Presentazione del “Diario pandemico al vento dei fiori” in biblioteca ad Abano Terme

a cura di Maria Luisa Daniele Toffanin

Piace ricordare la prima presentazione del “Diario pandemico al vento dei fiori” di Maria Luisa Daniele Toffanin, avvenuta giovedì 5 ottobre nella Biblioteca Civica di Abano Terme. Introdotta amabilmente da Andrea Toso, si trasforma in un colloquio denso tra l’editore Stefano Valentini e l’autrice, allargato poi lentamente anche ad altri personaggi presenti.

Valentini evidenzia in modo partecipe e coinvolgente, come ha sottolineato anche Cristiana Spadati, il senso di questo libro nel suo procedere sottoforma di cronaca, analisi del periodo pandemico nei suoi molteplici aspetti, il tutto distillato in voci liriche, poesie che impreziosiscono l’insieme già reso particolare dall’involucro raffinato e gentile corredato da due acquerelli di Luciana Filippi. Un libro, sostiene ancora l’editore, che è una particolare testimonianza di questo periodo storico, insieme di 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑖 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑖, 𝑑𝑖 𝑠𝑝𝑙𝑒𝑛𝑑𝑖𝑑𝑒 𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑒 𝑝𝑜𝑒𝑠𝑖𝑒, 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑠𝑖 𝑣𝑒𝑟𝑠𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑙’𝑎𝑛𝑖𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑇𝑜𝑓𝑓𝑎𝑛𝑖𝑛, 𝑖𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑏𝑎𝑔𝑎𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑐𝑢𝑙𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑒, 𝑙𝑎 𝑓𝑟𝑒𝑠𝑐𝑎 𝑒 𝑠𝑐𝑖𝑛𝑡𝑖𝑙𝑙𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑎 𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎… (Nazario Pardini). L’autrice vuole sottolineare che le immagini evocano momenti unici vissuti nella benedetta estate a Rosapineta attraversando la macchia e raggiungendo bellissimi belvedere sul mare appunto tra tamerici e altre creature vegetali evidenziate nella copertina. Estati particolari ovviamente su cui a lungo si discute coinvolgendo anche Alessandro Sarno, venuto per l’occasione dalla sua Montebelluna, conosciuto proprio a Rocca Pietore in una sua visita poetica e fotografica in cui ci si confronta sui nostri due grandi amori: la poesia e la fotografia. Visita di Alessandro trama di un racconto lì inserito “Turbativa nel condominio”. E così il discorso si fa corale ed è normale pensare tra gioie e affanni, come dice Valentini esprimendo così la sintesi del diario, rievocare con il pensiero la figura di Lucia Spinelli, sponsor del premio Mia euganea terra, prematuramente mancata all’affetto dei suoi cari, nel momento in cui si esalta la scuola come patrimonio di umanità e di valori rivelatosi in quel momento difficile. Il premio è stato voluto lo stesso da insegnanti ed organizzatori, nonostante tutte le difficoltà, come forma di speranza e di esaltazione della bellezza da offrire ai bambini traumatizzati dal covid. E Luciana Filippi, che ha vissuto intensamente questa esperienza, ben la presenta con le sue parole ricordando la premiazione nella barchessa di Limena e insieme la figura di Lucia Spinelli anche attraverso la lettura di un testo poetica inserito nel diario.

Quindi dagli scolari, a cui spesso si suggerisce l’urgenza di reinventare alla Robinson la vita, spontaneamente si passa ai tanti vari modi scoperti dall’autrice per reinventare la vita e per stare insieme, perché l’input di questo momento è proprio l’insieme, e tra questi modi Daniela Babolin legge un racconto tratto da “In diretta dalla Rai: reinventiamo l’ora delle camicie”, nato da un’esperienza stiratoria. Il brano, grazie anche alla bella lettura di Daniela, suscita un vivo interesse e tanti applausi. E così in alternarsi di voci, di letture poetiche, di altri commenti di Stefano Valentini, il pomeriggio prosegue e coinvolge anche Paola Pampaloni che legge ripetutamente a sua scelta alcuni versi a cui più si sente vicina. L’autrice invece dedica alcune letture ai suoi nipoti con cui era sempre in stretto contatto epistolare, e ricorda la riscoperta di nuovi profumi in quel periodo tra cui quello del pane fresco portato da un anonimo supermercato e appoggiato in sacchetti sulla panchina, sbarramento covid. E tanto altro che tutti riscoprono di aver vissuto come il particolare rapporto con i vicini di casa raccontato da Nicoletta Baccarin attraverso una siepe tutta bianca, prodigiosamente fiorita quell’anno. Perché, è vero, riafferma l’autrice, la natura come mai si donava copiosamente a noi in colori, cascate di fiori e copioso verde, tanto che dalla visione del bosso in fiore è nata anche la poesia a Ezio Bosso e tante altre liriche nel domestico giardino ai piedi dei colli euganei. Di alcune l’autrice fa lettura. Un momento veramente intenso anche per la presenza di tante allieve dell’autrice sia delle medie che delle superiori, di insegnanti del concorso “Mia euganea terra”, di tanti amici del Cenacolo di Poesia di Praglia come Bruna Barbieri, Giancarlo Frison, Paola Pampaloni, Luciana Filippi, Daniela Babolin, Marta Brunetta, Luisa Segato che generosamente e profondamente ha dato il suo contributo scritto sul libro. Per la presenza di tante altre figure sconosciute ma ancor più gradite e l’eccezionale partecipazione di Franca e Mario Tumminello da Rosapineta e di Alessandro Sarno, il fotografo solitario, gentilmente intervenuti da lontano. Bell’incontro molto corale e amichevole.

L’evento si conclude con ulteriori commenti, con altri echi poetici e letterari e anche con omaggi floreali.

Non si può che ringraziare in chiusura sempre la Biblioteca Civica di Abano Terme, nella figura di Andrea Toso in primis e del dottor Daniele Ronzoni, tutti gli intervenuti, le gentili lettrici e Stefano Valentini come editore e abile conduttore dell’evento.

Con gratitudine a Luisa Segato per le sue riflessioni e un grazie anche agli altri critici che, inseriti in http://www.literary.it/autori/dati/daniele_toffanin_maria_luisa/maria_luisa_daniele_toffanin.htmlhanno espresso le loro emozioni alla lettura, qui riportate:

Abbiamo ripetutamente incontrato la penna felice di Marisa nelle sue numerose, ricorrenti pubblicazioni di successo, sappiamo come riesca a far sgorgare, nelle più diverse situazioni, fiumi di parole di letteraria leggiadria ma non ci saremmo aspettati che la tragedia della pandemia potesse sollevare tanto in alto il suo inno alla vita. 

In questa minuziosa ricostruzione di giorni e sentimenti che siamo indotti a rivivere con un pathos che ce li riporta presenti si ritrova la riflessione più profonda sul nostro esserci nell’universo. Sullo sfondo del male che infierisce, che lascia padri, madri, amici, fratelli morire senza una presenza che raccolga l’ultimo stremato respiro, senza un rito pietoso a ricordo del loro percorso umano il canto di Marisa che cerca la forza ed il valore di una vita in tutti i suoi magici anfratti è un richiamo forte ad onorare ogni vita chinando il capo alle leggi della natura che tutti ci coinvolge nel giro delle stagioni, uomini piante animali, fiori e virus.

Non si può raccontare in breve la ricchezza di questo libro, la considerazione delle diverse situazioni nella pandemia, i bambini, gli studenti, il vicinato, le amicizie, gli incontri letterari. È come se Marisa dipingendo il proprio positivo, rievocando dalle origini il proprio mondo volesse farne dono a tutti nel momento in cui pare sgretolarsi il sostegno della comunità isolata dal virus.

I testi poetici sono ricorrenti, sempre della finezza cui siamo abituati e alcune immagini folgoranti arrivano ad una sintesi di bellezza veramente notevole. Mi piace riportare tra tanti il seguente:

“L’attimo dell’onda selvaggia

smorzata carezza leggera sui piedi

nell’illimitato moto dei marosi

nella voce del vento infinita

fra riflessi di luce abbagliante

alla serenità degli occhi-anima

l’attimo dell’onda leggera sul piede

è l’umano nostro limite

l’umano nostro infinito.”