– Praglia tra passato e presente

Praglia tra passato e presente

Rivisitare, dopo lungo tempo, un’esperienza vissuta quale la visita all’Abbazia di Praglia, suscita emozioni diverse come si aprissero tante finestre su orizzonti differenti e scoordinati, che ora cerco di coordinare nella visione della scrittura Ed ecco in primis la gratitudine rinnovata al p. Abate Norberto per la sua amabile guida alla dimora sua e dei figli di San Benedetto, perché nel refettorio, lo rivedo nella sua luminosità, ho potuto respirare il silenzio dei pranzi ritmati dalle letture sacre quindi scoprire il valore della preghiera che santifica il cibo e tutti riti del giorno, la vita insomma. E nel laboratorio di restauro del libro ho riletto il lavoro come atto nobile dell’uomo che ridona dignità alla pagina ricomposta della cultura come momento di conoscenza che eleva l’anima a Dio.

Grazie alla premura dell’Abate, attraverso questi luoghi, ho percepito la valenza dell’esperienza benedettina quale forza rivoluzionaria, ristrutturante il tessuto umano, religioso, sociale, economico di un’Italia fatiscente in seguito alla crisi e caduta dell’impero romano, anche per opera dei barbari, al suo smembramento nei regni romano barbarici e a una serie di altri flagelli fra loro correlati: carestie, pestilenze… Un impero distrutto, una civiltà frantumata in un regresso globale, che viene trattenuta, rivitalizzata proprio in questi luoghi protetti, i monasteri, caratterizzati da un nuovo impegno morale, religioso e lavorativo: qui si ricomincia a ricostruire il senso della vita di un intero Paese nel cammino della storia. E allora mi appassiona ancor più il pensiero dell’opera benedettina nel percorso della nostra euganea terra, nei terreni limitrofi affidati dallo stesso Federico II all’Abate di Praglia. Operazione divina, quella dei monasteri, ispirata al Santo Benedetto che già al liceo mi aveva affascinato e all’università conquistato, confermata, nelle mie frequentazioni dei Colli, dalla bellezza anche architettonica del complesso e impreziosita da altri dati relativi alla sua antica presenza fra questi prati ridenti, un tempo paludosi, adagiati sui colli.

Ma chiudo questa finestra storica spontaneamente apertasi, per rientrare nell’Abbazia e rivedo i resti illustrati con passione dall’Abate nel nuovo splendore del restauro, testimonianza delle sue origini lontane intorno al Mille, delle varie fasi successive culminanti nella facciata del Lombardo del ‘500. Titoli che danno maggior valenza nel tempo a questo crocevia di spiritualità e cultura e al suo ruolo nel contesto dei Colli Euganei. Camminamenti culturali che hanno congiunto l’Arquà del Petrarca, la Torreglia cittadella del ‘700, la Selvazzano del Cesarotti, la Feriole del Foscolo, più tardi la Vicenza del Fogazzaro all’Abbazia di Praglia, all’Università di Padova e a Santa Giustina. Non mi soffermo sui nomi dei personaggi, italiani e stranieri, ricordo solo, perché mi hanno sempre incuriosito, i chierici vaganti che attraversavano, nell’Alto Medioevo, questi luoghi come corrieri di cultura.

Altro particolare piacevole, in tempi diversi, si riferisce a Cesarotti che, in un suo scritto, racconta di essersi incamminato a piedi da Selvaggiano per raggiungere l’amico Giuseppe Barbieri a Praglia. A causa della pioggia insistente il viaggio fu disastroso, ma la cordialità dell’amico e degli altri valse a ristorarmi, e passai un’ottima sera in quell’adorabile compagnia che fa il decoro dei monasteri e la vergogna della società del bel mondo. La mattina successiva in un paesaggio coperto dalla neve fu accompagnato alla sua dimora dai monaci su un carro trionfale. Questo per dire quale faro di civiltà e di evangelica accoglienza sia stata Praglia nei secoli, pur con momenti di chiaroscuro derivati dal mutare delle situazioni politiche.

E un’altra finestra mi si spalanca su visioni di vita nel monastero, nel secondo decennio del ‘900: qui si riunivano giovani rampanti non economicamente ma politicamente per formare una classe politica nuova. Fra i relatori ecco vedo anche mio nonno impegnato nelle settimane sociali organizzate a Praglia (come risulta dalla cronaca della Badia di Praglia 1904/1922) attiva in vari episodi di iniziative riguardanti sia il clero che il laicato cattolico organizzato nel primo ventennio del ‘900 nel Veneto (Vedi Quaderni di storia 1 – Centro studi onorevole Sebastiano Schiavon). Amo riportare queste pagine, forse già citate altrove, per amore di verità storica, per orgoglio personale, per evidenziare l’apertura sempre al fermento dei tempi dell’Abbazia, fonte di linfa nuova.

Ancora dalla cronaca della Badia, tratta dai sopraccitati Quaderni di storia 1, in relazione ad un altro personaggio dello stesso periodo Don Restituto Cecconelli, leggo: Don Restituto venne a nascondersi in questo asilo di pace…trovando nell’attenzione e nel consorzio dei figli di San Benedetto…un’esistenza…di profitto e di conforto allo spirito e di benessere salutare.

E anche questa finestra mi si chiude dentro e mi ritrovo nel giorno 14 giugno 2012 nella stessa atmosfera di attenzione sopra descritta, ora passando realmente e, mentalmente come in volo, da un chiostro all’altro, luoghi a me da sempre cari, visitati con la mia famiglia, con amici-scolari, ora rivisitati in altra età e con altro sentire. Vi respiro lo spirito benedettino dedito alla preghiera come sostanza che dà stabilità alle pareti della storia dell’ordine di S. Benedetto, all’operosità nelle diverse esperienze monastiche come vita guizzante nel susseguirsi delle colonne pensili, con apertura luminosa-fiducia illimitata nel Creatore. Nell’azzurro del giorno, nel rosato del vespero il divino si manifesta quale forza equilibratrice, luce vivifica, garanzia di pace nella vita di Praglia che proprio nei chiostri esprime il conforto della sua bellezza mistica ed estetica. E mi riecheggiano ora come allora alcuni versi germogliati in queste oasi di silenzio e di luce:

Nel chiostro pensile/intimo grembo soffuso di chiarore lunare/è dolce rinascere alla speranza/danzando nel girotondo di ventotto colonne/la ballata per il cammino/di un perenne ritorno (Salmo 2028).

Io ti conoscevo per sentito dire/ma ora i miei occhi ti vedono//come lo scarafaggio risale la tundra di muschio/dal fondo alla vera ottagonale del pozzo pensile/così ho affrontato il tunnel del tuo calvario/per risorgere dalla bolgia infernale del mio mondo/alla pace luminosa del tuo chiostro…(Salmo 2026)

Così una visita particolare a Praglia si trasforma in una sequenza di immagini ridestate dall’emozione, accompagnate dalla musicalità del canti gregoriani e dei salmi nuovi di Norberto Villa per l’uomo d’oggi. Con animo grato per tutto quello che sempre a Praglia negli incontri col Cenacolo ricevo come dono allo spirito.