Antonella Cesari – La stanza bassa dell’attesa

Il dono degli inizi: l’infanzia e la giovinezza, le perle più luminose 

LA STANZA BASSA DELL’ATTESA non è un libro di prosa e nemmeno di poesia, o meglio è un libro nel quale, ad ogni pagina, la poesia e la prosa si intrecciano l’una all’altra in una misteriosa alleanza. 

LA STANZA BASSA si rivela luogo fisico e cella del cuore, radice e cielo, sorgente e fortezza dove la vita genera e custodisce schegge di attesa e di speranza. Emerge una pedagogia dell’ascolto e della cura dove l’accelerazione del tempo e l’identità sfuggente, tipica dei nostri giorni, si arrende di fronte all’ATTESA come attitudine al Kairos, urgenza di ricordare tutto il cammino. 

“Balzo nitido in questa rianimazione di un mondo lontano,

lo smalto dell’attesa, leitmotiv, che risuona proprio al tocco del ricordo. E tutto riprende vita.”

Luminoso il ricordo della Madre Magistra, “la madre sollecita/ premurosa alla crescita altrove / di nuove generazioni / guidate al bello al buono nell’armonia creativa / nella speranza del sillabario sussidiario / da lei ogni giorno reinventato”. (pag. 108)

Il dono degli inizi: l’età dell’infanzia e della giovinezza, queste le perle più luminose dove le magie delle attese sono cariche di emozioni, aspettative, sogni, stupori, prospettive così feconde da conferire pienezza di senso al divenire dell’esistenza. 

Dall’infanzia all’età adulta, da via Gabelli a via Ognibene della Scola, dalla Stanza Alta alla Stanza Bassa, per imparare a “contare i giorni”, proprio per tenerli insieme, per conferire unità, evidenziando come il senso più vero e più profondo delle età precedenti si riproponga nelle successive e si rimodelli in esse, come il filo della collana, che raccoglie tutte le perle, impedendo loro di disperdersi… 

Nella STANZA BASSA “l’attesa era l’apnea emotiva/d’entrare in scena/imitando adulte movenze”. La figura materna viene presentata come “magistra-fanciulla-corista” (pag.43). 

“Madre quale incantesimo/succosa d’amore infinito / per noi per gli altri per la vita!”. “Madre-mamma di me piccina / vestale della casa sola. / Madre figlia orfana bambina / del paterno giglio  /guerriera sempre (pag. 123).

La stanza bassa è il luogo fisico e la relazione cuore a cuore dove ci si sente protetti, amati, incoraggiati, sostenuti, lontano dalle azioni e dalle parole di avidità e possesso. La postura non è quella dominatrice ed utilitaristica, ma quella dove l’amore e la cura materna sostengono e accompagnano la crescita verso una individualità solida dotata di radici e di ali. 

Ignari noi ragazzi di questa urgenza / di rinascita nutrita dentro da noi scoperta / come fiore altro offerto dalla vita / in quella verde terra vergine. / Allora sulle rotte dei padri andammo / con le nostre ali scalpitanti. / Avvertimmo il loro segreto fermento / solo più tardi nel tempo dono del Dio / in volo verso altri luoghi / mete di un personale migrare. (pag. 125)

LA STANZA BASSA DELL’ATTESA è un libro che si legge con ammirazione e gratitudine, soprattutto se con Maria Luisa Daniele Toffanin si condivide l’esigenza di incontri umani, il desiderio di parole vere e il richiamo a quella pedagogia dell’ascolto e della cura che molto attinge dalla tradizione latina. Quasi ad evocare l’armonia tra Natura e Cultura, il termine “curare” deriva da colere da cui “cultum” origine del termine cultura. L’agricoltura non era altro che “prendersi cura del campo”. 

Scrive l’autrice: “si rivela la mia urgenza di riproporre altre pagine di vita, come conferma alla mia devozione a questo itinerario poetico, autobiografico, storico, mitico ad un tempo, ma sempre di valore universale […] come uccelli di passo migrammo in volo verso la periferia per reinventare la vita in una casa propria, acquistata a rate, ma aperta alla natura […] ”.

Come lettori non possiamo che essere ammirati e grati. Un invito a “stare nel campo dell’umano”, farlo fiorire, sentire il bisogno di coltivarlo, sudare per lui. Da dove iniziare? 

Alla scuola di Maria Luisa Daniele Toffanin impariamo a contare i giorni e a riconoscere le stagioni della vita. Impariamo a conoscere bene i semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e ad occuparcene, perché il campo dell’umanità dia frutto al tempo opportuno. Impariamo ad essere presenti a noi stessi e al mondo.