Aldo Cervo – Florilegi femminili controvento

Florilegi femminili controvento

Distinta in cinque sezioni (che il prefatore Giuseppe Manitta accosterebbe con qualche remora alle cantiche di un poemetto) la silloge si costituisce di liriche composte nell’arco di venti e più anni, indicando – la prima – l’anno 1994, ed il 2015 – le ultime – .

Se si tien conto del fatto che le sezioni non sono disposte secondo una progressione temporale; che la stessa progressione non sempre seguono, all’interno di ciascuna sezione, le liriche, si addiviene alla conclusione cheFlorilegi femminili è un libro non “scritto” di proposito bensì di proposito “composto”. Ed è pertanto frutto di una ricerca, di un’autoanalisi, di un progetto compiuti dall’Autrice “a posteriori” nella prospettiva di dar corpo a una testimonianza d’affetto che viene da lontano, da donna a donne, ma anche di stima, di condivisione, di empatia.

Il mondo femminile espanso nelle pagine del volume della Toffanin, in una con la vivacità di colori e profumi di creature del regno floreale (si legga sul retrocopertina la bella nota di Mario Richter), lo si può raffigurare nell’immagine di un cielo stellato dove il brillìo di stelle e pianeti nasconde, e attesta (reminiscenza dantesca), la presenza di un variegato numero di destinatarie che, andando dalla cerchia di famiglia a quella, amplissima, delle amicizie, varcano tuttavia i limiti del contingente per assumere una dimensione di universalità, corroborata – per così dire – tale dimensione da figure di per sé universali, come l’omerica Penelope, la Santa Teresa di Calcutta e il premio Nobel per la Fisica Rita Levi di Montalcini.

Passando a un esame strutturale del testo si segnala, nel lavoro della poetessa veneta, l’adozione del discorso ellittico presente per la verità già da tempo nella sua poesia, vista la datazione delle prime liriche. Attenzione però! Non è che manchino costrutti ben corredati dei comuni elementi della proposizione e del periodo, con chiara esplicitazione del senso. Ma certamente preponderanti appaiono le soluzioni linguistiche dove il messaggio, le immagini e la relazionalità empatica, piuttosto che “comprendersi” dal tessuto logico della frase compiuta, sono da “percepirsi” nella luminosità delle intuizioni sintagmatiche, negli accostamenti analogici, nel ricorso ad allegorie, nel simbolismo, persino in quel frequente uso dell’indefinito “altro” posposto, per rimarcarne il ruolo, al sostantivo di riferimento. Il tutto, infine, mutuato dagli esiti migliori dello sperimentalismo letterario del primo e del secondo Novecento (vedi l’ascendenza zanzottiana!), si fa veicolo di un potenziale evocativo che viene dal fervido sottosuolo emotivo, sentimentale e culturale dell’Autrice, a conferma del suo esser tra le voci poetiche senz’altro più interessanti nel panorama letterario contemporaneo. Il che peraltro trova riscontro nel converger su di lei dell’attenzione di tante Giurie nei Concorsi nazionali di Poesia.