giorno dei colchici

Tenero il prato di colchici-ciuffi
esili tremuli nell’aria acerba
come orme bambine ai primi passi
come il primo bacio ancora sulle labbra.

Ma al sole turgidi vivi
nel viola-azzurro nel bianco
splendenti nell’ocra-quieta erba
come un amore trepidamente atteso.

Sei tu primavera l’ebbrezza
che agita inquieta dà pure vigore
e ancora nuova innamora di colchici.

Ma nel languore vesperale
sei prato che muore
chiuso in petali esangui
malinconia nell’ora
che insinua presagi
ma insieme speranza nel prato
domani riesploso nel sole
.